Un altro vaccino promettente contro il coronavirus
Lo ha sviluppato Pfizer e nei primi test ha indotto una risposta immunitaria in chi l'ha ricevuto, ma anche effetti collaterali da approfondire
Un vaccino sperimentale sviluppato da Pfizer, una delle più grandi multinazionali farmaceutiche, in collaborazione con l’azienda di biotecnologie BioNTech, ha dato i primi risultati promettenti contro il coronavirus. La sperimentazione ha consentito di osservare l’attivazione di una risposta immunitaria negli individui che hanno ricevuto il vaccino, ma ad alte dosi la formula sperimentata da Pfizer ha causato febbre e altri effetti collaterali che richiederanno ulteriori approfondimenti.
I risultati della prima serie di test clinici legati al vaccino sono stati pubblicati ieri, mercoledì 1 luglio, in una ricerca diffusa online, ancora priva di revisione alla pari da parte di altri esperti e di una pubblicazione su una rivista scientifica (è quindi opportuno prenderla con qualche cautela). I responsabili del gruppo di lavoro sui vaccini per Pfizer ritengono di essere sulla strada giusta, ma hanno comunque ricordato di essere al lavoro su più alternative per la produzione di un vaccino che consenta di prevenire le infezioni da coronavirus.
Lo studio clinico sul vaccino sperimentale ha coinvolto 45 volontari, suddivisi in modo casuale in gruppi che hanno ricevuto: una dose da 10 microgrammi, una da 30 microgrammi, una dose da 100 microgrammi o un placebo, cioè una sostanza che non produce alcun effetto. La dose più alta ha comportato episodi febbrili in circa metà dei pazienti che l’avevano ricevuta, inducendo i ricercatori a non proseguire con la somministrazione di una seconda dose.
– Leggi anche: Perché non ci sono vaccini contro i coronavirus
A tre settimane dalla prima somministrazione, gli altri partecipanti hanno ricevuto invece una seconda dose del vaccino. L’8,3 per cento dei volontari nel gruppo dei 10 microgrammi e il 75 per cento di quelli nel gruppo dei 30 microgrammi hanno avuto la febbre. Circa un partecipante su due ha inoltre segnalato la comparsa di altri effetti collaterali, come disturbi del sonno. In nessun caso sono stati comunque rilevati effetti collaterali gravi o destinati a durare nel lungo periodo: per nessuno dei volontari si è reso necessario il ricovero alla comparsa degli effetti avversi.
Nella loro ricerca, gli autori scrivono che il vaccino sperimentale ha portato alla produzione di anticorpi contro il SARS-CoV-2, il coronavirus che causa la COVID-19. È stata inoltre riscontrata la presenza di anticorpi neutralizzanti, che hanno la capacità di bloccare il virus e di impedirgli di replicarsi nelle cellule. A seconda dei casi, sono stati trovati livelli pari al doppio e al triplo di quelli riscontrati per questo tipo di anticorpi nelle persone convalescenti dopo la COVID-19.
Con le attuali conoscenze non è possibile sostenere con certezza che maggiori livelli di anticorpi garantiscano un’immunità contro il coronavirus. Anche se ci sono alcuni indizi in tal senso, per ora non sappiamo se si possa diventare immuni al SARS-CoV-2 e, nel caso, per quanto tempo.
Pfizer dovrà verificare questa circostanza attraverso una nuova serie di test, tesi a dimostrare che le persone vaccinate abbiano almeno un 50 per cento di probabilità in meno di contrarre il coronavirus. La società confida di avviare queste sperimentazioni già nelle prossime settimane, verificando quale variante tra le quattro del vaccino finora sviluppate sia la più promettente per passare alle ricerche successive.
– Leggi anche: Come nascono i vaccini (da un uovo)
Il vaccino sviluppato in collaborazione con BioNTech è basato sui meccanismi dell’RNA messaggero (mRNA), la molecola che si occupa di codificare e portare le istruzioni per produrre le proteine. L’idea è di sfruttare parte del materiale genetico derivato dal coronavirus per indurre una reazione immunitaria nell’organismo, senza che però si sviluppino i sintomi della COVID-19 (che in alcuni casi possono essere gravi e letali). Un approccio simile è seguito anche dall’azienda farmaceutica Moderna, che a metà maggio ha annunciato di avere ottenuto risultati incoraggianti.
Lo sforzo per sviluppare un vaccino contro il SARS-CoV-2 è enorme e senza precedenti, con gruppi di lavoro su almeno 145 vaccini. La maggior parte è in una fase molto iniziale del processo di sviluppo, mentre almeno 13 vaccini hanno raggiunto la Fase 1, nella quale si effettuano i test per verificarne la sicurezza a seconda dei dosaggi. Ci sono poi una decina di vaccini in Fase 2, che prevede la somministrazione delle dosi a un gruppo più esteso di volontari, per verificarne la sicurezza. Tre vaccini hanno raggiunto già la Fase 3, nella quale se ne verifica l’efficacia.
Rispetto al passato, il lavoro di ricerca e sviluppo sta avvenendo in maniera molto spedita, ma non è chiaro quando sarà disponibile un primo vaccino contro il coronavirus. Le autorità sanitarie di diversi paesi confidano di poterne avere uno pronto entro la fine dell’anno, ma è una previsione che a molti esperti appare eccessivamente ottimistica. Un vaccino pronto per le prime somministrazioni potrebbe essere disponibile a partire dalla prossima primavera, anche se restano molti aspetti da chiarire sulla capacità di sviluppare un’immunità che duri a sufficienza da rendere utile il ricorso alla vaccinazione.