Il PIL italiano nel 2020 si ridurrà dell’8,3 per cento, secondo le stime dell’ISTAT
Secondo l’ISTAT, l’Istituto nazionale di statistica, il PIL italiano nel 2020 subirà «una marcata contrazione» dell’8,3 per cento con «una ripresa parziale nel 2021» stimata in un rialzo del 4,6 per cento. Nel suo studio sulle prospettive per l’economia italiana nel 2020-2021 l’istituto spiega che «il dilagare dell’epidemia di COVID-19 e i conseguenti provvedimenti di contenimento decisi dal governo» hanno «determinato un impatto profondo» con uno «shock senza precedenti» la cui quantificazione è prevedibile solo con «ampi livelli di incertezza».
Prospettive per l'economia italiana: si prevede una diminuzione del Pil pari all’8,3% nel 2020 e una crescita del 4,6% nel 2021 #istat https://t.co/u2ry0lL6SP pic.twitter.com/lVH6fqzjaN
— Istat (@istat_it) June 8, 2020
Lo scorso 6 maggio la Commissione Europea aveva diffuso le proprie stime primaverili sull’andamento dell’economia in Europa nel 2020. A causa della pandemia da coronavirus la Commissione Europea aveva rivisto al ribasso le previsioni fatte nei mesi precedenti, stimando per l’Italia, tra i paesi maggiormente colpiti dalla crisi dovuta alla pandemia, una contrazione dell’economia per il 2020 del 9,5 per cento; peggio dell’Italia in Europa dovrebbe fare solo la Grecia, il cui PIL dovrebbe diminuire del 9,7 per cento.
Nel report dell’ISTAT sono però riportati anche segnali di ripresa. Secondo l’istituto gli indicatori disponibili per il mese di maggio mostrano «alcuni primi segnali di ripresa in linea con il processo di riapertura delle attività»: la ripresa delle attività di produzione e consumo produrrà «un effetto positivo sul PIL che, dopo una flessione ulteriore nel secondo trimestre, è previsto in aumento nel secondo semestre dell’anno».
Nel 2020 il crollo del PIL per l’ISTAT sarà determinato prevalentemente dalla diminuzione della domanda interna (-7,2 per cento) condizionata dalla diminuzione dei consumi delle famiglie (-8,7 per cento) e degli investimenti (-12,5 per cento), nonostante una contemporanea crescita dell’1,6 per cento della spesa delle Amministrazioni pubbliche.
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