SpaceX ha portato i suoi primi astronauti in orbita

La società di Elon Musk ha realizzato con successo il suo primo storico lancio di un equipaggio della NASA verso la Stazione Spaziale Internazionale

di Emanuele Menietti – @emenietti

Il lancio di Crew Dragon (Saul Martinez/Getty Images)
Il lancio di Crew Dragon (Saul Martinez/Getty Images)

Oggi la compagnia spaziale privata SpaceX di Elon Musk ha portato per la prima volta due astronauti in orbita, dopo avere rinviato un primo lancio lo scorso 27 maggio a causa delle condizioni meteo sfavorevoli. La missione spaziale è organizzata per conto della NASA ed è la prima a portare un equipaggio in orbita dal territorio degli Stati Uniti da quasi dieci anni. Non succedeva infatti dal luglio del 2011, quando lo Space Shuttle Atlantis completò l’ultimo volo orbitale di uno dei programmi spaziali più importanti e costosi nella storia delle esplorazioni oltre la nostra atmosfera. Da allora la NASA si era affidata all’agenzia spaziale russa Roscosmos.

Il lancio è stato storico anche per un altro motivo: è stato il primo a essere gestito da una compagnia spaziale privata. Questo segnerà profondamente i prossimi anni dei viaggi spaziali con astronauti, sia nel caso di un successo sia nell’eventualità di un fallimento, che potrebbe avere un forte impatto sulle attività della NASA e della Stazione Spaziale Internazionale (ISS).

Alle 21:22 (ora italiana) sei anni di lavoro di SpaceX – con non pochi ritardi e qualche imprevisto – erano concentrati sulla rampa del Complesso di lancio 39A del John F. Kennedy Space Center (Florida), lo stesso da cui partirono le missioni verso la Luna oltre 50 anni fa e gli Space Shuttle in tempi più recenti. In quel momento il razzo Falcon 9 ha acceso i suoi motori, spingendo in orbita la capsula Crew Dragon con al suo interno gli astronauti Bob Behnken e Doug Hurley, per un inizio piuttosto fragoroso del loro viaggio verso la ISS a circa 450 chilometri di distanza dalle nostre teste. La capsula aveva compiuto alcuni voli sperimentali – compreso uno verso la ISS lo scorso anno – ma sempre senza esseri umani a bordo.

In un certo senso, quello di oggi è stato “il test dei test”, e per questo era atteso con ansia e accompagnato da grandi aspettative.

Viaggi in orbita
Il lancio dell’ultimo Space Shuttle l’8 luglio del 2011 fu accompagnato da grandi dubbi e incertezze sul futuro dei programmi spaziali statunitensi con astronauti. La NASA stava pensionando una delle sue astronavi di maggior successo, l’unico sistema in grado di portare i suoi equipaggi in orbita, e non sembrava avere le idee molto chiare su che cosa l’avrebbe sostituita. L’agenzia spaziale aveva da poco avviato il “Commercial Crew Program” con l’obiettivo di coinvolgere le aziende spaziali private, per la creazione di nuovi sistemi di trasporto orbitali, ma era stato da subito chiaro che i tempi sarebbero stati piuttosto lunghi e incerti.

L’ultima partenza dello Space Shuttle Atlantis, nel luglio del 2011 (NASA)

Senza una propria astronave e con la necessità di continuare a inviare i propri astronauti verso la ISS, per la quale è richiesta una periodica sostituzione degli equipaggi, la NASA decise di fare temporaneamente affidamento sull’agenzia spaziale russa Roscosmos, facendosi dare dei passaggi dai suoi sistemi di trasporto orbitali Soyuz. Dal 2011, tutti gli astronauti statunitensi (e non solo) hanno quindi potuto raggiungere la ISS solo grazie a Roscosmos e a prezzi molto alti per ogni biglietto: circa 80 milioni di dollari a persona.

Mentre la NASA continuava a pagare i salati passaggi offerti dalla Russia, il Commercial Crew Program andò avanti con i suoi processi di selezione delle aziende private ritenute più idonee. Furono selezionate SpaceX e Boeing, con appalti rispettivamente da oltre 3 miliardi e da quasi 5 miliardi di dollari per sviluppare i nuovi sistemi di trasporto. Negli anni seguenti la competizione tra le due aziende sarebbe diventata piuttosto serrata, con SpaceX che ha infine prevalso riuscendo a terminare per prima il proprio sistema di lancio.

Il Commercial Crew Program non è comunque filato liscio come atteso dalla NASA. Sia SpaceX sia Boeing hanno incontrato numerosi problemi tecnici e ritardi nello sviluppo dei loro sistemi, in parte dovuti alle richieste di maggiori garanzie da parte dell’agenzia spaziale statunitense, che ha imposto protocolli molto severi prima di certificare la sicurezza dei sistemi proposti. Alla fine del progetto, entrambe le società potranno gestire i trasporti di astronauti verso la ISS, anche se per Boeing i tempi non sono ancora chiari, a causa di ulteriori problemi tecnici emersi nel corso dell’ultimo volo orbitale sperimentale senza equipaggio.

A bordo
Il lancio di oggi è avvenuto da Cape Canaveral, la più grande e importante base di lancio negli Stati Uniti. A circa tre ore dalla partenza, Behnken e Hurley sono stati trasportati verso la rampa di lancio a bordo di una Model X, un’automobile elettrica prodotta da Tesla, l’azienda automobilistica di proprietà di Elon Musk, che detiene anche il controllo di SpaceX. La scelta aveva suscitato qualche perplessità tra i puristi dei lanci spaziali della NASA, solitamente privi di qualsiasi riferimento commerciale, ma è un segno della gestione privata e del fatto che sia SpaceX a occuparsi direttamente di molti dettagli.

Arrivati nei pressi della rampa di lancio, i due astronauti hanno utilizzato un ascensore per risalire i circa 70 metri di altezza del Falcon 9, il grande razzo che li ha portati in orbita. La porta dell’ascensore si è aperta su un piccolo corridoio, simile a quello dei finger degli aeroporti, che li ha condotti al portellone d’ingresso di Crew Dragon, la loro capsula spaziale collocata sulla punta del razzo.

Il Falcon 9 sulla rampa di lancio, con il finger che porta a Crew Dragon illuminato (SpaceX)

Behnken e Hurley sono entrati al suo interno e hanno eseguito le ultime procedure per il lancio. Nel frattempo, la rampa è stata sgomberata e SpaceX ha avviato una prima attività molto delicata della missione: fare il pieno al Falcon 9 con l’inserimento di ossigeno allo stato liquido a bassissima temperatura (oltre -200 °C) e di cherosene (RP-1). Era subito dopo questa fase che il conto alla rovescia di mercoledì 27 maggio era stato interrotto, a causa delle condizioni meteo avverse intorno a Cape Canaveral e in alcuni dei siti previsti per gli ammaraggi di emergenza.

Il rifornimento era una delle procedure che lasciavano meno tranquilla la NASA, perché di solito viene eseguita prima che gli astronauti siano a bordo, in modo da ridurre i rischi nel caso in cui qualcosa vada storto nel più catastrofico dei modi, di solito con un’esplosione. SpaceX ha però perfezionato l’impiego dei suoi propellenti a temperature estremamente basse e non può quindi eseguire il rifornimento troppo in anticipo, rispetto al momento del lancio. La NASA negli scorsi anni ha richiesto e ottenuto che SpaceX facesse numerose dimostrazioni sulla sicurezza del sistema, prima di autorizzare la procedura con i propri astronauti a bordo.

Il lancio
Alle 21:22 (ora italiana, le 15:22 della Florida) il Falcon 9 ha acceso i suoi nove motori staccandosi dopo pochi istanti dalla rampa di lancio per iniziare il suo viaggio verso l’orbita. La procedura è stata completamente automatica, con Behnken e Hurley che non hanno dovuto fare nulla, a parte sopportare per qualche minuto la forte accelerazione necessaria per vincere ciò che solitamente ci tiene con i piedi saldamente al suolo. L’accensione dei motori e la partenza hanno costituto un’altra fase critica: il malfunzionamento di una valvola, un errore di programmazione nel computer di bordo o un cortocircuito avrebbero potuto far finire tutto a poche centinaia di metri di altitudine.

Crew Dragon è dotata di un sistema di emergenza, che si attiva proprio nel caso in cui qualcosa vada storto nell’enorme razzo cui è collegata. Ai suoi lati, la capsula ha una serie di piccoli propulsori (SuperDraco) progettati per attivarsi se i computer di bordo rilevano avarie gravi e il rischio di un’esplosione del Falcon 9. Attivandosi, questi motori fanno separare Crew Dragon dal resto del razzo e la fanno allontanare velocemente, in modo che sia a debita distanza da eventuali esplosioni. La capsula apre poi i propri paracadute e scende lentamente verso l’oceano Atlantico dove può essere recuperata dalle squadre di soccorso.

Il sistema di sicurezza è stato sperimentato in più occasioni con esiti positivi, e riprende soluzioni simili adottate da tempo da altri razzi per il trasporto di astronauti, a cominciare dalle Soyuz russe. La procedura di emergenza implica che per qualche istante l’equipaggio sia sottoposto a forti sollecitazioni a causa dell’accelerazione, ma niente per cui gli astronauti non siano formati nelle simulazioni sulla Terra prima dei loro lanci.

Meteo
A differenza di altri sistemi di emergenza che funzionano solo nella primissima fase del lancio, SpaceX sostiene che i propulsori di Crew Dragon possano essere impiegati praticamente in qualsiasi momento dell’ascesa del razzo verso l’orbita terrestre, offrendo quindi ulteriori garanzie. Questo implica che, nel caso di un disastro, la capsula possa finire in punti anche molto distanti dell’oceano Atlantico rispetto alla Florida con le complicazioni del caso per organizzare i soccorsi.

La distanza del punto di rientro nel caso di un’emergenza aveva aggiunto qualche ulteriore complicazione sulla scelta del giusto momento per l’inizio della missione. In generale, i lanci spaziali dipendono molto dalle condizioni del meteo: venti in quota troppo intensi possono indurre al rinvio di una partenza, così come i moti ondosi eccessivamente forti nelle zone dove potrebbe rientrare una capsula con equipaggio.

Per Crew Dragon era necessario che le condizioni meteo fossero buone in un’ampia area della Florida e dell’Atlantico, e questo aveva reso più probabile un rinvio del lancio, come avvenuto già il 27 maggio. Nel caso in cui SpaceX non avesse potuto procedere oggi, una nuova opportunità si sarebbe aperta domenica.

In orbita
Dal momento dell’accensione dei motori, Behnken e Hurley hanno impiegato circa 12 minuti per raggiungere l’orbita terrestre: dal lancio avranno 19 ore di tempo prima di raggiungere la Stazione Spaziale Internazionale. Gireranno più volte intorno alla Terra, con periodiche accensioni dei motori del loro sistema di trasporto, che consentiranno di raggiungere orbite sempre più alte fino ad arrivare a quella della ISS. Anche in questo caso le procedure saranno automatiche, ma sono comunque previsti alcuni interventi da parte degli astronauti per testare i controlli manuali, raccogliendo dati utili per le future missioni di Crew Dragon.

Gli astronauti statunitensi Bob Behnken e Doug Hurley in una fase di preparazione per il lancio (SpaceX)

In prossimità della ISS, il sistema di navigazione automatico di Crew Dragon farà tutto da solo, occupandosi di raggiungere uno dei punti di attracco liberi della Stazione. La procedura sarà totalmente automatica ed è una delle funzioni di maggior rilievo dei sistemi di bordo sviluppati da SpaceX. Il computer di bordo utilizzerà videocamere e sensori per posizionare la capsula nella giusta traiettoria, mantenerne l’assetto e la velocità adeguata per compiere l’attracco.

Stazione Spaziale Internazionale
Terminata la procedura di attracco ed effettuate alcune verifiche sulla tenuta stagna del sistema, Behnken e Hurley potranno aprire il portellone della loro capsula ed entrare nella ISS, accolti dall’astronauta statunitense Chris Cassidy e dai due cosmonauti russi Ivan Vagner e Anatoly Ivanishin, che stanno lavorando alla loro missione sulla Stazione da qualche mese.

Non è ancora chiaro per quanto tempo Behnken e Hurley resteranno a bordo: in origine la NASA aveva pensato a una permanenza di poche settimane, ma le cose sono cambiate dopo i ritardi accumulati da SpaceX e Boeing nello sviluppo dei loro sistemi di circa tre anni. La NASA è ormai a corto di passaggi sulle Soyuz e vorrebbe quindi sfruttare da subito le possibilità offerte da Crew Dragon.

Salvo cambiamenti di programma, Behnken e Hurley dovrebbero quindi rimanere in orbita per qualche mese, partecipando alle attività di manutenzione e di ricerca sulla ISS. Il loro tempo di permanenza sarà comunque determinato da alcune necessità tecniche: parte di Crew Dragon è ricoperta di pannelli solari che servono a produrre energia elettrica per alcuni sistemi di bordo, ma la loro esposizione all’ambiente spaziale ne determina un rapido deterioramento. SpaceX stima che possano comunque resistere per almeno quattro mesi, quindi la NASA potrebbe mantenere Behnken e Hurley a bordo della ISS per alcune settimane.

I pannelli solari di Crew Dragon (SpaceX)

Terminato il loro soggiorno sulla Stazione, i due astronauti rientreranno nella loro capsula spaziale, che si scollegherà dalla ISS per avviare la procedura di ritorno sulla Terra. Crew Dragon compirà un turbolento rientro nell’atmosfera e aprirà poi i suoi paracadute, rallentando la sua discesa verso l’oceano Atlantico, al largo delle coste della Florida. Le squadre di soccorso in mare si occuperanno poi del recupero della capsula e di fornire assistenza a Behnken e Hurley.

Storia e futuro
La missione che inizia oggi non ha una portata storica solamente per i suoi primati: è l’inizio di una nuova fase nell’era dell’esplorazione dello Spazio, nella quale saranno le grandi aziende private a gestire i lanci con equipaggi per conto della NASA e di altre agenzie spaziali. Già in autunno SpaceX dovrebbe gestire una seconda missione verso la ISS, trasportando un equipaggio di quattro astronauti.

Affidando ai privati la gestione dei trasporti verso l’orbita terrestre, la NASA potrà concentrare le proprie risorse e ricerche verso altri obiettivi per l’esplorazione dello Spazio profondo con le sue sonde e in futuro con i suoi astronauti. Le cose da scoprire non mancano, là fuori.