Stiamo usando i contanti meno di prima
La pandemia sta accelerando la transizione verso i pagamenti elettronici, anche in Italia
Sebbene non ci siano studi scientifici approfonditi sul rischio di trasmissione del coronavirus attraverso il denaro contante – per quanto sia noto che il coronavirus resti attivo per qualche tempo sulle superfici – negli ultimi mesi in mezzo mondo è stato registrato un notevole aumento delle transazioni elettroniche, con carte e attraverso i cosiddetti mobile payment, cioè i pagamenti attraverso gli smartphone. Da anni la “fine del contante” è periodicamente annunciata, smentita e variamente teorizzata, ed è quindi giusto prendere con una buona dose di scetticismo previsioni di questo tipo: ma finora non c’era stata una pandemia come quella attualmente in corso.
I pagamenti elettronici sono stati raccomandati dai governi fin dalle prime fasi dell’epidemia, come sistema per ridurre gli scambi di monete e banconote tra clienti, commercianti e commessi, che potenzialmente potrebbero essere vettori di contagio. Le modalità con cui il coronavirus si trasmette attraverso le superfici non sono ancora del tutto chiare, anche se oggi sembrano più limitate rispetto a quelle paventate a inizio epidemia. Ciononostante, i pagamenti più adatti alla quotidianità dell’epidemia sono diventati i cosiddetti “contactless”, che avvengono cioè semplicemente avvicinando la carta ai lettori abilitati. Per gli acquisti sopra certe cifre, in realtà, anche per questi pagamenti è necessario che il cliente digiti il PIN della propria carta sul POS, toccando quindi gli stessi tasti degli altri clienti, e compromettendo un po’ l’intera operazione.
Ma i pagamenti elettronici, e ancora di più quelli attraverso i servizi come Apple Pay o Satispay, che li consentono da smartphone, sono comunque ritenuti generalmente più sicuri di quelli in contanti. Secondo il New York Times, la transizione che già era in atto verso l’abbandono del contante è stata accelerata dalla pandemia, e non solo per le preoccupazioni dei clienti: per i commercianti, favorire i pagamenti elettronici è uno dei modi più efficaci per contenere i rischi per sé e i propri dipendenti, obbligati dal loro lavoro ad avere contatti continui con il pubblico. Secondo la società italiana SumUp, nella prima settimana dopo le riaperture del 4 maggio i pagamenti senza contanti sono aumentati del 55 per cento nei bar e nei ristoranti.
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Ma c’è ancora molta strada da fare verso l’abbandono del contante, che secondo gli esperti sarebbe un passo fondamentale per ridurre l’evasione fiscale e il finanziamento delle attività illecite, motivi per cui nel 2016 era stata decisa la sospensione dell’emissione della banconota da 500 euro. Secondo la Banca Centrale Europea, prima dell’epidemia l’80 per cento delle transazioni in Europa avveniva attraverso i contanti. In Italia si stima che fosse ancora più alta, intorno all’86 per cento, nonostante i pagamenti elettronici siano aumentati notevolmente, raddoppiando tra il 2012 e il 2017.
Se ne stanno accorgendo specialmente le società di carte di credito, che mentre stanno subendo una contrazione del volume degli acquisti dovuta alla crisi economica e alle restrizioni sugli spostamenti, stanno assistendo a un notevole aumento percentuale delle transazioni online – per l’e-commerce – e ai pagamenti elettronici nei negozi fisici. Lo stesso vale per società come PayPal, che gestisce i pagamenti online e le cui azioni sono aumentate del 55 per cento nell’ultimo anno.
«Stiamo vivendo in un incredibile esperimento globale che sta costringendo i governi, le attività commerciali e i consumatori a ripensare i propri modelli e le proprie regole per i rapporti sociali: è un mondo in cui c’è meno contatto, e le abitudini stanno cambiando», ha detto al New York Times Morten Jorgensen, direttore di RBR, una società di consulenza bancaria.
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Per questo, diverse società stanno alzando il tetto per i pagamenti consentiti con il contactless, trattando appositamente con banche e governi. Questo comporta sia un aumento del numero di transazioni, sia del valore delle stesse: e secondo Jorgensen questo sta compensando la limitazione alle commissioni sulle operazioni con le carte decise dalla Commissione Europea l’anno scorso (lo 0,2% sul valore di quelle con le carte di debito, e lo 0,3% per quelle con le carte di credito).
In mezzo a tanti aspetti positivi per il fisco dei paesi, una transizione che arrivasse a eliminare il contante comporterebbe anche dei rischi, specialmente per quanto riguarda l’emarginazione delle fasce più povere della popolazione, che non possono permettersi una carta di credito o che magari non dispongono nemmeno di un conto in banca. «Il contante non scomparirà», dice Jorgensen, «ma continuerà a diminuire e il coronavirus sta accelerando questa tendenza».