L’Argentina è tecnicamente in fallimento
Non ha trovato un accordo con i creditori per ripagare il suo debito, le trattative proseguiranno almeno fino al 2 giugno
Da venerdì l’Argentina è tecnicamente in fallimento (è in “default”) perché non è in grado di pagare i suoi debiti. Il governo argentino, guidato dal peronista moderato Alberto Fernández, non è infatti riuscito a trovare un accordo con i rappresentanti dei fondi di investimento a cui deve versare 500 milioni di dollari, quasi 460 milioni di euro. Il termine per farlo era scaduto lo scorso 22 aprile e l’Argentina aveva avuto altri 30 giorni di tempo per rinegoziare un accordo con gli obbligazionisti proprietari del suo debito.
Le trattative per trovare un accordo continueranno fino al 2 giugno e per ora i creditori non hanno intenzione di ricorrere ai tribunali. È la nona volta che l’Argentina dichiara fallimento, la seconda in meno di vent’anni, dopo quella del 2001.
I proprietari delle obbligazioni sono cinque grandi fondi di investimento internazionali che avevano prestato soldi all’Argentina comprando i suoi titoli di stato: titoli ad alto rendimento, visto l’alto rischio di fallimento del paese. Il debito pubblico argentino (di quasi 450 miliardi di dollari) rappresenta quasi il 90 per cento del prodotto interno lordo del paese, in parte è di proprietà estera e in valuta estera, cioè in dollari, in parte sono debiti con il Fondo Monetario Internazionale e titoli locali in pesos. Il debito era stato contratto dall’amministrazione del presidente Mauricio Macri, che nel 2016 aveva iniziato una serie di difficili riforme.
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A metà aprile Fernández (eletto nell’ottobre del 2019) aveva presentato un piano di rinegoziazione del debito estero di circa 70 miliardi di dollari: l’Argentina aveva chiesto ai creditori di cambiare le condizioni a cui era stato effettuato il prestito, restituendo una cifra minore e/o in un tempo più lungo. La rinegoziazione proposta da Fernandez avrebbe comportato una riduzione degli interessi dovuti dall’Argentina del 62 per cento e la sospensione dei pagamenti per i prossimi tre anni, in prossimità alla scadenza del suo mandato.
Anche l’FMI aveva definito il debito dell’Argentina «insostenibile» e aveva chiesto ai creditori privati un «contributo significativo» per aiutare a ripristinare la sostenibilità. Lo stesso FMI si era reso disponibile a concedere una maggiore flessibilità sulla propria quota di debito, anche considerate le conseguenze della pandemia da coronavirus.
L’offerta era stata però respinta da tre dei cinque gruppi di investitori: accettarla avrebbe causato un ingiusto danno finanziario ai detentori dei titoli di stato argentini (che sulla stampa vengono anche chiamati “tango bond”). I creditori avevano chiesto al governo di presentare un piano a lungo termine che garantisse il ripristino della stabilità finanziaria e che chiarisse come avrebbe ripagato il debito dell’FMI, che ha la priorità su quello privato.
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Venerdì il ministro dell’Economia e delle Finanze Martín Guzmán ha detto che il governo sta lavorando per fare una nuova proposta ai creditori: «Vogliamo trovare un punto di partenza per ridefinire i nostri impegni in modo da poterli onorare, perché certamente li onoreremo».
Già ad aprile Guzmán aveva detto che «la repubblica argentina conferma la sua disponibilità a pagare anche nel gravissimo contesto internazionale che è stato generato a seguito della pandemia di COVID-19, e cerca, nel quadro dei contratti esistenti, un profilo di indebitamento sostenibile che non minacci un percorso di crescita sostenibile a medio e lungo termine, che migliori la capacità di rimborso futuro e gli indicatori sociali di base». Stava di fatto chiedendo ai creditori di dare la possibilità all’Argentina di crescere per poter ripagare il proprio debito internazionale.
La situazione economica del paese è molto critica: ha una recessione in peggioramento (il PIL è calato del 3 per cento nel 2019 e del 5,7 per cento nel primo trimestre del 2020), l’inflazione sopra al 50 per cento e il 35,5 per cento della popolazione in povertà (in base ai criteri statistici dell’INDEC, l’equivalente argentino dell’ISTAT). È stata ulteriormente aggravata dall’emergenza causata dall’epidemia di COVID-19: soltanto a marzo il prodotto interno lordo del paese si è ridotto del 12 per cento rispetto a marzo 2019.
Il primo caso di contagio da coronavirus in Argentina è stato registrato il 3 marzo scorso, e a oggi i positivi accertati sono più di 10.600. Le morti di pazienti risultati positivi al virus sono più di 430. Le misure restrittive per contenere il contagio erano state prolungate dall’8 al 24 maggio, ma la città di Buenos Aires sta pensando di estenderle fino all’8 giugno.