In Bulgaria una grave crisi politica è iniziata con un video girato su una spiaggia
Una diretta Facebook di un politico anticorruzione ha riacceso un vecchio scontro tra il presidente e il sistema giudiziario del paese
In Bulgaria il video di un politico di opposizione che ha piantato una bandiera sulla spiaggia della villa di un potente politico locale ha provocato giorni di agitazioni, culminati in una serie di proteste che potrebbero diventare tra le più grandi viste nel paese negli ultimi anni, secondo gli esperti. Il contesto di quanto sta accadendo è un più generale e vecchio scontro tra il presidente del paese Rumen Radev e il primo ministro Bojko Borisov, considerato molto vicino al politico locale contestato nel video, Ahmed Dogan.
Il video è stato pubblicato martedì su Facebook da Hristo Ivanov, leader del piccolo partito Sì, Bulgaria!, europeista e anticorruzione, che ha raggiunto su un gommone una spiaggia del mar Nero adiacente alla residenza di Dogan, intenzionato a piantare una bandiera bulgara. La sua era una provocazione, e ha funzionato: appena approdato sulla spiaggia è stato raggiunto da alcuni agenti di polizia in divisa, che lo hanno allontanato di forza nonostante, documenti alla mano, Ivanov avesse dimostrato che quella spiaggia era pubblica.
L’obiettivo di Ivanov era attirare l’attenzione su Dogan, che dal 1990 è presidente di un partito che rappresenta la minoranza turca in Bulgaria, e che nonostante non abbia più incarichi politici è considerato ancora assai influente per via della sua vicinanza a Borisov e al suo compagno di partito Delyan Peevski, un parlamentare e oligarca che di fatto controlla buona parte dei media del paese.
Ivanov in passato era stato ministro della Giustizia di un governo guidato da Borisov, ma si era dimesso perché non aveva potuto portare avanti una riforma della giustizia che avrebbe dovuto ridurre i poteri della magistratura. È una storia collegata a quanto sta accadendo in questi giorni: con il video sulla spiaggia, Ivanov voleva denunciare la rete di potere e favori che lega politici e oligarchi bulgari che di fatto, dice, controlla il sistema giudiziario del paese.
Quello che poteva essere un episodio autoconclusivo è diventato un affare molto più grosso quando il presidente Radev, che fa parte del principale partito di opposizione, il Partito Socialista Bulgaro, si è schierato a difesa di Ivanov. Mercoledì ha annunciato che gli uomini che avevano allontanato il politico dalla spiaggia facevano parte di un corpo di polizia nazionale, aggiungendo che era inaccettabile che fossero impiegati come scorta personale di Dogan, che non è nemmeno più formalmente in politica.
Radev ha quindi chiesto che fossero perquisite le proprietà intorno alla spiaggia, ma il procuratore capo, che coordina la pubblica accusa in Bulgaria, si è rifiutato, e ha invece ordinato l’arresto di due collaboratori del presidente, nell’ambito di un’indagine per un presunto traffico di influenze illecite. Questo ha portato a un nuovo livello lo scontro che va avanti da tempo tra Radev e la magistratura bulgara, accusata di essere controllata da Borisov e dagli oligarchi che lo sostengono.
Incitata dal video di Ivanov e dal successivo scontro politico, giovedì a Sofia è stata organizzata una protesta contro la collusione tra oligarchi e sistema giudiziario, e per chiedere le dimissioni di Borisov. Radev ha raggiunto i manifestanti congratulandosi per aver messo da parte le divergenze politiche per denunciare il problema. «La mafia bulgara ha raggiunto l’impossibile unendo contro di sé le persone oneste», ha detto Radev, esortando a escludere la «mafia» dall’esecutivo e dall’ufficio del procuratore generale.
Le prime proteste hanno raccolto qualche migliaio di partecipanti, ma già per venerdì ne sono state organizzate altre, e ci si aspetta che crescano nei prossimi giorni: alcuni media bulgari prevedono possano diventare le più grandi da quelle che andarono avanti per mesi tra il 2013 e il 2014, innescate dalla nomina di Peevski a capo dell’agenzia per la sicurezza nazionale e che portarono alle dimissioni del governo di larghe intese in carica all’epoca.