Giulio Gallera dice che gli ospedali privati della Lombardia vanno ringraziati
«Hanno aperto le loro terapie intensive e le loro stanze lussuose ai pazienti ordinari», ha detto: ma lo hanno fatto con i soldi del servizio sanitario nazionale
Giulio Gallera, assessore al Welfare della Lombardia ed esponente di Forza Italia, ha partecipato mercoledì a un incontro online organizzato da Rcs Academy, la business school del gruppo Rcs, parlando tra le altre cose del ruolo degli ospedali privati durante l’epidemia da coronavirus. Gallera ha detto: «Gli ospedali privati vanno ringraziati perché hanno aperto le loro terapie intensive e le loro stanze lussuose ai pazienti ordinari». La frase di Gallera – già ampiamente preso di mira in diverse occasioni per la gestione dell’emergenza in Lombardia – è stata molto criticata da esponenti del governo nazionale e da membri dell’opposizione regionale.
Jacopo Scandella, consigliere regionale lombardo del PD e candidato alla presidenza della commissione di inchiesta che dovrebbe valutare l’operato del governo regionale durante l’emergenza sanitaria, ha specificato su Facebook che i letti degli ospedali privati sono stati pagati dal servizio sanitario nazionale, «non regalati». Pierfrancesco Majorino, parlamentare europeo per il PD, ha criticato le espressioni «paziente ordinario» e «stanze lussuose», e ha aggiunto: «Non mi vergogno a dirlo. Io voglio che la sanità lombarda sia ribaltata».
Le parole di Gallera sono state commentate anche da Stefano Buffagni, viceministro allo Sviluppo economico (M5S), che ha scritto su Facebook: «Per Gallera ci sono pazienti di serie B? Ma Gallera non si vergogna? Cosa significa “pazienti ordinari”? Queste non sono solo cose che un assessore al Welfare non dovrebbe dire… Non dovrebbe proprio pensarle!!! I cittadini sono tutti uguali! Non esistono pazienti di serie A e di serie B».
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Il sistema sanitario che in Lombardia ha affrontato la pandemia è frutto in gran parte della visione di Roberto Formigoni, presidente della regione dal 1995 al 2013, esponente di Forza Italia e membro dei Memores Domini, la confraternita a cui appartengono alcuni importanti membri dell’influente associazione cattolica Comunione e Liberazione. Formigoni, animato da idee liberali e dalla dottrina cattolica della sussidiarietà, creò un sistema alla cui base c’era, come sosteneva lui stesso, «la libertà di scelta del cittadino». La libertà, cioè, di scegliere se farsi curare dal servizio sanitario pubblico o da quello privato.
La visione di Formigoni venne resa possibile dalle riforme sanitarie che dagli anni Novanta resero gli ospedali italiani sempre più simili ad aziende, con bilanci autonomi e manager professionisti, e che consegnarono ai governi regionali – competenti sulla sanità in base a quanto stabilisce la Costituzione – l’autonomia di organizzarli come preferivano. In Lombardia la crescente privatizzazione del sistema sanitario avvenne tra occasionali scandali che coinvolsero periodicamente imprenditori, politici, dirigenti sanitari fino allo stesso Formigoni, che nel 2016 venne condannato per corruzione e trascorse sei mesi in carcere. I suoi successori – Roberto Maroni e Attilio Fontana della Lega – hanno mantenuto lo stesso approccio.
Oggi circa metà della sanità lombarda è privata: opera per gran parte in regime di convenzione con il pubblico, cioè viene pagata dalla Regione per offrire le stesse tariffe e la stessa qualità di prestazioni del servizio pubblico. In alcune aree della regione, i privati sono divenuti i gestori dominanti della sanità locale. Secondo gli studi della professoressa Maria Sartor dell’Università Statale di Milano, il Gruppo San Donato – la più grande azienda di sanità privata in regione – raccoglie da solo il 14 per cento dell’intero fatturato regionale per i ricoveri: un servizio che ogni anno ammonta a circa un quarto dei 19 miliardi di euro dell’intero bilancio sanitario regionale.
Il fatto che i privati siano così importanti per la sanità lombarda, e il loro contributo alla gestione della crisi, è oggi al centro del dibattito sulla risposta all’epidemia di COVID-19.