Perché il governo non cambia i “decreti sicurezza”
Il PD lo ha promesso ai suoi elettori un anno fa, ma non se n'è ancora fatto nulla: c'è una trattativa in corso, con tempi e contenuti poco chiari
Dopo la sentenza di ieri della Corte Costituzionale che ha giudicato illegittima una parte del primo cosiddetto “decreto sicurezza”, la prima delle due controverse leggi sull’immigrazione promosse da Matteo Salvini quando era ministro dell’Interno, si è tornati a parlare dell’effettiva possibilità che il governo appoggiato dal Partito Democratico e dal Movimento 5 Stelle possa cambiare i decreti, come chiesto dalle associazioni che si occupano di migranti e come del resto lo stesso PD ha promesso ai suoi elettori fin dall’inizio del secondo governo Conte.
Da settimane PD e M5S stanno trattando per modificare i punti principali delle due leggi con un decreto, ma i contenuti e i tempi della misura non sono ancora chiarissimi. In un’intervista pubblicata oggi dal Corriere della Sera, il deputato del M5S Giuseppe Brescia – presidente della commissione Affari costituzionali della Camera, da dove inizierà l’iter legislativo del nuovo decreto – ha spiegato che il M5S ha convinto il PD a rinviare ancora la sua approvazione, stavolta a settembre, perché «ci sono già troppi provvedimenti prima dell’estate».
Il M5S non ha mai avuto fretta nel modificare i decreti: sia perché sono stati approvati e difesi più volte durante il primo governo Conte, che sosteneva insieme alla Lega, sia perché sull’immigrazione hanno posizioni più a destra del Partito Democratico: Luigi Di Maio è considerato l’inventore della sgradevole definizione di “taxi del mare” per descrivere il lavoro delle ong, mentre il partito si era opposto fino all’ultimo alla ridotta sanatoria per alcune categorie di migranti decisa due mesi fa. Inoltre la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, ex prefetto senza alcuna precedente esperienza politica, fin dalla sua nomina aveva detto di non essere favorevole all’introduzione di significative modifiche alle due leggi.
I due decreti, approvati fra 2018 e 2019, hanno sensibilmente peggiorato il sistema di gestione e accoglienza dei migranti, lasciando per strada migliaia di persone senza alcuna tutela. I decreti inoltre non hanno ottenuto i risultati promessi da Salvini – a prescindere dal fatto che i suoi contenuti siano condivisibili o meno: gli sbarchi e i morti in mare non si sono ridotti, così come il numero di irregolari, né sono aumentati i rimpatri.
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I punti giudicati più controversi delle due leggi – ritenute peraltro variamente incostituzionali, soprattutto la seconda – sono le enormi multe alle ong che soccorrono le persone nel Mediterraneo, l’abolizione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, e lo smantellamento del sistema di accoglienza diffusa chiamato Sprar, uno dei modelli giudicati più efficaci per gestire l’integrazione dei richiedenti asilo.
Sembra che la bozza di decreto a cui stanno lavorando PD e M5S provi a risolvere questi problemi: dieci giorni fa Repubblica ha scritto che il documento prevede una sostanziale riduzione delle multe per le ong – da un milione di euro a 10mila – il ritorno degli Sprar, l’ampliamento delle forme di protezione per bilanciare l’assenza del permesso di soggiorno per motivi umanitari, e il dimezzamento dei tempi massimi di detenzione nei Centri per il rimpatrio, che i “decreti sicurezza” avevano fissato in 180 giorni. Ma il documento non è stato diffuso nella sua interezza, e la maggior parte delle misure circolate sono piuttosto vaghe.
Giovedì 9 luglio era prevista una nuova riunione interna alla maggioranza per discutere della bozza del nuovo decreto, ma è saltata – Repubblica scrive «per il protrarsi dei lavori in aula alla Camera» – e non è chiaro se sia già stata riprogrammata.