• Domenica 12 luglio 2020

La vita in una favela di Buenos Aires durante il coronavirus

A Villa 31 manca l’acqua corrente e il sovraffollamento è inevitabile: ora il governo sta cercando di fare qualcosa

di Francesca Faggiano

Villa 31, Buenos Aires, Argentina (AP Photo/Natacha Pisarenko)
Villa 31, Buenos Aires, Argentina (AP Photo/Natacha Pisarenko)

In Argentina l’epidemia da coronavirus ha avuto un’avanzata più lenta rispetto al resto dell’America Latina, in parte grazie alle misure restrittive imposte da metà marzo dal presidente peronista Alberto Fernández. A fine maggio però le cose sono peggiorate, e la capitale Buenos Aires sta affrontando una situazione particolarmente difficile: ha circa il 40% del totale nazionale dei contagi accertati, che al momento supera i 94.000 casi. Per contenere la diffusione del coronavirus, il governo della città ha messo in quarantena le zone più povere, le villas, dove ha fatto una grande quantità di tamponi. Una delle più colpite è Villa 31, dove i casi sono più di 2.700 su 43.000 abitanti (stando alle fonti ufficiali: secondo censimenti interni gli abitanti sarebbero 65.000). Qui, il coronavirus rischia di diffondersi più facilmente a causa del sovraffollamento e della mancanza di acqua corrente.

Succede spesso che le case di Villa 31 restino senza acqua per giorni, anche per mesi. María Chaile, che ci abita, ha raccontato al quotidiano argentino La Nación di essere senza acqua corrente da luglio dell’anno scorso: «Di notte esce giusto qualche goccia. Così resto sveglia tutta la notte per riempire una brocca. Oggi per questo sono andata a dormire alle 7 di mattina». Quando ci furono i primi casi di coronavirus a Villa 31, molte famiglie non avevano acqua corrente e non potevano lavare le mani per prevenire efficacemente il contagio. La situazione non è cambiata molto e AySA, l’impresa che fornisce l’acqua corrente a Buenos Aires, distribuisce frequentemente acqua potabile trasportata con grandi autocisterne. Per riceverla, gli abitanti devono fare lunghe code nelle strette strade di Villa 31, che rendono quasi impossibile mantenere il distanziamento fisico.

Poi c’è il problema del sovraffollamento. In molte case di Villa 31 si vive in dieci persone o più, e la maggior parte delle volte non uscire è impossibile, soprattutto per procurarsi del cibo. Vicky Rodríguez, responsabile della mensa organizzata dal movimento sociale La Poderosa, ha raccontato all’agenzia di stampa Associated Press che il numero di persone che mangiano alla sua mensa è triplicato durante la pandemia. Questo anche perché il virus è arrivato in un momento già difficile per l’economia argentina, che da metà maggio è in default, non avendo trovato un accordo con i creditori per ripagare il suo debito. Secondo Robert Valent, coordinatore dell’ONU in Argentina, alla fine dell’anno i posti di lavoro persi a causa del coronavirus potrebbero arrivare ad essere 850.000.

Pentole con scritte di protesta per la mancanza di acqua e cibo a Villa 31, Buenos Aires, Argentina (AP Photo/Natacha Pisarenko)

Ramona Medina, attivista e portavoce degli abitanti di Villa 31, è stata la prima persona a denunciare la mancanza di acqua e le difficoltà nel prevenire il contagio. Il 3 maggio aveva pubblicato sui social network un video in cui criticava Diego Santilli, vice capo del governo di Buenos Aires, per aver sminuito l’emergenza di Villa 31: «Venga a vedere il terrore, la paura, la disperazione di non avere acqua; la paura di contagiarsi è terribile». In un’intervista a La Nación, aveva anche raccontato di essere preoccupata perché in una casa vicina alla sua 11 persone erano risultate positive al coronavirus. Contattate dai vicini, le autorità sanitarie avevano invitato alla calma chi non avesse sintomi. Medina è morta il 17 maggio, tre giorni dopo essere risultata a sua volta positiva.

Dopo la sua morte alcuni abitanti delle villas hanno protestato nel centro di Buenos Aires per chiedere al governo di aprire delle strutture per isolare le persone risultate positive. Il presidente argentino Alberto Fernández è allora intervenuto nella questione, e ha detto che la morte di Medina è un dispiacere per tutti: ha poi incontrato i rappresentanti di Villa 31 e di altre villas per ascoltare le loro richieste e provare a trovare delle soluzioni.

Villa 31 è la più antica tra le villas di Buenos Aires. Si sviluppò negli anni Quaranta sui resti di Villa Desocupación, un insediamento costruito dopo la crisi economica del ‘29 dagli immigrati europei, e distrutto dalle autorità argentine nel 1935. Alla sua fondazione, Villa 31 raccoglieva migranti interni e immigrati italiani, ed è stata una delle poche villas di Buenos Aires a non essere demolita, come accaduto per altre zone più povere su decisione dell’ultimo regime militare. Negli ultimi decenni è diventata un simbolo della povertà strutturale dell’America Latina, insieme alle favelas di Rio de Janeiro e di San Paolo in Brasile.

Questo e gli altri articoli della sezione Il coronavirus in 26 paesi del mondo sono un progetto del workshop di giornalismo 2020 del Post con la Fondazione Peccioliper, pensato e completato dagli studenti del workshop.