Le notizie di venerdì sul coronavirus in Italia
Sono stati registrati 518 nuovi casi di contagio – il numero più alto da oltre una settimana – e 85 morti: i ricoverati in terapia intensiva scendono invece a 316
Nelle ultime 24 ore in Italia sono stati registrati 518 casi di contagio da coronavirus (ieri erano stati 177) e 85 morti (ieri erano 88), secondo i dati diffusi venerdì dalla Protezione Civile. In totale i casi di contagio registrati dall’inizio dell’epidemia sono 234.531 e i morti 33.774. Le persone attualmente ricoverate in terapia intensiva sono 316, 22 in meno rispetto a ieri. I tamponi totali processati a oggi sono 4.114.572, 65.028 più di ieri. I nuovi pazienti “guariti o dimessi” sono 1.886, per un totale di 163.781.
In Lombardia sono stati registrati 402 nuovi casi di contagio. Il bilancio lombardo continua a essere di gran lunga il peggiore d’Italia e ammonta complessivamente a 89.928 casi di contagio e 16.222 morti. Nella provincia di Milano i nuovi casi di contagio accertati oggi sono stati 99 (ieri 31), di cui 52 a Milano (ieri 16). Oggi cinque regioni non hanno registrato contagi: Basilicata, Campania, Molise, Umbria e Valle d’Aosta, e altre undici regioni ne hanno registrati meno di dieci ciascuna.
I DATI del #5giugno in #Lombardia
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— Regione Lombardia (@RegLombardia) June 5, 2020
Questi, comunque, sono numeri da prendere con estrema cautela: in Italia, così come in moltissimi altri paesi del mondo, il numero dei casi positivi accertati comprende solo le persone che sono risultate positive al tampone, ma non le centinaia di migliaia di persone che hanno contratto il virus e non hanno mai fatto il test, e che quindi non sono mai rientrate nei conteggi ufficiali. Un discorso simile si deve fare per il numero dei morti, e anche il numero dei guariti e dimessi deve essere preso con le molle (qui c’è la spiegazione lunga sui numeri e sulle necessarie prudenze da avere nell’interpretarli).
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Le altre notizie di oggi
Due tra le più importanti riviste scientifiche in ambito medico al mondo – Lancet e il New England Journal of Medicine (NEJM) – hanno ritirato due studi sulla sperimentazione di farmaci contro la COVID-19, che avevano avuto grandi ripercussioni nella ricerca di nuovi trattamenti contro la malattia causata dal coronavirus. Uno dei due studi aveva indotto l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a interrompere i test con l’idrossiclorochina, un antimalarico che aveva dato alcuni risultati positivi nel trattamento dei pazienti, ma che secondo la ricerca ora ritirata poteva avere in alcuni casi effetti collaterali gravi sui malati di COVID-19.
Non accade spesso che studi pubblicati su riviste di questo livello siano ritirati, e che questo accada così velocemente dopo la loro diffusione. Secondo diversi esperti, la vicenda dimostra come la ricerca di soluzioni per la pandemia abbia portato a una certa frenesia in ambito scientifico e clinico, con la pubblicazione di decine di nuove ricerche ogni giorno e poco tempo per verificarne l’affidabilità anche da parte delle riviste scientifiche più rispettate. Qui abbiamo spiegato più estesamente cosa è successo e che ripercussioni ha avuto la vicenda.
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Oggi in un’intervista al Corriere della Sera Andrea Crisanti, microbiologo dell’Università di Padova, tra gli esperti italiani che più hanno avuto a che fare con il coronavirus, ha commentato le dichiarazioni recenti di Alberto Zangrillo, primario di anestesia e rianimazione presso l’ospedale San Raffaele di Milano, secondo cui il coronavirus “dal punto di vista clinico non esiste più”. Le dichiarazioni erano state riprese da molti giornali ma, come avevamo spiegato, l’espressione usata da Zangrillo non significa che il virus sia scomparso, ma che sia meno rilevante rispetto a qualche settimana fa per i sintomi che comporta.
Secondo Crisanti «l’epidemia non è come un terremoto o un’inondazione. È un evento dinamico, si muove nel tempo e non si possono trarre delle conclusioni definitive da una singola osservazione. Non ha senso dire che il virus non esiste più, a tutti i livelli: è una follia. Per me esiste. Se il professor Zangrillo fosse andato a Vo’ la prima settimana di gennaio probabilmente avrebbe detto che il virus clinicamente non esisteva. E poi si è visto quello che ha fatto. La verità è che sappiamo troppo poco sui suoi comportamenti per arrivare a una determinazione».
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Crisanti ha poi specificato che c’è da fare un discorso diverso per quanto riguarda la “carica penetrativa” del virus: «Se noi usiamo le mascherine e il distanziamento, si abbassa la carica virale e la capacità penetrativa scende», ha detto nell’intervista, aggiungendo che «assumendo che ci sia buonsenso da parte di tutti, con il fatto che il virus è sensibile alla temperatura, penso che dovremmo avere un’estate relativamente tranquilla».
Il ministero dell’Interno ha comunicato che il 4 giugno, il secondo giorno di riapertura dei confini tra le regioni, sono state controllate 66.197 persone, 196 delle quali sono state sanzionate e 7 denunciate per essersi allontanate dalla propria dimora nonostante si trovassero in quarantena. Le attività commerciali sottoposte a controlli sono stati invece 22.502, sono stati sanzionati 25 imprenditori ed è stata disposta la chiusura per 6 attività.
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Oggi intanto il governo svizzero ha annunciato che dal 15 giugno le frontiere del paese saranno riaperte a tutti gli stati dell’Unione Europea, al Regno Unito, e agli stati dell’Associazione europea di libero scambio (Islanda, Norvegia e Liechtenstein).
In precedenza il governo aveva annunciato l’apertura completa delle frontiere solo per Germania, Austria e Francia, sempre a partire dal 15 giugno. La decisione del governo è stata presa considerando il miglioramento della situazione epidemiologica del coronavirus in Europa, ed è in linea con le riaperture annunciate già da diversi altri paesi, anche per la pressione esercitata su questo tema dalla commissaria dell’Unione agli Affari interni, Ylva Johansson.
La Guardia di finanza di Firenze ha sequestrato 620mila mascherine con marchio CE falsificato (che dovrebbe certificare che siano conformi alle norme europee). Le mascherine, con un valore complessivo di 1,1 milioni di euro, erano distribuite nelle province di Firenze, Roma, Milano e Rovigo ed erano state importate dalla Cina da un’azienda veneta. I titolari dell’azienda sono stati denunciati per frode nell’esercizio del commercio.
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