A che punto sono i lavori di Notre-Dame
È cominciato un intervento importante, ma per la ricostruzione generale dopo l'incendio le prospettive sono meno chiare
Sono iniziate lunedì le operazioni per la rimozione dei ponteggi intorno alla cattedrale di Notre-Dame di Parigi, allestiti nel 2018 per un’operazione di restauro e rimasti danneggiati nell’incendio dell’aprile 2019: è un passaggio importante nei lavori di ricostruzione delle parti danneggiate della chiesa.
I ponteggi furono montati dopo che, nel dicembre 2015, l’allora presidente François Hollande aveva affidato a un architetto e al presidente del Centro dei Monumenti Nazionali un piano per la rivalorizzazione dell’Île de la Cité, l’isola in mezzo alla Senna sulla quale si trova la cattedrale di Notre-Dame. Il piano prevedeva soprattutto di pulire dai residui dello smog la parte esterna della flèche, la grande guglia posta sopra l’incrocio fra transetto e navata centrale (cioè nel punto d’incontro fra asta orizzontale e verticale della croce che fa da pianta a gran parte degli edifici cristiani).
Nel 2018 si costruì quindi una estesa impalcatura attorno alla flèche: pesava oltre 200 tonnellate, era composta da più di 40mila tubi di metallo, e per metà superava i 40 metri di altezza (la flèche, punto più alto della cattedrale, era alta 93 m).
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Il 15 aprile del 2019 per cause ancora sconosciute – le ipotesi prevalenti sono un cortocircuito elettrico o un mozzicone di sigaretta spento male – si sviluppò un incendio nel sottotetto della chiesa – la cosiddetta “foresta”, fatta di enormi travi di quercia che si incrociano con scale e passatoie. Il fuoco si diffuse e raggiunse la flèche che, dopo circa un’ora dall’inizio dell’incendio, crollò.
I ponteggi metallici resistettero al fuoco, ma ne vennero molto danneggiati. All’inizio dei lavori successivi all’incendio, la struttura era stata stabilizzata tramite la costruzione di un’altra impalcatura, che la sorregge, senza ulteriori interventi. Lunedì la società pubblica responsabile dei lavori di ricostruzione ha avviato i lavori per smontarla, un pezzo alla volta. Dopo le verifiche sul posto, arriveranno gli operai col compito di calarsi, appesi a una corda, per estrarre i pezzi uno a uno. Una gru di quasi 80 m di altezza è già presente sul cantiere. Servirà a tirare su i pezzi dopo l’estrazione.
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Una giornalista del quotidiano francese Le Figaro ha paragonato questo lavoro a una partita di shanghai, il gioco dove bisogna togliere dei bastoncini da una struttura senza far muovere gli altri, perché bisognerà fare attenzione che l’enorme impalcatura non crolli durante l’operazione.
I lavori sono ripresi il 31 maggio, con nuove misure di sicurezza, dopo l’interruzione di due mesi dovuta alla crisi per il coronavirus. Non è stato il primo rallentamento che hanno subito: nell’estate del 2019 i cantieri erano stati chiusi un mese a causa di una gestione incauta della presenza di piombo sotto forma di polveri nell’aria, a seguito della sua evaporazione dovuta all’incendio. E durante l’inverno successivo il vento molto forte aveva ulteriormente interrotto le operazioni.
Questi elementi esterni hanno intralciato un lavoro già di per sé molto delicato. Una delle preoccupazioni principali, stando a un documentario diffuso dal quotidiano francese Le Monde, è la sicurezza dei lavoratori.
Alcune zone della cattedrale sono considerate troppo pericolose per permetterne l’accesso e la constatazione dei danni viene fatta grazie a droni che entrano e raccolgono i detriti, che vengono poi organizzati in inventari e studiati. Permettono di capire i dettagli dei materiali della cattedrale e progettarne la ricostruzione. Il legno carbonizzato è molto prezioso a questo scopo: la sua analisi permette di risalire alla temperatura massima raggiunta, e quindi di capire cosa hanno dovuto sopportare le pietre, il cui esame invece è più difficile. Il legno è importante anche per ragioni di ricostruzione storica: il suo studio potrebbe permettere di risalire alla provenienza geografica e artigianale dei materiali, nonché azzardare delle ipotesi climatiche (attraverso l’osservazione dei cicli annuali che si formano nel legno, più o meno larghi a seconda dell’alternarsi di clima freddi e caldi).
Stando al comunicato della ditta incaricata dei lavori, questi dureranno tutta l’estate. Riguardo a cosa fare più in generale della ricostruzione delle parti danneggiate, è in corso un dibattito iniziato subito dopo l’incendio.
Due giorni dopo l’incidente, il primo ministro francese, Edouard Philippe, dichiarò l’apertura di un concorso internazionale di architettura per decidere come ricostruire la parte mancante dell’edificio. Marine Le Pen, presidente del partito di estrema destra Front National, rispose con la campagna TouchePasANotreDame, “non toccate Notre-Dame”, per esprimere la paura della costruzione di una struttura moderna che non rispetti l’estetica e la storia dell’edificio.
Stando all’architetta Christiane Schmuckle-Mollard, che in passato ha lavorato al restauro della cattedrale di Strasburgo, una soluzione moderna sarebbe «più sicura e più veloce da ricostruire». Un lungo articolo di Mediapart sottolinea che il dibattito non riguarda solo la dimensione pratica, ma anche il significato dell’edificio per l’immaginario nazionale francese e più in generale la consapevolezza della storicità delle produzioni artistiche. Nell’articolo si cita la proposta di ricostruzione dell’architetto Jean-Michel Wilmotte: conservare la sagoma dell’edificio sfruttando il potenziale di materiali moderni.
È ironico che questo dibattito riguardi la restaurazione della flèche, perché la stessa guglia fu costruita nell’Ottocento e non rispettando i criteri estetici del Tredicesimo secolo. L’originale era stata demolita alla fine del Settecento perché, indebolita dalle intemperie, stava diventando pericolosa. Il famoso architetto Eugène Viollet-le-Duc si occupò del restauro della cattedrale dal 1857, e realizzò una flèche in stile neogotico. Venne criticato per la scelta di non riprodurre la struttura del passato e utilizzare un gusto contemporaneo su un edificio antico.
Qualunque sia la scelta, stando al giornalista di Le Monde che ha avuto accesso al cantiere, i lavori sono molto lontani da affrontare questo tipo di problemi. Gli operai non prendono nemmeno in considerazione la “questione dei cinque anni”, il tempo che il presidente Emmanuel Macron annunciò per la ricostruzione, e secondo Le Monde, «nessuno ci crede davvero». Sulla fase dei lavori dice che «stanno dando delle medicine, non stanno a chiedersi quale operazione estetica si farà alla fine. Per il momento, curano».
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