Chi era Artemisia Gentileschi
È stata una delle più celebri pittrici italiane, oggi Google ne celebra l'anniversario della nascita
La pittrice italiana Artemisia Gentileschi è la protagonista del doodle di Google di oggi, cioè l’immagine che compare di tanto in tanto al posto del logo nella homepage del motore di ricerca. Artemisia Gentileschi nacque a Roma 427 anni fa, l’8 luglio del 1593, ed è ricordata sia per le sue opere di stile caravaggesco, che per la sua vita. Gentileschi affrontò generi decisamente lontani dalla pittura a cui altre donne si erano avvicinate fino a quel momento, limitata a nature morte, paesaggi, ritratti. Artemisia Gentileschi affrontò la pittura “alta”, soggetti sacri e storici.
Suo padre Orazio era un pittore e istruì la giovane Artemisia nello stile di Caravaggio, dal quale derivò l’uso di personaggi realistici e non idealizzati, all’interno delle sue opere. Tra i primi quadri che le vengono attribuiti c’è Susanna e i vecchioni, del 1610, conservato oggi al castello di Weißenstein, in Germania. Tra il 1612 e il 1613 realizzò invece il quadro intitolato Giuditta che decapita Oloferne, divenuto in seguito uno dei più noti della sua produzione e conservato nel Museo nazionale di Capodimonte a Napoli (una seconda versione di maggiori dimensioni e di colori diversi è conservata alla Galleria degli Uffizi di Firenze).
Il quadro è particolarmente importante perché realizzato a ridosso di una vicenda personale che segnò la vita, l’arte di Artemisia Gentileschi e in parte anche la sua fama. Nel 1611 fu stuprata dal suo maestro di prospettiva Agostino Tassi, a cui l’aveva indirizzata il padre Orazio. Tassi promise un “matrimonio riparatore” che però non avvenne mai e Gentileschi decise di denunciarlo, un fatto piuttosto raro all’epoca. La donna venne però sottoposta a interrogatori sotto tortura da parte delle autorità giudiziarie per verificare la veridicità delle sue accuse: Artemisia accettò di provare la sua verginità precedente allo stupro e, tra le altre cose, subì un supplizio progettato per i pittori, che consisteva nel fasciare loro le dita delle mani con delle funi fino a farle sanguinare. Tassi venne infine condannato a cinque anni di reclusione nel 1612. Artemisia Gentileschi visse in seguito tra Firenze, Roma, Venezia e l’Inghilterra, morì nel 1653 e fu seppellita presso la Chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini di Napoli.