Le notizie di lunedì sul coronavirus in Italia
I casi rilevati sono 178 in più di ieri, l’incremento minore dal 26 febbraio, e i morti sono 60: i ricoverati in terapia intensiva scendono a 424
Nelle ultime 24 ore in Italia sono stati registrati 178 nuovi casi di contagio da coronavirus (l’incremento più basso dal 26 febbrai0), secondo i dati diffusi lunedì dalla Protezione Civile, e 60 morti. In totale, quindi, il bilancio ufficiale dall’inizio dell’epidemia è di 233.197 casi accertati e 33.475 morti. Le persone attualmente ricoverate in terapia intensiva sono 424, 11 in meno rispetto a ieri. I tamponi totali processati a oggi sono 3.910.133, 31.394 più di ieri. I nuovi pazienti “guariti o dimessi” sono 848, per un totale di 158.355.
In Lombardia sono stati registrati 50 nuovi casi di contagio. Il bilancio lombardo continua a essere di gran lunga il peggiore d’Italia e ammonta complessivamente a 89.018 casi di contagio e 16.131 morti. Nella provincia di Milano i nuovi casi di contagio accertati oggi sono stati 18 (ieri 32), di cui 8 a Milano (ieri 13). Sei regioni oggi non hanno registrato contagi: Basilicata, Calabria, Marche, Molise, Sicilia e Umbria, e altre nove regioni ne hanno registrati meno di dieci ciascuna.
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I DATI del #1giugno in #Lombardia
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— Regione Lombardia (@RegLombardia) June 1, 2020
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Le altre notizie di oggi
Negli ultimi giorni sono circolate dichiarazioni da parte di medici di alcuni ospedali, per lo più lombardi, circa un presunto cambiamento che avrebbe reso il coronavirus meno aggressivo e che quindi spiegherebbe il rallentamento dell’epidemia in Italia. L’ospedale San Raffaele di Milano ha annunciato una ricerca preliminare su queste circostanze, basata sull’esperienza clinica con 200 pazienti ricoverati presso la sua struttura per COVID-19. Lo studio è stato ripreso da diversi quotidiani, con titoli piuttosto enfatici anche se ancora mancano conferme sugli esiti della ricerca e maggiori informazioni di contesto.
Al netto dei titoli sensazionalistici, sono stati gli stessi medici e ricercatori del San Raffaele a chiarire che per ora non ci sono elementi per parlare chiaramente di una “mutazione”. Lo studio spiega di avere rilevato una minore capacità del coronavirus di replicarsi negli organismi che ha infettato, comportando quindi una minore carica virale. Qui abbiamo spiegato più estesamente perché ricerche di questo tipo possono essere utili per produrre poi studi comparativi e di più ampio respiro, ma devono comunque essere prese con molte cautele e ricordando che fino a poco più di cinque mesi fa non era nemmeno nota l’esistenza dell’attuale coronavirus.
Intanto da oggi, dopo vari rinvii, dovrebbe essere possibile scaricare Immuni, l’applicazione che potrà essere impiegata per il tracciamento dei contatti (“contact tracing”), nel tentativo di ridurre la diffusione del coronavirus in Italia. L’app Immuni si potrà scaricare sul proprio smartphone dagli store di iOS e Android e potrà essere scaricata gratuitamente da tutti gli italiani sui propri smartphone. Al momento, però, l’app non risulta ancora disponibile.
La sperimentazione vera e propria inizierà solo il 3 giugno e soltanto in quattro regioni: Puglia, Abruzzo, Marche e Liguria. L’epidemiologo Pierluigi Lopalco ha spiegato all’agenzia ANSA che però più che di una sperimentazione «si tratterà di un test di pochi giorni, forse una settimana, per provare le funzionalità dell’app».
La regione Sicilia nel frattempo ha deciso di dotarsi di una propria app che si chiamerà “Sicilia Sicura”: sarà attiva dal 5 giugno e potrà essere scaricata da tutti coloro che raggiungeranno l’isola da quella data. Il presidente della regione Nello Musumeci, durante la trasmissione radiofonica Un giorno da Pecora su Radio 1, ha spiegato che l’utilizzo dell’app sarà facoltativo e «permetterà a chi arriva nell’isola di poter essere assistito dal personale medico dell’Unità sanitaria turistica in caso di bisogno».
“La App si chiama Sicilia Sicura. Stiamo lavorando per il protocollo, dal 5 giugno contiamo di esser operativi“, dice @Musumeci_Staff a @Radio1Rai #ugdp
— Un Giorno da Pecora (@1giornodapecora) June 1, 2020
Non ci sarà quindi, come invece sembrava possibile fino a qualche giorno fa, nessuna limitazione all’ingresso, ma soltanto «controlli col termoscanner» agli arrivi a scali e stazioni. Per entrare in Sicilia, spiega ancora Musumeci, «basterà un documento, non ci saranno test aggiuntivi rispetto all’attuale uso del termoscanner. E chi arriva, se vuole, in maniera assolutamente facoltativa, può accedere all’app “Sicilia sicura” con la quale resta in contatto durante tutto il suo soggiorno nell’Isola con il nostro sistema sanitario regionale».
Un altro presidente di regione che aveva chiesto maggiori controlli a seguito delle riaperture interregionali del 3 giugno, soprattutto nei confronti delle regioni più colpite dall’epidemia, come la Lombardia, è stato quello della Sardegna, Christian Solinas, che ha detto di essere al lavoro con il governo per trovare un’intesa per un protocollo che permetta gli arrivi sicuri sull’isola. Secondo Solinas i turisti dovrebbero avere una certificazione di negatività risultante da un test sierologico o molecolare. Qualora questa richiesta non dovesse esser accettata dal governo, Solinas intende istituire «un sistema di controlli più articolato che prevede la registrazione all’ingresso e su una piattaforma e un questionario che ci serve per capire dove concentrare maggiori controlli».
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Per quanto riguarda le diverse posizioni sulla gestione della cosiddetta “movida“, il Tar della Campania ha accolto il ricorso della regione contro l’ordinanza che era sta firmata dal sindaco di Napoli Luigi De Magistris e che prevedeva orari più estesi per i locali, in contrasto con l’ordinanza regionale voluta dal presidente Vincenzo De Luca. In base all’ordinanza di De Magistris gli esercenti avrebbero potuto somministrare bevande e alimenti, anche da asporto, fino a mezzanotte e non fino alle 22 come invece previsto dall’ordinanza regionale. Dopo la sentenza del Tar l’ordinanza del sindaco di Napoli è quindi ora decaduta.
Il professor Andrea Crisanti, virologo e professore ordinario italiano di microbiologia all’Università di Padova, responsabile per l’emergenza Coronavirus nella Regione Veneto, in un’intervista al Corriere della Sera pubblicata oggi ha rivelato di aver «fatto tamponi sugli asintomatici quando non si poteva perché mi sembrava chiaro che erano veicolo di contagio. Se mi fossi adattato, il Veneto avrebbe fatto la fine di Lombardia e Piemonte». Crisanti ha spiegato che alcuni segnali l’avevano convinto che gli asintomatici erano un’importante fonte di contagio: «Bisognava fare in fretta e io potevo procedere perché mi stavano arrivando da Londra i reagenti dei tamponi, comprati il 29 usando una parte dei fondi a mia disposizione all’Imperial College».
Oggi intanto ha riaperto il Colosseo dopo 84 giorni di chiusura a seguito delle misure di distanziamento fisico per contrastare la diffusione del coronavirus: si entra con prenotazione obbligatoria e acquistando il biglietto online, per singoli e gruppi fino a 14 persone. Le entrate sono contingentate a un quarto d’ora per ogni gruppo che sarà sempre accompagnato. Agli ingressi ci sono termoscanner che, oltre a misurare la temperatura, riconoscono se il visitatore porta o no la mascherina, e dispenser di gel disinfettante. Sulla piazza è stata allestita una postazione sanitaria mobile della Asl Roma 1.
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