Andrzej Duda è stato rieletto presidente in Polonia
Ha vinto al ballottaggio con poco più del 50 per cento dei voti, contro l'europeista Rafał Trzaskowski
Il presidente polacco uscente Andrzej Duda ha vinto il secondo turno delle elezioni presidenziali che si sono svolte il 12 luglio, ed è stato quindi rieletto presidente della Polonia.
Con il 99,97 per cento dei collegi scrutinati Duda ha ottenuto il 51,21 per cento dei voti, mentre il suo sfidante, Rafał Trzaskowski, si è fermato al 48,79 per cento. Duda, che è presidente dal 2015, pur essendo formalmente indipendente è legato a Diritto e Giustizia (PiS), il partito di destra fondato dai gemelli Kaczyński che ha la maggioranza in Parlamento dal 2015. Trzaskowski invece è un esponente di Piattaforma Civica, il partito europeista di centrodestra che è stato al governo dal 2007 al 2014. Il risultato di oggi era molto atteso dalla comunità internazionale e in particolare dagli altri stati membri dell’Unione Europea, perché un’eventuale vittoria di Trzaskowski avrebbe potuto portare a cambiare la politica del governo polacco, che negli ultimi anni è diventata sempre più autoritaria, isolazionista e radicale.
La Polonia è una repubblica parlamentare e il presidente ha pochi poteri, ma può bloccare le leggi che ritiene antidemocratiche. Per questo una vittoria di Trzaskowski avrebbe potuto essere un problema per il governo di Diritto e Giustizia: il nuovo presidente sarebbe stato assai meno disposto a firmare le leggi più controverse. Duda è invece considerato molto più malleabile e vicino al PiS.
Negli ultimi anni il governo di PiS, attualmente guidato dal primo ministro Mateusz Morawiecki, ha introdotto leggi che hanno indebolito l’indipendenza del sistema giudiziario, ha ridimensionato le responsabilità polacche nei campi di concentramento nazisti (per qualche mese c’è stata una legge che prevedeva fino a tre anni di carcere per chi accusava la Polonia di complicità nell’Olocausto) e ha cercato in più occasioni di ridurre l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza.
Sul sistema giudiziario, l’ambito su cui la Polonia è stata criticata di più in Europa, a gennaio è stata approvata una legge che permette al governo di punire con multe o licenziamenti i giudici che ne criticano le riforme giudiziarie e le nomine di cariche pubbliche, e che proibisce ai giudici di svolgere qualsiasi attività pubblica che possa essere considerata politica.
In precedenza, nel 2018, il governo aveva cercato di far passare una legge che avrebbe abbassato retroattivamente l’età della pensione per i giudici della Corte Suprema da 70 a 65 anni, costringendo 27 giudici su 74 a ritirarsi prima della scadenza del loro mandato, e permettendo al governo di assumerne di fatto il controllo. Era stata ritirata dopo che la Commissione Europea aveva presentato ricorso alla Corte di giustizia dell’Unione Europea contro la legge, ritenendo che fosse contraria al principio di indipendenza della magistratura e di conseguenza al diritto dell’Unione Europea.