L’Ucraina sta pagando l’attenuazione delle cautele sul coronavirus
È la spiegazione prevalente e più credibile del raddoppio dei contagi nell'ultimo mese
di Ilaria Palmas
In Ucraina da qualche settimana hanno ricominciato a crescere i casi di coronavirus. Dopo l’allentamento delle misure di lockdown disposte dal governo a fine maggio, il numero di positivi è quasi raddoppiato, superando i cinquantamila casi. Mentre nel resto d’Europa i numeri calano, il paese rischia di affrontare un nuovo aumento dei contagi che potrebbe mettere in difficoltà la sua economia. Una delle possibili cause di questo peggioramento sembra essere il fatto che in molte regioni, con la riapertura delle attività e dei voli internazionali, sono state abbandonate le misure di sicurezza. L’aumento dei casi ha messo in grande difficoltà gli ospedali, dove ora stanno finendo i posti disponibili.
L’epidemia ha iniziato a diffondersi in Ucraina con un leggero ritardo rispetto al resto d’Europa, e fino a poche settimane fa il governo era riuscito a far rispettare le misure restrittive e a tenere relativamente bassi i contagi. Il primo caso si era verificato il 3 marzo, nella città di Černivci; il 13 marzo il governo aveva vietato gli eventi pubblici con più di 200 partecipanti e aveva disposto la chiusura di scuole e università. Le misure sono state rafforzate ulteriormente il 16 marzo, quando il presidente Volodymyr Zelensky ha vietato gli spostamenti interni, i voli internazionali e ha imposto la chiusura delle attività non essenziali. È stato inoltre introdotto l’obbligo di usare la mascherina e di sottoporsi al controllo della temperatura prima di entrare nei supermercati e nelle farmacie. A fine maggio il numero di casi era piuttosto basso: ventitremila casi accertati e 696 decessi in un paese di 41 milioni di abitanti.
A partire dai primi di maggio, con la situazione sotto controllo, sono cominciate le riaperture. L’11 maggio ha ripreso buona parte delle attività commerciali nelle regioni con meno contagi, e a metà giugno sono stati riattivati i voli internazionali. Fra la popolazione, il rispetto delle misure è calato e a fine maggio i casi hanno cominciato ad aumentare, passando da una media di circa quattrocento al giorno a maggio, ai settecento casi giornalieri di giugno. A inizio luglio si è parlato del fatto che migliaia di ucraini si fossero accalcati sulle spiagge del Mar Nero senza mascherine e senza tenere le distanze di sicurezza. Il ministro della Salute Maksym Stepanov ha commentato l’aumento dei casi attribuendo parte della responsabilità al mancato rispetto delle regole anti contagio.
Inizialmente, il sistema sanitario ucraino era riuscito a gestire la crisi. Nonostante la carenza di dispositivi di protezione individuale per medici e infermieri e di ventilatori per le terapie intensive, il basso numero dei contagi e il sostegno dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’Unione Europea avevano evitato che la situazione andasse fuori controllo. Il nuovo aumento di contagi ha tuttavia messo in crisi il sistema e nei giorni scorsi il ministero della Salute ha dovuto aumentare il numero di strutture che possono accettare casi di COVID-19, allargandolo a quelle che erano state inizialmente scartate perché prive dei macchinari adeguati.
A fine giugno, il primo ministro Denys Schmyhal ha dichiarato che in tutto il paese c’erano 30mila posti disponibili riservati ai pazienti ricoverati per COVID-19, e che il 7% dei ventilatori risultava occupato. In due regioni del paese, aveva inoltre detto Schmyhal, il livello di occupazione dei posti di terapia intensiva aveva superato la soglia di guardia del 50%. Il 10 luglio il numero totale dei positivi era di 52.043.
Se il nuovo aumento non verrà contenuto subito, potrebbe avere conseguenze molto dannose sull’economia. Dopo anni di difficoltà causate dalle sanzioni e dalle spese per la guerra del Donbass, nel 2019 il paese aveva chiuso con una crescita del 3,5% del PIL che faceva ben sperare per il 2020. Con l’arrivo dell’emergenza sanitaria, le previsioni si sono completamente ribaltate: il ministero delle Politiche sociali ha stimato che il numero di famiglie sotto la soglia di povertà potrebbe crescere fino ad arrivare al 45% entro la fine di quest’anno, e secondo l’OECD il PIL potrebbe subire un crollo del 7,7%. In un paese con politiche sociali spesso insufficienti, la pandemia rischia di far cadere altri nove milioni di persone in povertà.
Questo e gli altri articoli della sezione Il coronavirus in 26 paesi del mondo sono un progetto del workshop di giornalismo 2020 del Post con la Fondazione Peccioliper, pensato e completato dagli studenti del workshop.