Una canzone di Låpsley
Quel pallino sulla a, non è una questione semplice
Attenzione, che dalla settimana prossima prendiamo due piccioni con una fava. Un piccione è che io stacco un po’ dalla newsletter fino alla fine di agosto, mese in cui anche molti di voi leggono meno le mail. Il secondo piccione è che gli iscritti alle Canzoni sono diventati molti di più e per esempio più di tre quarti di voi non c’erano nelle prime settimane (e quelle Canzoni erano molto belle, tra l’altro).
Quindi fino alla fine di agosto la newsletter arriverà regolarmente ogni sera con le canzoni di quelle prime cinque settimane, che ve le meritate tutti. Poi da settembre ci rivediamo in diretta.
Nel Regno Unito quest’anno si vende il doppio di cassette. Cassette, sì: audiocassette, quelle lì (il doppio di pochino è poco, ok, ma è il doppio).
Quarant’anni fa oggi uscì The winner takes it all, una delle baracconate di maggior successo degli Abba, imbarazzante sin da quando lei attacca Àidonuonnatòk, si redime solo nel finale infinito. Ma gli Abba non si discutono.
Speaking of the end
Una delle cose che ho imparato grazie a un pezzo norvegese di famiglia è che le vocali si pronunciano spesso in tutt’altri modi di come ci verrebbe a leggerle da qui. La o, per esempio, si pronuncia di solito u (dipende da cosa viene dopo), e le parole cambiano parecchio. Poi c’è la a col pallino sopra, che a noi viene da pronunciare “a” per similitudine grafica, ma è una o.
E quindi il nome della cantante Låpsley andrebbe pronunciato “Lópsli”, immagino. Solo che lei è inglese e si chiama Lapsley di cognome (della madre) ma dice di sentirsi un po’ scandinava, e ci ha messo il pallino perché le piaceva. E lo pronuncia “Làpsli” lo stesso (l’intervistatore scandinavo dice “Lópsli”, invece).
Non mettiamoci ora a discutere su dove andrebbe l’accento in scandinàvo.
Adesso lei ha 24 anni ma nel suo paese si è fatta notare da quando ne ha 20, e anche un po’ negli Stati Uniti. Quattro mesi fa ha pubblicato il suo secondo disco che come il primo ha dei suoni moderni e particolari, insieme alla sua voce. L’ultima canzone del disco è Speaking of the end, scritta insieme a EG White. che è uno che ha scritto per molti e molte cantanti pop di successo (tre canzoni del primo disco di Adele, per esempio). Il Guardian ha dedicato alla canzone buona parte della sua recensione del disco: “una ballata di piano eccezionalmente potente sull’andare oltre, una cosa strappalacrime alla Adele ma suonata con la qualità minimale di Ryuichi Sakamoto”.
Oh the fragility my valentine
Has opened up new doors, trajected a new course
Happiness grows like ivy walls
Ink on the paper, oh he just gives me more
Gran bellezza, poteva pure durare di più.
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