Com’erano le colonne sonore di Ennio Morricone
Basta riascoltarle per capire perché il grande compositore morto oggi a 91 anni era così amato e celebrato
È morto Ennio Morricone, uno dei compositori italiani più amati e di successo degli ultimi cinquant’anni, che dagli anni Sessanta in poi scrisse decine di colonne sonore che spesso diventarono famose tanto quanto i film che accompagnavano, se non di più. Morricone lavorò per tanti registi italiani, da Sergio Leone a Giuseppe Tornatore, ma fu celebrato a Hollywood, tra gli altri da registi come Quentin Tarantino. Nel 2007 ricevette un Oscar alla carriera, e nel 2016 lo vinse per la colonna sonora di The Hateful Eight, che a suo stesso dire, però, non è la migliore che scrisse in carriera. La competizione, del resto, è assai serrata.
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C’era una volta il West (1968)
Morricone fece con il regista Sergio Leone quelle che diventarono probabilmente le sue colonne sonore più celebri: quella per C’era una volta il West fu la quarta collaborazione tra i due, dopo la “Trilogia del dollaro”. Il tema principale è incentrato su una melodia suonata dal clavicembalo, che introduce i vocalizzi della cantante Edda Dell’Orso prima di lasciare spazio al crescendo orchestrale finale.
Tutti i protagonisti del film hanno una musica che li contraddistingue: per il personaggio di Charles Bronson, un misterioso pistolero senza nome, Morricone compose “Man with a Harmonica”, un brano basato su un ripetitivo e un po’ spettrale tema all’armonica, sostenuto dall’arpeggio distorto di una chitarra elettrica. Leone chiese a Morricone di scrivere la colonna sonora in anticipo, in modo da poterla suonare sul set agli attori.
Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970)
Anche se le più famose rimasero quelle dei western, in quegli anni Morricone andava avanti a colpi di 15-20 colonne sonore cinematografiche all’anno con alcuni dei più grandi registi italiani dell’epoca, da Dario Argento a Giuliano Montaldo, da Marco Ferreri a Pier Paolo Pasolini. Tra le più riuscite ci fu quella per Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, uno dei più grandi film del cinema politico italiano, diretto nel 1970 da Elio Petri. Si basava su una melodia sincopata e incalzante, che ricalcava la personalità disturbata del protagonista, interpretato da Gian Maria Volontè.
Sacco e Vanzetti (1971)
Per un altro grande film del cinema politico italiano di quegli anni, Sacco e Vanzetti di Montaldo, Morricone compose diverse canzoni cantate dalla cantautrice Joan Baez. Il film raccontava la storia dei due anarchici italiani condannati a morte negli Stati Uniti nel 1927 per una rapina e un omicidio che non avevano commesso. Tra quelle canzoni c’era “Here’s to You”.
Il buono, il brutto, il cattivo (1966)
Per il terzo film della “Trilogia del dollaro” di Sergio Leone Morricone scrisse una delle più iconiche colonne sonore della storia del cinema, costruita intorno a un’invenzione fenomenale, una melodia che ricorda l’ululato dei coyote, cantata da più voci e ripetuta da vari strumenti.
Oltre al tema principale della colonna sonora, entrarono nella storia “L’estasi dell’oro”, con i suoi vocalizzi epici che introducevano l’incontro finale tra i tre protagonisti del film, e che fu riproposta peraltro anni dopo in una famosa cover dei Ramones. E poi “Il triello”, il lento e teso accompagnamento del celebre stallo alla messicana che chiude il film.
Per qualche dollaro in più (1965)
Anche se quella di Il buono, il brutto, il cattivo rimase probabilmente la più celebre, nelle colonne sonore dei due precedenti western di Leone Morricone aveva già messo gli ingredienti che avrebbero contribuito a rendere grande nel mondo il genere dello spaghetti western. Lo fece attingendo a una gran varietà di stili e tradizioni musicali, mischiando musica classica e popolare e facendo un largo uso di strumenti poveri e poco comuni nella tradizione orchestrale, come il marranzano, cioè lo scacciapensieri. È quello che introduce il tema principale di Per qualche dollaro in più, che come tanti altri era fischiettato. E a cui si aggiungono, poco più avanti, dei versi quasi gutturali e una stridente chitarra elettrica.
Per un pugno di dollari (1964)
Aveva ingredienti molto simili anche il tema di Per un pugno di dollari, il primo film della “Trilogia del dollaro”, in cui ha particolare spazio un’ocarina, altro strumento tradizionale italiano che Morricone scelse di recuperare e riadattare a una grande orchestra. Già in questa colonna sonora, Morricone tenne insieme musica alta e bassa, rispecchiando perfettamente i tratti insieme scalcinati ed epici dei protagonisti dei film di Leone e anticipando una delle formule principali delle sue composizioni.
Teorema (1968)
Per un regista italiano degli anni Sessanta, una colonna sonora di Morricone era una garanzia: Pasolini lo volle per diversi dei suoi film, e tra le più riuscite collaborazioni tra i due ci fu quella per Teorema, oltre alla più famosa per Uccellacci e uccellini.
Il gatto a nove code (1971)
Morricone compose le colonne sonore dei primi tre film di Dario Argento, L’uccello dalle piume di cristallo, Il gatto a nove code e 4 mosche di velluto grigio. Erano fatte di brani più tradizionali e melodici, di altri composti sul filo della dissonanza come quello di L’uccello dalle piume di cristallo e di altri ancora più vicini alle sonorità del progressive rock che avrebbero caratterizzato la musica dei successivi film di Argento.
Giù la testa (1971)
Forse meno universale rispetto alle altre grandi colonne sonore dei western di Leone, quella di Giù la testa è in realtà apprezzatissima dagli appassionati di Morricone, per la sua varietà tra i brani diversi e in quanto compendio delle migliori invenzioni prodotte da Morricone fino a quel momento, e anticipazione di quanto sarebbe venuto dopo. Il tema principale è rimasto per quel “scion scion”, che in realtà era “Sean Sean”, dal nome del personaggio di James Coburn.
Novecento (1976)
Morricone fece anche la colonna sonora dii Novecento, il capolavoro di Bernardo Bertolucci, di cui è rimasto soprattutto il tema principale “Romanzo”: riprende dal film i toni enfatici e solenni, con evidenti richiami alla tradizione lirica ottocentesca italiana.
Il deserto dei tartari (1976)
Tra le più riuscite colonne sonore di Morricone ci fu anche quella per la trasposizione cinematografica del celebre romanzo di Dino Buzzati, in cui il compositore riprodusse le atmosfere misteriose e sospese con tappeti d’archi che ricordano un po’ quello che avrebbe fatto anni dopo Vangelis.
Un sacco bello (1980)
Quelle dei film di Carlo Verdone non sono ricordate come le colonne sonore più memorabili di Morricone, ma erano comunque di altissimo livello e dimostrano le sue capacità di adattarsi ai contesti e ai registri più diversi anche nelle fasi più mature della sua carriera.
C’era una volta in America (1984)
Di film di Leone senza una sua colonna sonora ce n’è solo uno, il primo, Il colosso di Rodi. Nell’ultimo, uscito nel 1984, Morricone recupera elementi delle sue colonne sonore western – il tema centrale, suonato stavolta da un flauto di Pan – unendole ai tratti più sinfonici delle sue opere successive.
Mission (1986)
Morricone fu grande tra le molte cose per la sua capacità di comporre musiche straordinariamente integrate con la storia e il ritmo dei film che accompagnavano, e molto spesso perfettamente associate ai personaggi. L’esempio più evidente sono le colonne sonore per Leone, con cui era legatissimo sia artisticamente che personalmente. Ma gli riuscì alla perfezione anche in tante altre occasioni: una di queste fu il tema di Mission, suonato all’oboe nel film dal personaggio di Jeremy Irons, e diventato uno dei più famosi della storia del cinema.
Nuovo cinema paradiso (1989)
Fu la prima collaborazione di Morricone con Giuseppe Tornatore, che contribuì al successo internazionale del film: con un tema che, invece dell’oboe, era suonato da un clarinetto.
La leggenda del pianista sull’oceano (1998)
Un film più dimenticabile rispetto agli altri di questa lista, ma probabilmente l’ultima grande colonna sonora di Morricone.