Come se la sta cavando Keir Starmer
Il nuovo leader dei Laburisti britannici è molto apprezzato, il suo partito lo è molto meno
Quando a inizio aprile Keir Starmer era stato eletto nuovo segretario del partito Laburista, pochi pensavano che si sarebbe dimostrato all’altezza del compito: era un politico relativamente poco conosciuto ed era diventato segretario del partito in uno dei momenti più complicati della sua storia. I Laburisti avevano appena ottenuto uno dei peggiori risultati elettorali di sempre, il partito era internamente molto diviso dopo gli anni di Jeremy Corbyn e l’epidemia da coronavirus non sembrava il campo di prova più adeguato per un nuovo e inesperto leader.
Le cose, per il momento, stanno invece andando bene: Starmer sta crescendo molto nei sondaggi, sta mettendo in difficoltà il governo e gli elettori lo considerano un potenziale primo ministro credibile. Che riesca a diventarlo al momento sembra ancora improbabile, ma secondo molti commentatori britannici il problema non è lui quanto il suo partito.
In un articolo sui primi mesi di Starmer come segretario, il giornalista dell’Observer Andrew Rawnsley ha ricordato che le difficoltà per lui erano arrivate già dal primo giorno. Il primo messaggio agli elettori laburisti dopo la sua elezione era stato costretto a registrarlo dal salotto di casa sua, per via delle restrizioni per il coronavirus, ed era sembrata una buona immagine di quanta fatica avrebbe fatto per farsi notare.
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Secondo Rawnsley, tuttavia, in pochi giorni Starmer ha trovato il tono giusto, riuscendo a criticare il governo per le cose che non funzionavano mostrandosi però sempre pronto a collaborare e dare suggerimenti in modo costruttivo. Durante i question time – le sessioni parlamentari in cui il primo ministro risponde alle domande dei parlamentari – Starmer è sembrato sempre estremamente preparato su quello che stava succedendo e calmo nel modo di raccontarlo, riuscendo più volte a mettere in difficoltà Boris Johnson.
Nei giorni del caso Cummings, il consigliere di Johnson accusato di aver violato le restrizioni per il coronavirus, Starmer si è anche mostrato tatticamente molto preparato, ha scritto Rawnsley. Ha lasciato che fossero i suoi parlamentari a chiedere rumorosamente il licenziamento di Cummings, cosa che difficilmente sarebbe successa, e si è limitato a dire che lui in circostanze analoghe avrebbe licenziato un suo consigliere.
Un simile acume per la tattica, ha scritto sempre Rawnsley, Starmer lo ha mostrato anche più recentemente, nelle discussioni sull’abbattimento della statua del commerciante di schiavi Edward Colston a Bristol. Molti gli chiedevano di schierarsi con i manifestanti – cosa che lo avrebbe lasciato esposto alle critiche dei Conservatori: lui ha condannato l’abbattimento, spiegando però che la statua avrebbe dovuto essere stata eliminata molto tempo prima.
Che in questi primi mesi Starmer abbia lavorato bene lo dicono anche i sondaggi sulla sua popolarità. Secondo un sondaggio di Ipsos Mori, il suo “indice netto di soddisfazione” – la differenza tra chi si dice “soddisfatto” e “insoddisfatto” di un leader politico – è ai livelli di quello che aveva Tony Blair quando diventò segretario nel 1994 ed è enormemente più alto di quello che aveva Jeremy Corbyn. Gli elettori indecisi, ha inoltre detto all’Economist il direttore di Ipsos Mori, tendono a preferire Starmer e secondo un recente sondaggio di YouGov gli elettori trovano Starmer meno gradevole di Johnson, ma più risoluto e competente.
Il problema, dice l’Economist, è che mentre Starmer è molto apprezzato, il suo partito continua a faticare. Anche se nei sondaggi il distacco dai Conservatori si è ridotto, gran parte degli elettori continua a considerare il Partito Conservatore come quello più affidabile per gestire l’economia e in generale il più moderato.
A pesare sulla reputazione dei Laburisti è in parte l’eredità degli anni di Jeremy Corbyn, che era riuscito a spostare il partito molto a sinistra, conquistando molti elettori tra i giovani delle grandi città ma perdendone molti altri nelle aree in cui era tradizionalmente molto forte. Un rapporto pubblicato a giugno da Labour Together – un centro studi legato al partito – sostiene che i cambiamenti demografici e culturali dei prossimi anni continueranno a rendere il Partito Laburista più debole in tantissimi collegi che per decenni erano stati vinti con semplicità e indica il pericolo che alle prossime elezioni lo spostamento di voti verso il Partito Conservatore possa continuare.
L’Economist scrive che Starmer si sta occupando di riorganizzare il partito e tagliare i legami con quello che era stato negli anni di Corbyn. Internamente, sostengono anche molti parlamentari, l’organizzazione del lavoro è tornata quella rigorosa di un tempo, anche nelle cose più piccole come la puntualità dell’inizio delle riunioni. E Starmer è riuscito a togliere ai politici più vicini a Corbyn i ruoli di responsabilità che avevano occupato negli ultimi anni, a partire da quelli nella National Executive Committee, l’organizzazione che governa il partito.
Dal punto di vista della comunicazione, ai parlamentari è stato imposto di smettere di incolpare i giornali e la stampa per le critiche ricevute e Starmer ha deciso di semplificare molto il programma elettorale del partito, che Corbyn aveva strutturato intorno a 125 “promesse”. Uno dei principali problemi di immagine che aveva avuto il partito negli ultimi anni era legato alle accuse di antisemitismo, che riguardavano molti parlamentari ma anche lo stesso Corbyn. Anche su questo Starmer è intervenuto con molta decisione, chiedendo formalmente scusa alle associazioni ebraiche britanniche e promettendo riforme nel codice di condotta del partito.
Giovedì 25 giugno la ministra ombra laburista per l’Istruzione, Rebecca Long-Bailey, è stata criticata per aver condiviso su Twitter un articolo che, tra molte cose, sosteneva che la polizia statunitense avesse appreso le tattiche più violente di gestione dell’ordine pubblico dai servizi segreti israeliani. Israele ha negato che questo fosse mai successo e Starmer ha licenziato Long-Bailey, sostenendo che avesse condiviso una teoria del complotto antisemita.
Il buon inizio di Starmer, tuttavia, potrebbe non essere abbastanza per tornare a vincere le elezioni. In parte perché il partito sembra sempre in difficoltà in Scozia, dove per decenni aveva sempre vinto ma dove è ormai stato marginalizzato dallo Scottish National Party, in parte perché potrebbe essere ancora presto per valutare il lavoro di Starmer.
L’ex europarlamentare di destra Patrick O’Flynn, sullo Spectator, ha dato un’interpretazione di questi mesi opposta a quella di molti analisti. È vero che il governo ha pagato gli errori sulla gestione dell’epidemia e che Starmer è stato bravo a sfruttarli, ma è anche vero che l’eccezionalità della situazione è in parte una scusante e che la gestione economica dell’emergenza è stata da molti considerata eccellente e ben organizzata. Quando la crisi economica farà sentire i suoi effetti il prossimo autunno, ha scritto O’Flynn, è possibile che gli elettori tornino nuovamente a sostenere il partito che negli ultimi anni si è dimostrato il più competente e apprezzato a gestire l’economia.