È di nuovo il momento di Angela Merkel
Dopo un periodo di appannamento è tornata popolarissima e influente, e può capitalizzare questa situazione grazie alla presidenza di turno dell'UE
All’inizio del 2020 Angela Merkel, a 65 anni, era considerata una leader politica praticamente finita. Dopo avere annunciato che si sarebbe ritirata dalla politica alla fine del suo quarto mandato da cancelliera nel 2021, il suo capitale politico si era assottigliato al punto che non era riuscita a proteggere la sua erede designata da una polemica interna, mentre i sondaggi la davano in continua discesa. I giornali la definirono con l’espressione gergale lame duck, “un’anatra zoppa” priva di sostegno persino all’interno del suo partito, che come le forze conservatrici di mezza Europa si stava spostando sempre più a destra: cioè sempre più lontano da lei.
La pandemia da coronavirus ha cambiato tutto. La gestione visibilmente efficiente della crisi da parte del governo tedesco, la tendenza del consenso popolare a coagularsi attorno a un leader nei momenti più difficili, e qualche dichiarazione efficace diventata virale hanno garantito a Merkel un tasso di popolarità simile a quello di un leader autoritario, vicino all’80 per cento. «È come se si fosse rigenerata», ha detto un funzionario tedesco al Financial Times.
Merkel ha già sfruttato il momento favorevole trovando un compromesso col presidente francese Emmanuel Macron diventato la base per il futuro Fondo per la ripresa, il principale strumento europeo per contrastare la crisi economica dovuta alla pandemia. Ma nei prossimi mesi Merkel potrebbe capitalizzare ulteriormente il nuovo capitale politico accumulato: dal primo luglio la Germania, cioè il governo tedesco, controllerà la presidenza di turno dell’Unione Europea.
«Sei mesi fa, quando parlavi con qualcuno a Berlino, avevi l’impressione che non avessero davvero idea di cosa fare con la presidenza europea», ha raccontato al Financial Times Lucas Guttenberg, analista economico ed ex funzionario della BCE: «oggi hanno un’agenda proattiva».
L’interventismo tedesco in ambito europeo è una relativa novità. «Dopo la Guerra fredda, la Germania riunificata e posizionata comodamente nel cuore dell’Europa cercò soprattutto di mantenere un certo equilibrio nelle sue relazioni con gli Stati Uniti, il suo principale protettore, il resto dei paesi europei e la Russia, enfatizzando il multilateralismo e la necessità di mantenere aperti i mercati», scrive Politico.
Nel 2005, quando iniziò il suo mandato da cancelliera, Merkel era nota soprattutto per il suo pragmatismo e l’incrollabile fiducia nella cooperazione internazionale fra paesi che hanno interessi diversi ma conciliabili, figli dell’epoca precedente.
Negli anni successivi intorno a lei è cambiato tutto: Merkel ha assistito a due grandi crisi economiche, alla nascita dei populismi e all’uscita del secondo più ricco paese europeo dall’Unione Europea, a un flusso migratorio di centinaia di migliaia di richiedenti asilo, e a decine di leader che si sono susseguiti uno dopo l’altro nei summit europei. L’ultima volta che alla Germania è toccata la presidenza di turno dell’UE era il 2007: fra i 32 leader politici che avevano partecipato all’ultimo summit, soltanto uno è ancora in carica: Angela Merkel.
Il vuoto politico nelle altre capitali europee e la necessità di preservare l’impianto economico europeo – di cui la Germania è la principale beneficiaria – hanno spinto Merkel a ritagliarsi un ruolo sempre più rilevante: dalla decisione politica di salvare l’eurozona a ogni costo fino a quella di aprire i confini tedeschi per un milione di profughi siriani, Merkel da anni è la leader più influente in Europa, tanto che un articolo di due anni fa del New Yorker sostiene che l’ex presidente americano Barack Obama la convinse a ricandidarsi a un ultimo mandato, nel 2017, per bilanciare l’elezione di Trump e l’imminenza di Brexit.
La recente decisione di sbloccare le trattative sul Fondo per la ripresa, appoggiata anche da una classe di economisti più giovane e meno rigida di quella precedente, dimostra che Merkel è disponibile a prendersi lo spazio necessario, e trovare soluzioni creative a problemi complessi.
Nei prossimi mesi avrà a disposizione, forse per la prima e unica volta durante il suo mandato, un potere paragonabile a quello di un super-capo di stato.
La presidenza dell’Unione permette di controllare i lavori del Consiglio dell’UE, cioè l’organo dove sono rappresentati i governi nazionali, considerato unanimemente l’istituzione europea più difficile da convincere quando si parla di misure ambiziose. Il paese che lo presiede ha il potere di convocare le riunioni dei ministri, decidere di cosa occuparsi e cosa trascurare, e infine assume il ruolo di facilitatore per trovare compromessi e sbloccare l’iter legislativo di certe misure.
Quando la presidenza viene assunta da paesi meno influenti o che non hanno a disposizione un efficiente corpo diplomatico e amministrativo, i sei mesi della presidenza di turno possono trascorrere senza grandi sussulti. Ma il profilo della Germania è molto diverso da quello di Croazia, Finlandia, Romania, Austria, Bulgaria ed Estonia, cioè i paesi che hanno mantenuto la presidenza negli ultimi tre anni.
– Leggi anche: I Paesi Bassi sono un problema per l’Europa?
I piani di Merkel e del governo tedesco sono molto ambiziosi. In un discorso pronunciato la settimana scorsa al Parlamento tedesco, Merkel ha annunciato che intende trovare un compromesso sia sul Fondo per la ripresa sia sul budget pluriennale dell’Unione Europea fra 2021 e 2027, entrambi bloccati a causa dell’opposizione dei paesi cosiddetti “Frugal Four” (Austria, Danimarca, Paesi Bassi e Svezia), sugli obiettivi per la riduzione di emissioni inquinanti entro il 2030 – l’Unione Europea deve trovare una posizione comune prima del prossimo summit mondiale sul clima di Glasgow, in programma nel 2021 – e sulla riforma del Regolamento di Dublino, il collo di bottiglia legislativo che negli scorsi anni ha costretto Italia e Grecia a trattenere sul proprio territorio decine di migliaia di richiedenti asilo.
Entro la fine del 2020, inoltre, l’Unione Europea dovrà negoziare un accordo commerciale col Regno Unito per scongiurare il nuovo rischio di un no deal, tenere due importanti summit con la Cina e l’Unione Africana, organizzare una dibattuta Conferenza sul futuro dell’Europa e realisticamente prendere una decisione definitiva sullo sviluppo delle infrastrutture della rete 5G. Tutto questo, durante una pandemia di cui molti esperti temono una seconda ondata fra l’autunno e l’inizio dell’inverno.
– Leggi anche: Il green deal europeo, spiegato bene
Mentre la strada per un compromesso sul Fondo e il bilancio sembra tracciata – la fazione guidata da Germania e Francia dovrà concedere alcune vittorie simboliche ai “Frugal Four”, come condizioni assai severe per i paesi del Sud che riceveranno più soldi come Italia e Spagna – su tutte le altre questioni il governo tedesco deve ancora far sapere quale direzione intende seguire.
Le aspettative e le premesse sono così ambiziose che il rischio di fallire è molto concreto. Prima dell’emergenza sanitaria l’economia tedesca era una delle più in difficoltà in Europa, e anche oggi rischia quella che l’Economist ha definito «una profonda recessione». Il malcontento potrebbe riemergere a breve intaccando il consenso di Merkel e privandola del capitale politico necessario per trovare ambiziosi compromessi in Europa.
Le scelte creative di Merkel, inoltre, potrebbero aver fatto perdere alla Germania alcune caratteristiche che la rendevano un facilitatore credibile sia per i paesi del Nord – quelli che si oppongono a misure ambiziose sul Fondo per la ripresa – sia per i paesi dell’Est, che invece osteggiano qualsiasi riforma sull’accoglienza dei migranti.
Le misure prese da Merkel potrebbero anche avere degli effetti collaterali: Politico ricorda che la decisione di accogliere i profughi siriani in Germania «alimentò la crescita dell’estrema desta di Alternative für Deutschland, che oggi fa parte a pieno titolo del panorama politico locale», mentre le condizioni imposte alla Grecia hanno generato un esteso sentimento anti-tedesco in buona parte dei paesi del Sud Europa.
La stessa Merkel sembra essersi resa conto della difficoltà della situazione, quando durante il suo recente discorso al Parlamento tedesco ha avvertito che la pandemia «ha mostrato quanto il progetto di integrazione europea rimanga fragile».