Perché in Perù sta andando così male
Uno dei paesi più colpiti dall'epidemia da coronavirus è stato anche il primo in America Latina a imporre un rigido lockdown, che però si è dimostrato insufficiente a evitare la crisi
Lo scorso 16 marzo, quando in Perù erano stati accertati solo 71 casi positivi di coronavirus, il governo peruviano guidato dal presidente Martín Vizcarra decise di imporre un rigido lockdown in tutto il paese: vennero chiusi i confini nazionali e proibiti gli spostamenti interni, fu ordinata la chiusura di tutte le attività non essenziali e fu approvato un pacchetto economico a favore delle persone che sarebbero state costrette a rimanere a casa dal lavoro. A metà marzo l’epidemia non aveva ancora investito l’America Latina, ma il Perù voleva muoversi in anticipo e prendere tutte le precauzioni affinché l’emergenza non si trasformasse in una crisi di portata nazionale.
Oggi, a tre mesi di distanza e nonostante tutte le misure restrittive imposte dal governo, il Perù è uno dei paesi latinoamericani più colpiti dall’epidemia, insieme al Brasile. Ha registrato finora 229.736 casi positivi, solo 7mila in meno dell’Italia, e 6.688 morti, anche se i numeri reali sono molto più alti. Il suo sistema sanitario sta collassando e il numero dei nuovi casi positivi accertati sta continuando ad aumentare di giorno in giorno, facendo pensare che il picco sia ancora piuttosto lontano.
L’epidemia sta colpendo soprattutto i quartieri più affollati delle grandi città peruviane, tra cui Lima, città che conta dieci milioni di abitanti, e la situazione potrebbe peggiorare con le prime riaperture. Come sta succedendo in diversi altri paesi del mondo sviluppato colpiti dall’epidemia, anche il governo peruviano ha infatti deciso di allentare le misure restrittive per cercare di far ripartire l’economia: negli ultimi tre mesi, solo a Lima più di un milione di persone è rimasto senza lavoro, e secondo le stime della Banca Mondiale quest’anno l’economia peruviana si contrarrà del 12 per cento, il dato peggiore di tutto il Sud America. Il timore è che con le prime riaperture i dati sul contagio possano ulteriormente peggiorare.
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La crisi che ha investito il Perù, ha scritto il Wall Street Journal, sta mostrando tutte le difficoltà dei paesi in via di sviluppo colpiti dalla pandemia da coronavirus: sta mostrando cioè che anche ampie misure restrittive come un lockdown possano essere rese inefficaci quando minate da problemi strutturali.
Tra le altre cose, il Perù ha un sistema sanitario malconcio e un’enorme economia informale in cui il 70 per cento della forza lavoro non ha reti di sicurezza. Ci sono profonde disuguaglianze tra la popolazione: la maggior parte delle persone non ha un conto in banca e nemmeno un frigorifero, e in molte case manca l’acqua corrente. Questo ha costretto moltissime famiglie a comprare molto di frequente beni di prima necessità, e ad andare fisicamente in banca per ritirare i sussidi del governo ai più poveri. Mercati e banche sono diventati luoghi di grandi assembramenti, dove il coronavirus ha continuato a diffondersi nonostante il lockdown.
Il governo peruviano è stato criticato per esempio per avere limitato il tempo disponibile per andare a fare la spesa, di fatto favorendo la creazione di assembramenti soprattutto nei mercati in cui si vende cibo: a maggio circa l’80 per cento dei venditori di un mercato di frutta di Lima era risultato positivo al coronavirus. Il governo è stato criticato anche per diversi episodi di corruzione: dal 16 marzo ad oggi nel paese sono state aperte più di 500 indagini per verificare se funzionari del governo abbiano intascato il denaro destinato agli aiuti a favore dei più poveri, o a investimenti per acquistare nuovi dispositivi di protezione individuale, come guanti e mascherine.
Lo scorso mese il presidente Vizcarra ha detto che «i risultati [ottenuti con il lockdown] non sono esattamente quelli che ci aspettavamo», e ha aggiunto: «Questa non è solo una crisi sanitaria, ma è anche una crisi sociale ed economica senza precedenti».
Pablo Lavado, economista alla Pacific University di Lima, ha detto al New York Times che il lockdown ha mostrato tutte le fragilità dei progressi economici ottenuti dal Perù negli ultimi due decenni, i quali però non hanno portato a un potenziamento del sistema sanitario nazionale e alla creazione di posti di lavoro più stabili: «Eravamo qui a congratularci con noi stessi per avere iniziato ad essere un “paese di classe media”, ma è venuto fuori che la classe media era molto vulnerabile, molto fragile».
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