I giornali che ricevono contributi pubblici (prima rata del 2019)
Il governo ha pubblicato la lista degli acconti, che riguarda le stesse testate dell'anno precedente
Il Dipartimento per l’informazione e per l’editoria del governo ha pubblicato il mese scorso la lista dei giornali a cui è stato assegnato un contributo pubblico per l’anno 2019 in base alle regole di legge e per cui è stato avviato il pagamento di una rata di anticipo. Le testate indicate sono 105, per un totale di 34 milioni di euro di anticipi. In questa tranche 9 testate riceveranno più di un milione di euro ciascuna.
Rispetto alla lista pubblica dei contributi per il 2018 messa online lo scorso marzo (che aveva reintegrato tra i destinatari alcune testate che sembravano essere state escluse dalla prima rata 2018), non sembrano esserci novità sensibili: le cifre sono minori perché si tratta di un anticipo, parziale. Queste sono le prime quindici testate per contributo assegnato.
Dolomiten 2.899.696,66 euro
Famiglia cristiana 2.815.239,58 euro
Libero quotidiano 2.600.223,29 euro
Avvenire 2.557.870,25 euro
Italia oggi 1.877.056,37 euro
Il manifesto 1.434.759,70 euro
Il quotidiano del Sud 1.384.405,97 euro
Cronacaqui.it 1.094.093,15 euro
Corriere Romagna 1.060.843,66 euro
Il Foglio 834.793,66 euro
Primorski dnevnik 762.322,00 euro
Editoriale oggi 746.907,17 euro
Il Cittadino 675.607,59 euro
Cronache di (Libra editrice) 640.524,69 euro
Quotidiano di Sicilia 507.915,15 euro
Il Dolomiten è un quotidiano in lingua tedesca della provincia autonoma di Bolzano, mentre il Primorsky Dnevnik è un quotidiano della minoranza slovena pubblicato a Trieste. I contributi sono erogati in base a una serie di calcoli che tengono conto dei costi sostenuti dal giornale e della sua diffusione, calcoli che favoriscono i gruppi di medie dimensioni, con costi e diffusioni rilevanti.
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La legge sui contributi esclude invece tutti i grandi quotidiani nazionali, come Repubblica, Corriere della Sera e Stampa. Ma ci sono alcune eccezioni per i quotidiani di medie dimensioni, fra cui Avvenire e Libero. I grandi gruppi, e tutti gli altri, usufruiscono invece dei contributi indiretti alla stampa, per esempio gli sconti sull’acquisto della carta. Anche questi contributi si sono ridotti moltissimo nel corso degli anni e oggi ammontano a pochi milioni di euro. Quasi tutti i grandi gruppi editoriali sfruttano questa forma di contributi, anche se ormai non sono particolarmente rilevanti per i loro bilanci. Nel bilancio 2018 del gruppo RCS, che pubblica il Corriere della Sera, i contributi erano indicati allo 0,5 per cento del totale dei ricavi.
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La lista dell’anticipo dei contributi è stata segnalata dalla newsletter del sito Data Media Hub, che già l’anno passato aveva criticato la scarsa pubblicità data a questi dati e alcune contraddizioni nei criteri delle assegnazioni (venendo accusato a sua volta di simpatie per le campagne anti-giornali del M5S), ed è tornato a farlo quest’anno.
Ricompare pure ItaliaOggi, altra testata molto border line, diciamo, in quanto ad effettiva titolarietà a ricevere contributi diretti visto che di fatto rientra nel portfolio delle testate di Class Editori, società quotata in borsa, seppure scientemente, non a caso di certo, sia stata eliminata dall’elenco dei quotidiani del gruppo, mentre in precedenza era presente.
Ma basta visitare il sito del quotidiano economico-finanziario [al fondo dell’home page] per scoprire che la mail di contatto è dpo@class.it, oppure vedere la sezione dedicata agli abbonamenti di Class Editori per trovare il quotidiano giallo tra quelli a cui è possibile sottoscrivere un abbonamento. Siamo ormai al gioco delle tre tavolette, ad essere benevoli.
Resta Libero, di proprietà di fatto della famiglia Angelucci, che ha in portfolio anche altre testate, ed è tutto tranne che una cooperativa di giornalisti, come noto. Con il paradosso del “caso Feltri”, non solo diffidato da AGCOM per le sue affermazioni razziste durante un talk show, ma anche in fuga dall’Ordine dei Giornalisti, per non sottostare alle regole di deontologia professionale, che non è più dunque il direttore, non potendolo più essere, almeno formalmente, ma diviene fondatore, quale è, del quotidiano in questione, come spicca sulla prima pagina da qualche giorno.
Altro caso, come abbiamo già segnalato in precedenza, è quello di Dolomiten, il cui gruppo editoriale proprietario della testata controlla anche tutti gli altri quotidiani della regione. Cosa questa che non è certamente una buona notizia per il pluralismo che i finanziamenti, in linea di principio, dovrebbero sostenere. Quotidiano che peraltro, stando agli ultimi dati disponibili [ADS Aprile 2020] realizza l’80.7% delle proprie vendite in abbonamento, e perciò dovrebbe avere una buona stabilità di ricavi.
Il finanziamento diretto all’editoria ha uno scopo preciso e limitato: sostenere il pluralismo dell’informazione aiutando in particolare le piccole testate locali, quelle delle minoranze linguistiche e quelle indipendenti, come in teoria dovrebbero essere quelle edite da cooperative di giornalisti. Un tempo i finanziamenti sostenevano anche i giornali di partito, ma quest’aspetto della legge è stato soppresso. In tutto sette tipologie differenti di periodici e quotidiani hanno diritto ai finanziamenti.
- Cooperative giornalistiche che editano quotidiani e periodici;
- Imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale è detenuto in misura maggioritaria da cooperative, fondazioni o enti senza fini di lucro;
- Enti senza fini di lucro ovvero imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale è interamente detenuto da tali enti;
- Imprese editrici che editano quotidiani e periodici espressione di minoranze linguistiche;
- Imprese editrici, enti ed associazioni che editano periodici per non vedenti e ipovedenti;
- Associazioni dei consumatori che editano periodici in materia di tutela del consumatore, iscritte nell’elenco istituito dal Codice del consumo;
- Imprese editrici di quotidiani e di periodici italiani editi e diffusi all’estero o editi in Italia e diffusi prevalentemente all’estero.