Le complicazioni che causa la COVID-19 al cervello
La malattia causata dal coronavirus può portare a ischemie, psicosi e alterazioni simili alla demenza, segnalano i primi studi neurologici intorno alla pandemia
A sei mesi circa dalle prime polmoniti atipiche a Wuhan in Cina, medici e ricercatori continuano a scoprire nuove cose sulle caratteristiche del coronavirus (SARS-CoV-2) e dei suoi effetti sul nostro organismo. Nei casi più gravi la COVID-19 comporta soprattutto complicazioni a carico dell’apparato respiratorio, ma può avere effetti su molti altre parti del corpo: compreso il cervello.
Uno studio svolto nel Regno Unito, e di recente pubblicato sulla rivista scientifica Lancet Psychiatry, ha rilevato come il coronavirus possa causare problemi a livello neurologico e psichiatrico, portando a ictus, demenza e psicosi. Questi effetti, per quanto meno frequenti rispetto a quelli che interessano i polmoni, possono essere riscontrati sia nei pazienti anziani e quindi più a rischio, sia nei pazienti più giovani.
La ricerca è stata svolta raccogliendo e analizzando i dati clinici di 125 pazienti ricoverati per COVID-19 e che avevano poi sviluppato complicazioni neurologiche. Gli autori scrivono che 57 pazienti avevano subìto un’ischemia cerebrale, cioè una netta riduzione del flusso sanguigno a un’area del loro cervello a causa della formazione di un grumo di sangue (embolo). Altri 39 pazienti hanno invece mostrato una sensibile alterazione del loro stato mentale.
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Le analisi hanno evidenziato la presenza di un’infiammazione del cervello (encefalite), che nei casi più gravi può comportare temporanei stati di confusione e difficoltà a muoversi. Dieci pazienti hanno inoltre sviluppato psicosi, mentre altri sei hanno mostrato difficoltà cognitive paragonabili a quelle della demenza.
Lo studio ha riguardato pazienti con un’età compresa tra i 20 e i 90 anni, con sintomi gravi da COVID-19, tali da avere reso necessario il loro ricovero. Le ischemie sono risultate più frequenti tra gli individui più anziani, mentre gli stati di alterazione mentale hanno riguardato nella metà dei casi pazienti con meno di 60 anni, che dovrebbero essere meno esposti ai rischi che comporta un’infezione da coronavirus.
Non è ancora chiaro quali siano i meccanismi che comportano questi effetti a carico del sistema nervoso centrale. I ricercatori sospettano che possano essere causati direttamente dal virus, o dalla risposta immunitaria che a volte finisce fuori controllo e causa infiammazioni molto estese ai tessuti nei quali si sta replicando il coronavirus. Altre ricerche hanno evidenziato come la COVID-19 comporti un’infiammazione del rivestimento interno dei vasi sanguigni (endotelio), facendo aumentare il rischio della formazione di trombi, che circolano poi nell’organismo e – se non disciolti per tempo – possono causare ischemie.
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Sulle psicosi la ricerca è invece più cauta e segnala che accade spesso che individui con infezioni importanti arrivino in ospedale in stato confusionale, specialmente se le loro condizioni sono tali da richiedere un ricovero in terapia intensiva.
Altre ricerche sugli effetti del coronavirus per il cervello erano state svolte nei mesi scorsi in Cina e in Europa, ma su casi limitati e difficili da mettere in relazione. Il nuovo studio è stato invece realizzato grazie alle informazioni raccolte tramite una rete di segnalazione, che ha coinvolto neurologi, psichiatri, esperti in ischemie e specialisti al lavoro nelle unità di terapia intensiva.
Il numero di casi esaminati è superiore a quello di buona parte delle analisi svolte finora, ma non consente comunque di avere ancora elementi per trarre conclusioni più chiare e generali. È ancora passato troppo poco tempo dall’inizio dell’epidemia per comprendere quali possano essere gli effetti della COVID-19 dal punto di vista neurologico nel medio-lungo periodo. Tra alcuni mesi la quantità di dati raccolti – sia sui nuovi casi sia sull’evoluzione di chi ha avuto la malattia ed è guarito – dovrebbe essere tale da offrire maggiori risposte e spunti per trattamenti più efficaci.