Stavolta c’è un’elezione vera in Bielorussia?
Il presidente Alexander Lukashenko, al potere dal 1994, cerca un sesto mandato, ma la gestione del coronavirus e lo scetticismo dell'Europa potrebbero complicare le cose
Il prossimo 9 agosto in Bielorussia si terranno le elezioni presidenziali e Alexander Lukashenko, al potere dal 1994, cercherà di ottenere un sesto mandato. La permanenza di Lukashenko al governo in questi anni non è mai sembrata in discussione – la Bielorussia è spesso definita “l’ultima dittatura d’Europa” – ma stavolta la situazione sembra essere più movimentata. La gestione del coronavirus da parte del presidente ha contribuito a logorare la fiducia della popolazione nei suoi confronti, e nelle ultime settimane ci sono state manifestazioni di protesta molto partecipate ed estese a cui sono seguite, però, pesanti repressioni.
La Bielorussia si trova tra la Polonia e la Russia. Lukashenko, che ha 65 anni, ha un saldo controllo sul paese e ha vinto ogni elezione dal 1994 riuscendo, almeno in parte, a migliorare le relazioni con l’Unione Europea e gli Stati Uniti, e a gestire la dipendenza economica dal governo di Mosca. La scorsa settimana Lukashenko ha visitato la Russia per commemorare con Vladimir Putin una serie di battaglie della Seconda guerra mondiale: dopo il viaggio, ha scritto il Financial Times, Lukashenko ha tenuto a ricordare quanto Mosca avesse bisogno del suo piccolo ma prezioso vicino occidentale. «Se prima la Russia aveva spazio di manovra a ovest – in Ucraina, nei Paesi Baltici – ora le cose sono cambiate. Alla Russia resta solo una finestra per cooperare con l’Europa». E questo, ha aggiunto, «va a nostro vantaggio».
Lukashenko ha parlato anche dell’attenzione dell’Unione Europea e degli Stati Uniti nei confronti del suo paese e del fatto che la Russia non può permettersi di perderlo come alleato. Ma nelle ultime settimane, scrive il Financial Times, la linea di bilanciamento ed equilibrio portata avanti dal presidente ha cominciato a traballare.
A inizio aprile Lukashenko aveva pubblicamente negato i rischi della pandemia da coronavirus, definendo una «psicosi di massa» i timori e le limitazioni imposte da moltissimi governi ai loro cittadini. Aveva suggerito ai bielorussi di farsi una sauna «due o tre volte a settimana», sostenendo che il virus non sopravvivesse alle alte temperature; aveva proposto solo di «lavarsi le mani più spesso, fare colazione in orario, pranzare e cenare»; e aveva previsto che il virus sarebbe sparito del tutto entro Pasqua, che quest’anno le chiese ortodosse hanno celebrato il 19 aprile. Ora i casi di contagio noti nel paese sono quasi 64 mila e i morti più di 400. Lukashenko però ha continuato a negare che il coronavirus potesse essere un rischio e questo ha fatto diminuire la fiducia nei suoi confronti.
A fine maggio a Minsk, la capitale del paese, c’è stata poi una grande manifestazione di protesta, organizzata dalle opposizioni per denunciare il governo autoritario del presidente e la repressione delle voci antigovernative e dei mezzi di informazione indipendenti. Centinaia di persone hanno manifestato indossando le mascherine per sfidare l’atteggiamento del governo, e portando con sé delle ciabatte per schiacciare «lo scarafaggio», come è stato definito Lukashenko. Nelle settimane successive ci sono stati altri cortei e altri raduni, pesantemente repressi. Decine di attivisti sono stati fermati dalla polizia e due oppositori molto conosciuti, Sergei Tikhanovsky, un blogger, e Mikola Statkevitch, che aveva già sfidato Alexander Lukashenko alle presidenziali del 2010, sono stati arrestati ed esclusi dalle elezioni. L’ultimo a finire in carcere con l’accusa di frode fiscale e altri reati è stato il banchiere Viktor Babaryko, considerato il principale avversario di Lukashenko alle prossime votazioni.
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Dopo le repressioni contro gli oppositori politici in occasione delle elezioni del 2006 e del 2010, l’UE aveva imposto alla Bielorussia delle sanzioni, via via rimosse dal 2016 in poi. Negli ultimi due anni le relazioni tra le parti sono migliorate e a novembre Lukashenko ha visitato ufficialmente l’Austria. Nel frattempo sono migliorate le relazioni anche con gli Stati Uniti: a febbraio, poco prima della crisi sanitaria, il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha incontrato Lukashenko a Minsk. Erano 26 anni che un funzionario statunitense di alto livello non visitava il paese. Pompeo si era impegnato ad aiutare il paese a ridurre la sua dipendenza dal petrolio russo.
Gli osservatori dicono ora che se proseguiranno la repressione e gli arresti arbitrari, gli sforzi di Lukashenko per migliorare le relazioni con l’Occidente potrebbero essere vanificati, rendendo la Bielorussia più vulnerabile alle pressioni politiche ed economiche della Russia e ancora più dipendente da Putin. Dopo gli ultimi episodi contro le opposizioni, anche fuori dal paese ci sono state molte preoccupazioni circa lo svolgimento delle elezioni e la repressione delle libertà. Alcuni parlamentari europei in una dichiarazione ufficiale hanno condannato gli arresti delle ultime settimane, dicendo che se proseguiranno cercheranno di far rivedere le politiche dell’Unione Europea nei confronti della Bielorussia e di far imporre delle sanzioni.
A questo si aggiunge il fatto che l’economia bielorussa sta attraversando un periodo complicato, a causa del taglio dei sussidi energetici deciso dalla Russia e dallo stallo nei negoziati per avviare una più ampia integrazione tra i due paesi, progetto che potrebbe aiutare in maniera significativa l’economia della Bielorussia. La disoccupazione è in aumento così come le diseguaglianze tra la capitale Minsk e le zone rurali del paese, sempre più povere.
La rielezione di Lukashenko non sembra essere in discussione, ma l’opinione più diffusa tra gli analisti è che il risultato a cui la Russia aspira è una nuova vittoria del presidente che lo lasci però indebolito: «La Russia non vuole che nessuno dei suoi alleati passi al campo nemico e costringa il Cremlino a riadattarsi. Questo è il motivo per cui Lukashenko è il miglior candidato, ed è ovvio che con lui la Bielorussia non ha alcuna possibilità di aderire alla NATO o all’UE», ha detto Artyom Shraibman, fondatore di una società di consulenza politica con sede a Minsk. Allo stesso tempo, però, «vogliono che abbia il minor spazio di manovra possibile».