Stare con gli Stati Uniti o con la Cina?
È il dilemma che gli Emirati Arabi Uniti e altri paesi del Golfo Persico stanno affrontando da un pezzo, e che è diventato ancora più pressante con la pandemia da coronavirus
Alla fine di marzo gli Emirati Arabi Uniti avevano proposto agli Stati Uniti di sottoporre al tampone per il coronavirus centinaia di funzionari e dipendenti dell’ambasciata statunitense ad Abu Dhabi, la capitale emiratina. Gli Stati Uniti, storici alleati degli Emirati e di molti altri paesi arabi del Golfo Persico, avevano inaspettatamente rifiutato l’offerta. Pochi giorni prima infatti negli Emirati, ad Abu Dhabi, era stato aperto un grande laboratorio per analizzare i tamponi – il più grande al mondo fuori dalla Cina – realizzato in parte da un’azienda cinese, e con tecnologia cinese.
Come ha raccontato il giornalista Simeon Kerr sul Financial Times, il timore degli Stati Uniti era che dati sensibili riguardanti i propri diplomatici finissero nelle mani del governo cinese, i cui rapporti con l’amministrazione di Donald Trump sono notevolmente peggiorati nell’ultimo anno, prima a causa della cosiddetta “guerra commerciale” e poi per la pandemia da coronavirus. «C’è la sensazione del “sei con me o sei contro di me”», ha detto al Financial Times un funzionario occidentale, riferendosi al dilemma che si sono trovati ad affrontare diversi paesi del Golfo, tra cui gli Emirati Arabi Uniti, nel dover scegliere tra Cina e Stati Uniti.
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I paesi arabi del Golfo hanno rapporti consolidati con gli Stati Uniti da decenni, con cui collaborano soprattutto sulla sicurezza. Alla fine dello scorso anno, per esempio, il governo statunitense mandò qualche centinaio di soldati in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti in risposta agli attacchi iraniani contro due importanti stabilimenti petroliferi sauditi, che avevano ridotto notevolmente la capacità dell’Arabia Saudita di produrre petrolio.
I rapporti tra paesi arabi e Cina sono invece più recenti e si basano su altre questioni.
La Cina, per esempio, importa la maggior parte del proprio petrolio dal Golfo Persico, e negli ultimi anni ha aumentato le importazioni anche di altri prodotti. Alla fine del millennio, ha scritto il Financial Times, il volume commerciale annuale tra Cina ed Emirati Arabi Uniti era di 2 miliardi di dollari, mentre ora ha superato i 50 miliardi; e prima dell’inizio della pandemia, i piani emiratini erano di arrivare fino a 70 miliardi. Nonostante a causa del coronavirus l’obiettivo non sia stato raggiunto, negli ultimi mesi la collaborazione tra i due paesi è comunque continuata. Gli Emirati hanno mandato guanti e mascherine alla Cina nelle prime fasi dell’epidemia, e la Cina ha condiviso con le autorità sanitarie emiratine alcune conoscenze a livello medico che hanno aiutato il paese ad affrontare il coronavirus, una volta che l’epidemia era arrivata nel Golfo.
Paesi del Golfo e Cina hanno anche avviato da tempo una proficua collaborazione nel campo della tecnologia. Le società di telecomunicazioni statali negli Emirati Arabi Uniti hanno assegnato i contratti per la rete cellulare 5G a Huawei, società cinese inserita nella “lista nera” del dipartimento del Commercio statunitense, ma la collaborazione si è estesa anche ad altri settori. Il laboratorio per analizzare i tamponi, per esempio, è stato realizzato tramite una joint venture tra la BGI, società cinese per l’analisi genomica, e il G42, gruppo che si occupa di intelligenza artificiale e che è legato alla famiglia reale di Abu Dhabi.
Jonathan Fulton, docente all’Università Zayed di Abu Dhabi, ha detto: «Le partnership create dalla Cina nella regione sono uno strumento diplomatico piuttosto sofisticato; arrivano quasi ad essere alleanze basate sulla cooperazione nel campo della sicurezza, ma senza che siano necessari soldati sul terreno». L’efficacia di questo tipo di relazione, ha aggiunto Fulton, ha reso la Cina particolarmente attraente per molti paesi del Golfo, e ha reso ancora più evidenti i limiti della cooperazione con gli Stati Uniti: per aggirare il rifiuto statunitense di inviare nella regione droni con tecnologia avanzata, per esempio, l’Arabia Saudita e gli Emirati hanno comprato droni dalla Cina.
Per il momento è difficile pensare che gli stati arabi del Golfo possano abbandonare la propria collaborazione con gli Stati Uniti sui temi della sicurezza, anche perché il presidente Trump, a differenza del suo predecessore Barack Obama, ha mostrato negli ultimi anni di voler mantenere saldi i rapporti esistenti, a qualsiasi costo. L’aumento dell’influenza cinese potrebbe però cambiare le cose, soprattutto se i rapporti tra paesi del Golfo e Cina continueranno a crescere alla stessa velocità degli ultimi anni.
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