Come va la ricerca sulle leucemie, i linfomi e il mieloma
Negli ultimi vent'anni si sono fatti molti progressi con la medicina di precisione e le immunoterapie, ma c'è ancora tanto da fare e il coronavirus ha rallentato molti studi
Il 21 giugno è la Giornata nazionale per la lotta contro le leucemie, i linfomi e il mieloma, genericamente chiamati tumori del sangue. Istituita ufficialmente nel 2014 dal Consiglio dei ministri, ha lo scopo di sensibilizzare sulle condizioni dei malati e delle loro famiglie e dare informazioni sullo stato della ricerca scientifica contro queste malattie. Se ne occupa soprattutto l’AIL, l’Associazione Italiana contro le leucemie, i linfomi e il mieloma, che negli ultimi cinquant’anni ha investito in ricerca più di 142 milioni di euro e solo nell’ultimo anno ha finanziato più di duecento studi per 9 milioni e 261mila euro.
I tumori del sangue si distinguono dalle altre forme di cancro perché non hanno una forma solida e un solo organo bersaglio, ma hanno effetto sulla produzione di cellule che circolano nel corpo, nel sistema sanguigno o in quello linfatico. Non si possono dunque rimuovere con la chirurgia e la ricerca per trovare terapie farmacologiche è fondamentale.
Le leucemie colpiscono le cellule contenute nel midollo osseo che producono le cellule del sangue, cioè i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine, e fanno sì che le cellule staminali da cui si originano le cellule del sangue proliferino in modo incontrollato. I linfomi invece sono tumori dovuti alla proliferazione incontrollata di un particolare tipo di globuli bianchi: i linfociti, cioè le cellule che si occupano di contrastare le infezioni. Infine il mieloma – o meglio, il mieloma multiplo e le gammopatie monoclonali – è un’altra varietà di tumore del sangue che causa la proliferazione di un gruppo di plasmacellule, quelle che producono gli anticorpi.
In vista della Giornata nazionale per la lotta ai tumori del sangue, il presidente nazionale di AIL Sergio Amadori, professore onorario di Ematologia – la branca della medicina che si occupa del sangue – all’Università Tor Vergata di Roma, ha spiegato a che punto siamo con la ricerca su queste malattie.
La direzione lungo la quale si sta facendo ricerca negli ultimi 15 anni è quella delle terapie personalizzate e della medicina di precisione, di cui si parla sempre di più anche per altre patologie. In parole semplici, in futuro non si cercheranno più cure per le leucemie, i linfomi e il mieloma in generale, ma per specifici tumori di specifiche persone. Infatti ogni tumore è diverso dagli altri non solo per il tipo di organo che colpisce, ma anche per le sue cause genetiche o molecolari. Indagando su queste cause è possibile creare farmaci personalizzati, detti anche “intelligenti”, che riconoscano lo specifico tumore del malato in questione.
«Lo sviluppo di questo approccio ha portato nel tempo ad un’evoluzione e una rivoluzione nel trattamento dei tumori del sangue, anche a livello di risultati. Fino a 20 anni fa l’unica arma a disposizione di un ematologo era la chemioterapia, un mix di farmaci citotossici che impedisce la proliferazione delle cellule tumorali ma che colpisce allo stesso modo tessuti sani e malati, con effetti collaterali molto pesanti. A differenza della chemioterapia, il farmaco intelligente o a bersaglio molecolare è invece selettivo, più efficace e molto più tollerabile. È infatti dotato di un ‘detector’, o recettore, creato in laboratorio che gli permette di individuare e neutralizzare solo le cellule malate e questo si traduce in risposte migliori e più durature alla terapia e in un incremento notevole della qualità di vita del paziente», ha detto Amadori.
Grazie alla medicina di precisione è stato possibile dare ai malati di leucemia mieloide cronica la stessa aspettativa di vita dei loro coetanei sani, invece che solo quattro o cinque anni. La sopravvivenza dei malati di mieloma invece è raddoppiata negli ultimi dieci anni.
Ci sono poi anche altri ambiti in cui si sono fatti progressi, come quello dell’immunoterapia, che sfrutta le capacità del sistema immunitario per individuare e neutralizzare le cellule tumorali. In una persona sana questa capacità funziona bene, mentre nei malati no e le cellule tumorali proliferano. La ricerca ha permesso di sviluppare farmaci che fanno attivare nel modo giusto il sistema immunitario. «I risultati in questo settore devono essere ancora perfezionati ma i dati finora in nostro possesso sono estremamente promettenti, in particolare per la terapia a base di cellule Car-T», ha spiegato Amadori. Le cellule Car-T sono linfociti prelevati dai pazienti e “riprogrammati” in laboratorio in modo da poter riconoscere il tumore e attaccarlo. Grazie ad esse si sono potute curare persone per cui non esistevano altre terapie.
A oggi tuttavia le Car-T si possono usare solo in casi particolari: hanno una tossicità molto alta e per questo possono essere prescritte solo a pazienti in buone condizioni fisiche, capaci di resistere a gravi complicanze. Inoltre non è ancora possibile realizzare terapie personalizzate per tutti i tipi di tumori del sangue. Per malattie come il mieloma multiplo, ad esempio, non esiste ancora una cura definitiva, si riesce solo a “cronicizzarlo”, cioè tenerlo sotto controllo. Per questo è importante continuare a fare ricerca. Durante l’emergenza legata al coronavirus anche la ricerca sulle altre malattie ha rallentato, come molti altri settori, quindi ora AIL sta cercando di riattivare molti progetti di studio che hanno risentito dell’epidemia.
Cosa fa AIL per la ricerca
AIL sostiene la ricerca scientifica grazie alle sue 81 sedi provinciali sparse per l’Italia e grazie al GIMEMA (Gruppo Italiano Malattie EMatologiche dell’Adulto), una fondazione non profit per lo sviluppo e la promozione della ricerca scientifica a cui aderiscono più di 140 centri di ematologia di tutta Italia.
I progetti di ricerca sostenuti da AIL riguardano direttamente leucemie, linfomi, mielodisplasie e il mieloma, ma anche aspetti clinici, possibili terapie con le cellule staminali, i trapianti di midollo osseo, la genetica, i farmaci e la psicologia dei pazienti, tra le altre cose. AIL inoltre finanzia borse di studio per giovani ricercatori. Ogni anno, in occasione dei due più importanti convegni ematologici italiani – il convegno nazionale delle Società di Ematologia (SIE) e il convegno nazionale della Società di Ematologia Sperimentale (SIES) – ne assegna quattro, del valore di 30mila euro ciascuna.
In questi giorni, per via della ricorrenza del 21 giugno, AIL ha organizzato alcune iniziative speciali. Una di queste è l’attivazione di un numero verde – l’800 22 65 24 – a cui per tutta la giornata di oggi, 19 giugno, alcuni tra i più illustri ematologi italiani saranno disponibili a rispondere alle domande di pazienti e familiari. A livello locale poi le sezioni di AIL racconteranno delle loro attività a sostegno di malati e famiglie, andate avanti anche durante l’emergenza sanitaria legata al coronavirus: i servizi di cure domiciliari, potenziati negli scorsi mesi, i servizi di informazione e il sostegno ai centri ematologici. Per dare un proprio contributo a aiutarle nel loro lavoro si può fare una donazione partendo da qui.