Cosa propongono i Democratici per riformare la polizia statunitense
C'è una proposta di legge che contiene importanti cambiamenti, pur senza avvicinarsi alle richieste più radicali che circolano in questi giorni: ma non passerà
Dopo due settimane di proteste e manifestazioni negli Stati Uniti contro il razzismo e i metodi violenti della polizia, i Democratici hanno annunciato una proposta di legge per introdurre alcune importanti riforme nel funzionamento e nelle regole delle forze dell’ordine. La riforma – federale, che quindi sorpasserebbe le autorità locali a cui fanno riferimento i corpi di polizia – prevede più strumenti per perseguire i poliziotti accusati di condotta violenta, divieti su alcune pratiche molto contestate, corsi di aggiornamento e restrizioni sulle dotazioni militari a disposizione delle forze dell’ordine. Ma per ora sembra difficile che la legge possa essere approvata dal Senato, dove i Repubblicani hanno la maggioranza.
Da giorni nel dibattito pubblico americano si discute delle rivendicazioni del movimento che chiede di tagliare i fondi alla polizia, drasticamente o totalmente a seconda di chi lo propone. È una richiesta radicale che esiste da anni, ma che è diventata più popolare dopo la morte di George Floyd, l’uomo afroamericano ucciso dalla polizia di Minneapolis durante un arresto violento, e dopo i molti episodi di violenze commesse dalla polizia americana durante le proteste di questi giorni.
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Il movimento ha avuto una certa influenza su alcune iniziative locali – Minneapolis ha annunciato di voler smantellare la polizia locale per rimpiazzarla con qualcosa di nuovo, Los Angeles ha ridotto significativamente il budget per la polizia – ma le sue rivendicazioni non hanno vere speranze di essere raccolte dal Partito Democratico (e tantomeno da quello Repubblicano). Sebbene alcuni politici Democratici si siano detti d’accordo con il movimento, la maggior parte dei leader del partito si è detta contrario a tagliare i fondi ma favorevole a riformare la polizia.
House and Senate Democrats kneel in silence in Emancipation Hall for 8 minutes and 46 seconds in remembrance of George Floyd https://t.co/RwRF3r3dVK pic.twitter.com/clQwQEBgxk
— CNN Politics (@CNNPolitics) June 8, 2020
Altri ancora hanno suggerito che siano eventualmente le amministrazioni locali a decidere se prendere strade più radicali: anche se può essere un modo di non schierarsi, questo tipo di posizione ha un suo senso. La maggior parte delle operazioni di polizia che avvengono negli Stati Uniti infatti è gestita a livello statale o delle singole amministrazioni locali, che siano le contee o le città. «È lì che le riforme possono e devono avvenire», ha scritto su Vox German Lopez.
Il candidato Democratico alla presidenza Joe Biden ha già detto che si oppone alla proposta di tagliare i fondi della polizia, ma che sostiene le riforme che vogliono ridurre le mansioni della polizia in modo da affidare a specialisti e assistenti sociali la gestione di alcuni problemi, come quelli legati alle persone tossicodipendenti, senza dimora o con problemi mentali.
Nel frattempo, il Partito Democratico sta cercando di accogliere alcune delle richieste delle proteste di questi giorni: il Justice in Policing Act 2020, la proposta di legge, è sostenuto da oltre 200 deputati ed è stato definito dai media americani «uno dei più completi tentativi di cambiare il modo in cui i poliziotti fanno il loro lavoro».
Tra i principali sostenitori ci sono deputati e senatori del Congressional Black Caucus, il gruppo che riunisce la maggior parte dei parlamentari afroamericani, perlopiù Democratici. Tra i firmatari della legge ci sono gli ex candidati alle primarie Kamala Harris e Cory Booker, che ha detto che è stato il movimento seguito alla morte di Floyd «a rendere possibile una legge come questa, che un mese fa sarebbe stata probabilmente impossibile».
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Uno dei punti prevede il divieto per i poliziotti di prendere per il collo i sospettati – Floyd era morto dopo che un agente gli aveva schiacciato il collo sull’asfalto con il ginocchio per quasi nove minuti – e l’istituzione di un registro nazionale per impedire che i poliziotti accusati di infrazioni e comportamenti violenti possano essere trasferiti altrove evitando la punizione, cosa che oggi accade spesso. La proposta di legge prevede poi che gli stati e le amministrazioni locali organizzino dei nuovi e più aggiornati corsi per i poliziotti sui pregiudizi razziali e sulle situazioni in cui è necessario intervenire con la forza. Ci sono poi delle restrizioni sulla dotazione di equipaggiamenti militari per i corpi di polizia statali e locali, e obbliga i poliziotti federali in uniforme a indossare delle body camera.
Tra le altre cose, poi, il Justice in Policing Act renderebbe più facile perseguire penalmente e civilmente i poliziotti e ottenere risarcimenti per i civili danneggiati dalle azioni della polizia, abolendo una forma di immunità molto criticata di cui godono attualmente gli agenti. In particolare, la proposta è di cambiare i regolamenti federali sui casi in cui si può perseguire un agente che uccide qualcuno in modo che non sia più necessario dimostrare la volontà di uccidere dell’agente, ma basti l’occorrenza di un comportamento «incosciente».
La proposta di legge proibisce poi le irruzioni nelle abitazioni senza suonare il campanello o bussare alla porta per i casi di droga: Breonna Taylor, donna afroamericana di 26 anni molto citata e ricordata nelle proteste di questi giorni, era stata uccisa proprio in una situazione del genere. Un altro punto della legge dà più poteri ai procuratori di investigare le accuse di uso ingiustificato della violenza da parte della polizia.
La proposta di legge potrebbe essere approvata facilmente dalla Camera, dove i Democratici hanno la maggioranza. Ma al Senato la storia sarà diversa. Anche se sembra ci sia una certa disponibilità tra i Repubblicani più moderati per qualche intervento legislativo per provare a prevenire nuove morti simili a quelle di Floyd, sarà difficile vedere una vera collaborazione per tentativi di riforme della polizia più ampie. Diversi Repubblicani hanno detto che sono questioni che riguardano gli stati e le amministrazioni locali, e che non dovrebbero riguardare il Congresso. Secondo gli osservatori di politica statunitense, poi, è altrettanto improbabile che il presidente Donald Trump firmi una legge simile.