La Corte Suprema ha stabilito che Trump non può abrogare il programma a favore degli immigrati irregolari arrivati da bambini
La Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito che il presidente Donald Trump non può abrogare il DACA (da “Deferred Action for Childhood Arrivals”), il programma voluto dall’amministrazione Obama grazie a cui gli immigrati irregolari arrivati negli Stati Uniti da bambini, seguendo i propri genitori, sono stati fin qui immuni dalle espulsioni e hanno avuto la possibilità di ottenere permessi di lavoro. Nel verdetto, sostenuto dal giudice anziano John G. Roberts (conservatore) e da quattro giudici progressisti, si legge che l’amministrazione Trump non ha fornito una giustificazione adeguata per porre fine al programma.
Obama introdusse il DACA nel 2012 perché il Congresso non riusciva ad approvare una legge sull’immigrazione chiamata DREAM Act. L’espressione è l’acronimo di “Development, Relief, and Education for Alien Minors Act”, cioè “Legge per lo Sviluppo, il Sostegno e l’Istruzione dei Minorenni Stranieri”, ma è anche un riferimento all’American dream, il sogno americano, e la ragione per cui oggi i beneficiari del DACA vengono anche chiamati “DREAMers” o “dreamers”, sognatori. A differenza del DREAM Act, il DACA non permette di avere la cittadinanza ma offre a queste persone varie garanzie, se ne fanno richiesta, per un periodo di due anni; la richiesta poi può essere rinnovata. Il programma riguarda circa 800mila persone che sono cresciute negli Stati Uniti.
Nel settembre del 2017 Trump aveva deciso di abrogarlo, sostenendo che i dreamers fossero immigrati irregolari come gli altri, e aveva chiesto al Congresso di rimpiazzare il programma con una nuova legge entro il 5 marzo 2018, giorno in cui si sarebbe concluso ufficialmente il DACA. La decisione fu bloccata da vari ricorsi presentati in tutto il paese, che hanno portato al pronunciamento della Corte Suprema.