Cosa protegge i bambini dal coronavirus
Le migliori condizioni dei loro vasi sanguigni sembrano essere preziose per evitare alcuni degli effetti più gravi della COVID-19, che interessano soprattutto gli anziani
Il tasso di letalità della COVID-19 tra i bambini è molto basso, così come il rischio di sviluppare sintomi gravi a causa del coronavirus, soprattutto rispetto alle fasce della popolazione più anziane e maggiormente esposte alla malattia. La comprensione delle cause di questa marcata differenza potrebbe offrire spunti per sviluppare trattamenti più efficaci, e per questo da mesi medici e ricercatori sono al lavoro per raccogliere dati sulla COVID-19 tra i bambini e metterli a confronto con quelli degli adulti. Dai loro primi studi sembra che le migliori condizioni dei vasi sanguigni nei più piccoli possa essere un fattore rilevante, offrendo protezione dalle gravi complicazioni che negli anziani fanno aumentare considerevolmente il rischio di morte.
Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, dall’inizio dell’epidemia in Italia ci sono stati 4 morti nella fascia di età fino ai 9 anni, mentre non sono stati registrati decessi tra i bambini e i ragazzi con età compresa tra 10 e 19 anni, su un totale di quasi 33mila morti rilevate in tutte le fasce di età (i decessi sono sicuramente di più e come sappiamo censirli tutti è complicato).
In generale, gli individui più giovani hanno migliori condizioni di salute, dovute anche a un sistema immunitario più reattivo, che risponde quindi meglio nel contrastare gli agenti infettivi. I bambini sono inoltre più esposti alle infezioni e hanno quindi più probabilità di avere sviluppato una risposta immunitaria che, con le dovute proporzioni, può rivelarsi utile anche contro l’attuale coronavirus.
Diversi ricercatori hanno poi notato che a fare la differenza potrebbero essere i vasi sanguigni. Nei casi più gravi, la COVID-19 può comportare la formazione di coaguli di sangue che possono causare ictus, infarto o embolia polmonare. Sembra che i coaguli si formino in seguito ai danni che il coronavirus causa nell’endotelio, il rivestimento interno dei vasi sanguigni di solito molto liscio proprio per evitare che si formino grumi di sangue.
Il coronavirus può infettare anche le cellule endoteliali, facendole infiammare e compromettendo quindi parte della funzione dei vasi sanguigni, con un maggior rischio di formazione di coaguli. Uno studio condotto su tre pazienti con COVID-19 presso l’ospedale universitario di Zurigo (Svizzera) ha messo in evidenza questa circostanza, riscontrando un’infiammazione significativa dei vasi sanguigni. La ricerca ha riguardato un numero molto limitato di pazienti e saranno necessari ulteriori approfondimenti, ma negli ultimi mesi sono stati comunque segnalati molti casi simili da parte dei medici, soprattutto in pazienti che non sono poi riusciti a superare la malattia e sono morti.
Come buona parte dei tessuti che costituiscono il nostro organismo, anche l’endotelio tende a degenerare con l’invecchiamento. Nei bambini è solitamente in condizioni molto migliori rispetto agli anziani, e secondo i ricercatori questa potrebbe essere una delle spiegazioni della bassa letalità nelle fasce della popolazione più giovane, considerato che buona parte dei decessi per COVID-19 deriva da complicazioni a carico dell’apparato cardiocircolatorio.
Al momento le conoscenze sui meccanismi di azione del coronavirus sull’endotelio sono comunque limitati e richiederanno alcuni approfondimenti. Paul Monagle, ematologo pediatrico presso il Melbourne Children’s Campus (Australia) ha in programma di capirne qualcosa di più attraverso due esperimenti. Nel primo utilizzerà nel suo laboratorio cellule endoteliali infette, esponendole al sangue prelevato da bambini, adulti in salute e persone adulte con malattie vascolari. Confronterà poi i campioni, per verificare come le cellule infette – e non più completamente funzionali – reagiscono ai diversi tipi di sangue, e per studiare l’eventuale formazione di coaguli.
Un altro esperimento prevede invece l’analisi del sangue proveniente da alcuni bambini e alcuni adulti malati di COVID-19. All’interno dei campioni dovrebbero essere osservabili proteine provenienti dalle cellule endoteliali danneggiate, che potrebbero fornire indizi sullo stato di degenerazione indotto dal coronavirus.
Esperimenti di questi tipo dovrebbero offrire qualche spunto in più per comprendere le caratteristiche della COVID-19 e i danni che può comportare al nostro organismo. Potrebbero inoltre aiutare a spiegare perché le persone con diabete e ipertensione, due condizioni che comportano alterazioni dell’endotelio, abbiano in media un maggior rischio di sviluppare sintomi gravi della malattia.