A Hong Kong le cose stanno precipitando?
Il capo della divisione locale dell'esercito cinese parla esplicitamente di usare la forza, mentre la nuova legge sulla sicurezza sembra ancora più restrittiva
Lo scorso weekend a Hong Kong si sono tenute le prime imponenti manifestazioni dopo il picco della pandemia da coronavirus. I manifestanti hanno protestato per via di una legge sulla sicurezza discussa dal governo centrale cinese, che secondo loro restringerà ulteriormente la libertà di opinione e di manifestazione anche a Hong Kong. Dopo le proteste, che hanno portato all’arresto di circa 180 persone, il governo locale ha cercato di minimizzare le preoccupazioni dei manifestanti, mentre il capo della divisione dell’esercito cinese a Hong Kong ha detto di essere «pronto a proteggere la sicurezza nazionale» in caso di ulteriori tensioni, una dichiarazione giudicata senza precedenti dai politici di Hong Kong a favore della democrazia.
Il testo della legge non è noto ma dalle informazioni pubblicate dai giornali internazionali sembra che punirà ancora più severamente gli atti di «sedizione, sovversione e secessione» oltre alle «interferenze straniere negli affari locali». Leggi simili sono usate in Cina per fare tacere l’opposizione al Partito Comunista. Un emendamento approvato martedì ha inoltre allargato la definizione dagli «atti» alle «attività» punibili, scrive il South China Morning Post, facendo diventare di fatto la legge ancora più restrittiva.
Non è chiarissimo se il governo cinese abbia l’autorità per farlo: Hong Kong è un territorio semi-autonomo il cui statuto garantisce alle autorità locali la competenza sull’ordine pubblico. L’interpretazione dei politici filocinesi è che il governo centrale abbia comunque l’autorità per imporre queste norme, in situazioni eccezionali, mentre gli attivisti per la democrazia e l’associazione degli avvocati di Hong Kong ritengono che non possa farlo in nessun caso.
Carrie Lam, la leader del governo locale, ha cercato di tranquillizzare i manifestanti spiegando loro che nessuna legge priverà gli abitanti di Hong Kong della libertà di parola, e che norme simili sono già in vigore in Europa (sebbene il paragone sia piuttosto forzato). Diversi esperti ritengono inoltre che la nuova legge darà la possibilità all’intelligence cinese di lavorare piuttosto liberamente a Hong Kong, e quindi di prendere di mira i leader delle proteste a favore della democrazia. Rispondendo a questi timori, Lam ha spiegato che nel caso in cui agenti dell’intelligence centrale fossero ammessi a Hong Kong sarebbero tenuti a rispettare i diritti dei cittadini previsti dallo statuto locale.
Diversi osservatori internazionali, comunque, hanno la sensazione che il governo cinese abbia deciso di rafforzare il proprio controllo su Hong Kong dopo una prima fase in cui si era semplicemente limitato a contenere i danni di immagine delle proteste. «La decisione del governo suggerisce che il presidente cinese Xi Jinping abbia cambiato approccio riguardo a Hong Kong, e molti ritengono che gli sforzi per controllare altri aspetti fondamentali del territorio – la preferenza per il libero mercato, il suo sistema educativo, la stampa e i tribunali – subiranno una accelerazione», scrive il Wall Street Journal.
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Parlando alla tv di stato cinese, il capo dell’esercito cinese a Hong Kong, Chen Daoxiang, ha detto che se fosse necessario agirebbe «con fermezza» per «applicare le decisioni e i piani del governo centrale». Poche ore dopo, scrive Reuters, Xi Jinping ha auspicato che l’esercito cinese potenzi la sua capacità di compiere operazioni militari anche durante la pandemia (senza citare esplicitamente la situazione a Hong Kong).
Il New York Times ha scritto che a Hong Kong l’esercito dispone di almeno 19 strutture, e che da quando il Regno Unito ha passato il controllo del territorio alla Cina, nel 1997, ha tenuto un profilo piuttosto basso. Si stima che in tutto la Cina abbia a disposizione a Hong Kong fra i 6mila e i 10mila soldati. Potrebbero anche essere molti di più, dato che durante le proteste dei mesi scorsi il governo centrale aveva annunciato una turnazione delle truppe presenti sul territorio e che «molti soldati in realtà probabilmente non se ne sono mai andati, garantendo al governo cinese una riserva di forze da utilizzare nel caso la situazione diventi fuori controllo».
Ci si attendono nuove proteste di massa per mercoledì 27 maggio, quando l’assemblea di Hong Kong inizierà a discutere un’altra controversa legge che se approvata punirebbe le persone che «insultano» l’inno nazionale cinese. Il Guardian ha notato che di recente il governo centrale è stato messo molto in imbarazzo dai “buuu” cantati da alcuni tifosi durante l’esecuzione dell’inno nazionale cinese prima delle partite della nazionale di calcio. Il voto finale sulla nuova legge è previsto per il 4 giugno: un’altra data dal valore simbolico molto alto, dato che ricorre l’anniversario del massacro dei manifestanti anti-governativi in piazza Tienanmen, a Pechino.