La Nuova Zelanda ha registrato due casi di contagio da coronavirus per la prima volta in 24 giorni
Ieri la Nuova Zelanda ha registrato due casi di contagio da coronavirus per la prima volta in 24 giorni: sono due donne provenienti dal Regno Unito che erano arrivate nel paese il 7 giugno. Dal 9 giugno la Nuova Zelanda ha revocato tutte le restrizioni che erano state decise per contenere la diffusione del coronavirus, lasciando però in vigore il divieto all’arrivo di persone dall’estero, tranne che in rare eccezioni. È il caso delle due persone provenienti dal Regno Unito – di cui non si sa se siano di nazionalità britannica o neozelandese – a cui era stato concesso di viaggiare in Nuova Zelanda per visitare un parente in fin di vita.
Dopo essere arrivate in Nuova Zelanda le due donne si erano messe in quarantena in un hotel di Auckland, come prevede la normativa del paese. Nel frattempo il loro parente era morto e il 13 giugno avevano ricevuto il permesso di andare a Wellington, dove si sarebbe tenuto il funerale.
Lunedì 15 giugno le due donne sono però state sottoposte al test del coronavirus, e sono risultate entrambe positive. Secondo le autorità sanitarie locali, le due avevano viaggiato da Auckland a Wellington utilizzando un mezzo privato, e una volta arrivate al funerale erano state in contatto con un solo familiare, che al momento è stato messo in quarantena. Solo dopo il risultato del test, una delle due donne ha detto che nei giorni precedenti aveva mostrato alcuni sintomi riconducibili alla COVID-19, ma che li aveva attribuiti a una malattia di cui soffre da tempo.
Tutte le persone che potrebbero essere state a contatto con le due donne, comprese quelle che viaggiavano sui loro aerei e quelle che si trovavano nell’hotel di Auckland in cui erano in quarantena, saranno contattate e sottoposte al test.
La Nuova Zelanda finora ha registrato meno di 1.500 casi di contagio e solamente 22 morti, grazie anche a precoci chiusure arrivate già con i primi casi lo scorso 25 marzo, un approccio che era stato lodato da diversi commentatori internazionali e dall’Organizzazione mondiale della sanità. La gestione dell’emergenza da parte della Nuova Zelanda era stata definita come una strategia “di eliminazione”, anziché “di contenimento”, come quella degli Stati Uniti e di altri paesi europei.