Woodstock si tenne durante una pandemia?
Tecnicamente sì, ma concretamente le cose erano MOLTO diverse da oggi
Il 4 maggio l’American Institute for Economic Research, un istituto di ricerca statunitense conservatore e libertario, ha pubblicato un articolo intitolato “Woodstock si tenne durante una pandemia”: raccontava che il fine settimana più famoso della storia della musica rock avvenne durante un’influenza che nel complesso avrebbe ucciso un milione di persone in tutto il mondo, di cui 100mila negli Stati Uniti. L’articolo sostiene che all’epoca non ci fosse alcun tipo di distanziamento fisico, contrariamente a quanto accaduto ora per il coronavirus, e che nonostante questo non vi furono gravi conseguenze per un raduno di quasi mezzo milione di persone.
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L’articolo è circolato molto, soprattutto tra persone e gruppi di destra e contrari ai lockdown, ma è stato criticato da giornalisti e studiosi, che hanno sostenuto come alcune delle sue tesi siano inesatte e fuorvianti: è scorretto paragonare l’influenza del 1968-69 alla COVID-19, la malattia provocata dal coronavirus, e la situazione in cui si tenne il concerto di Woodstock non è minimamente paragonabile a quella attuale.
L’influenza H3N2 iniziò a Hong Kong nel dicembre del 1968 e si diffuse poi negli Stati Uniti, dove durò fino al dicembre del 1970. Era causata da un virus dell’influenza A (H3N2), era comunemente chiamata l’influenza di Hong Kong e fu una delle poche pandemie del Novecento. Come spiega l’OMS, conteneva i geni di un virus dell’influenza aviaria A ma anche la neuraminidasi N2 del virus H2N2, che si era diffuso nel 1957: non era quindi un virus completamente nuovo. La maggior parte dei decessi riguardava persone sopra i 65 anni.
Jeffrey A. Tucker – l’autore dell’articolo, un imprenditore molto contrario ai lockdown e alle restrizioni – scrive che in termini di letalità e in base ai dati demografici di allora la malattia fu mortale quanto la COVID-19, e riporta una frase dello storico Nathaniel L. Moir, secondo cui «nel 1968-69, la pandemia di H3N2 uccise più persone negli Stati Uniti rispetto al numero totale di vittime americane che si ebbero durante il Vietnam».
Nonostante questo, scrive sempre Tucker, lo stato lasciò che fosse la comunità medica a contenere l’epidemia. Non fu chiuso nulla: le scuole rimasero aperte, così come le aziende, i cinema, i bar e i ristoranti. Il Congresso non approvò alcuna legge particolare e la Federal Reserve non fece nulla. Nessun governatore impose il distanziamento tra le persone o il divieto di assembramento.
I giornali e le agenzie di stampa si occuparono del virus ma in modo superficiale: c’erano l’allunaggio, la guerra del Vietnam, il fermento dei movimenti per i diritti civili, le proteste studentesche e la rivoluzione sessuale di cui occuparsi. Inoltre la malattia non ha lasciato molte tracce nella memoria degli americani: «mia madre», scrive Tucker, «ricorda vagamente di essere stata più attenta e di aver lavato le superfici, o di aver incoraggiato sua madre e suo padre a stare attenti».
Woodstock iniziò il 15 agosto del 1969 a Bethel, New York, anche se l’idea di organizzarlo venne a Michael Lang, Artie Kornfeld, Joel Rosenman e John P. Robert nel gennaio del 1969. Come ha notato Reuters in un articolo di fact-checking, Woodstock fu organizzato tra la prima e la seconda ondata di influenza H3N2.
L’andamento del contagio infatti non fu costante ma ricalcò quello della classica influenza stagionale, con i picchi nei periodi invernali: il primo tra dicembre 1968 e gennaio 1969 e il secondo da novembre a dicembre 1969. Woodstock si tenne quindi dopo mesi dalla fine della prima ondata, avvenuta a marzo, e prima che il contagio ricominciasse. Nel weekend del festival c’erano casi di contagio soltanto in Australia.
Reuters ha contattato Joel Rosenman, uno dei produttori del festival, che ha confermato che Woodstock non sfidò le misure per contenere la pandemia perché «non c’era alcuna pandemia e non c’erano misure di contenimento da sfidare. Nei mesi successivi al picco di dicembre-gennaio, l’influenza era quasi scomparsa. A metà del 1969 ogni preoccupazione legata al virus si era dissolta, la copertura mediatica era nulla. Il paese era convinto di essersela lasciata alle spalle». Secondo Rosenman, il festival fu organizzato «senza farsi troppe preoccupazioni per la pandemia» e fu soltanto con il ritorno dell’autunno che l’influenza spuntò di nuovo.
Le frasi di Rosenman sono state però messe in discussione da un articolo del New York Times del 17 agosto 1969, diffuso su Twitter dallo storico Phil Magness. Nell’articolo un altro dei produttori di Woodstock, Michael Lang, diceva di aver ingaggiato una decina di medici per timore «della potenziale minaccia di un virus del raffreddore o di una polmonite epidemica in un raduno così vasto», pur senza menzionare l’influenza di Hong Kong. Anche il St. Louis Post-Dispatch del 17 agosto del 1969 riportava le parole di Lang: per l’evento era stato previsto uno specifico team medico in caso di epidemia.
Rosenman ha risposto a Reuters che servivano semplicemente più medici per far fronte a eventuali problemi legati a un ammasso di centinaia di migliaia di giovani.
Altri giornali hanno invece contestato il confronto fatto da Tucker tra l’influenza H3N2 e l’attuale pandemia. Il sito di fact-checking Snopes, per esempio, ha spiegato che il tasso di letalità delle due malattie non è paragonabile. Secondo il dottor David Morens, consulente del National Institute of Allergy and Infectious Diseases, il numero di morti che fece la H3N2 non è molto diverso da quello di una normale influenza stagionale. Inoltre nel 1968 la popolazione americana aveva un’immunità parziale alla malattia, perché il virus H3N2 aveva caratteristiche in comune con il virus H2N2, che si era diffuso nel 1957 provocando l’influenza asiatica. Anche per questo il vaccino fu pronto a pochi mesi dall’inizio della pandemia (anche se non fu immediatamente disponibile per tutti).
L’articolo di Tucker non è esatto anche quando dice che non venne presa alcuna misura di contenimento: 23 stati predisposero la chiusura di scuole e università, anche se come risposta alle assenze degli studenti. Alcuni giornali dell’epoca ritrovati da Snopes parlano anche di negozi chiusi, eventi politici annullati e ospedali che cancellarono le visite ai malati a causa della pandemia. È vero che le misure non furono rigide e dure quanto quelle adottate contro la COVID-19, ma questo suggerisce che il paragone sia ulteriormente improprio: l’influenza di Hong Kong negli Stati Uniti uccise circa 100mila persone in un anno e mezzo – con misure di contenimento meno rigide di quelle odierne – mentre la COVID-19 ha ucciso più di 100mila persone in meno di tre mesi, nonostante le chiusure e l’isolamento imposto alla popolazione.