Chi ha inventato il volto di Buddha?
Per sei secoli dopo la morte di Siddhartha Gautama non vennero realizzate immagini del suo viso, poi le cose cambiarono durante il regno di un certo Kanishka
I fondatori delle religioni hanno spesso delle caratteristiche comuni. Gesù di Nazaret, fondatore del cristianesimo, e Siddhartha Gautama, l’asceta indiano fondatore del buddhismo, ne hanno diverse. Una è che per qualche secolo dopo le loro morti nessuno dipinse o scolpì i loro volti ed entrambi venivano raffigurati con dei simboli: un pesce o un pastore per Gesù, l’impronta di un piede o con un baniano, ad esempio, per Siddhartha. Oggi però quasi tutti – credenti e no – riconoscono Gesù e Siddhartha nelle rappresentazioni che li raffigurano. In un articolo del New York Times Style Magazine il giornalista Aatish Taseer ha raccontato come ci si è arrivati nel caso di Buddha.
C’è bisogno di una piccola precisazione. La parola “buddha” indica una persona che secondo il buddhismo ha raggiunto il massimo grado dell’illuminazione. Scritto con la B maiuscola è il modo più comune per chiamare Siddhartha Gautama, ma qualunque essere umano può diventare buddha secondo il buddhismo. È una cosa importante da sapere perché non tutte le raffigurazioni di un buddha rappresentano il personaggio storico Siddharta Gautama, chiamato anche Buddha Sakyamuni dal nome della sua famiglia. Alcune ad esempio rappresentano personaggi leggendari che sarebbero stati vite precedenti di Siddharta, e simboleggiano più una qualità di certi modi di essere buddha. In gran parte si assomigliano perché nell’iconografia buddhista alcune caratteristiche fisiche sono considerate proprie dei buddha. Ma tutto dipende anche dalla scuola buddhista che si prende in considerazione.
Quel che è certo è che per i primi sei secoli dopo la morte di Siddhartha Gautama, avvenuta nel V secolo a.C., di statue e dipinti che lo raffiguravano non ce ne furono. Il buddhismo delle origini – così come alcune scuole buddhiste attuali – era in generale poco sensibile alle forme di rappresentazione dato che considerava l’arte un’attività in contrasto con il distacco dalle cose fisiche che professava e professa. Inoltre non considerava Siddhartha Gautama come un essere divino, ma solo come un maestro, quindi non sentiva la necessità di costruire sue rappresentazioni da venerare. Nel suo articolo Taseer spiega come poi le cose sono cambiate.
Tutto cominciò nella prima metà del II secolo d.C., in India, dove il buddhismo è nato e oggi è poco praticato come religione, per quanto continui a essere studiato come filosofia. Per la precisione nei territori dell’impero Kusana, che all’epoca si estendeva dal Tagikistan al Mar Caspio e all’Afghanistan, fino alla valle del Gange, e aveva per capitale Peshawar, nell’odierno Pakistan. Le prime immagini di Buddha di cui si abbia testimonianza sono incise su monete che erano usate durante il regno di Kanishka, re Kusana che governò, si pensa, tra il 127 e il 155, quando a Roma erano imperatori Adriano e poi Antonino Pio. Sulle monete in questione vicino all’immagine di Buddha si legge “Boddo” in caratteri greci.
I re Kusana discendevano da una gruppo di pastori nomadi di origine indoeuropea che circa trecento anni prima del regno di Kanishka si erano spostati dall’attuale Xinjiang, in Cina, a est: arrivarono nel regno di Battriana, all’incirca tra il nord dell’Afghanistan e il sud dell’Uzbekistan, e nel tempo presero il posto della dinastia di origine greca che la governava e che controllava anche alcuni territori fino al Gange. Nel saggio Empires of Ancient Eurasia lo storico Craig Benjamin spiega che la conquista della Battriana da parte dei Kusana fu il primo avvenimento citato sia dagli storici occidentali, cioè greco-romani, che da quelli cinesi.
Come si può intuire ed è evidente dalla figura di Buddha accompagnata dai caratteri greci sulle monete, l’impero Kusana era multiculturale e combinò nella propria cultura elementi greci, cinesi, persiani e indiani. I re Kusana probabilmente scelsero di adottare diverse tradizioni dei territori da loro controllati per unificare maggiormente il proprio regno: smisero di utilizzare la propria lingua d’origine per adottare il battriano, una lingua di origine persiana, ma adottarono anche l’alfabeto greco, per continuità con i sovrani che li avevano preceduti. Inoltre diventarono buddhisti, probabilmente perché il buddhismo ammette la venerazione di divinità di altre religioni, e quindi anche degli dei greci, indiani e persiani.
Secondo molti storici, i re Kusana trasformarono il buddhismo in una religione più popolare – fino ad allora era stato praticato solo dalle classi dominanti – e lo diffusero: è grazie a loro, secondo questa interpretazione, che il buddhismo diventò una delle grandi religioni del mondo.
Durante l’impero Kusana, oltre alle monete di Kanishka, furono create anche le prime statue di Buddha, per quel che sappiamo. Furono realizzate in due diverse zone, nella regione di Gandhara, che si allunga tra gli attuali Afghanistan e Pakistan, e nella regione di Mathura, nell’attuale stato indiano dell’Uttar Pradesh, la stessa zona dove visse e predicò Siddhartha Gautama. Le statue di Gandhara erano fatte di scisto chiaro e mostravano chiare influenze dell’arte greca; per dirne una, le figure indossano tuniche greco-romane. In quello stile furono realizzati i noti Buddha di Bamiyan, le due grandi statue che si trovavano a circa 230 chilometri da Kabul e che furono distrutte il 12 marzo 2001 dai talebani.
Le statue di Mathura invece sono fatte con una pietra prevalentemente color ruggine, con macchie bianche, e i Buddha che raffigurano hanno corpi meno allungati, con pance morbide, più indiane. Sul viso hanno un accenno di sorriso e sono meno alteri dei Buddha di Gandhara.
Secondo Benjamin le rappresentazioni fisiche di Buddha «aiutarono l’ideologia buddhista a trasformarsi in una religione e a diffondersi lungo le strade commerciali, a sud fino allo Sri Lanka e a est fino alla Corea e al Giappone». Durante il regno di Kanishka ad esempio fu fondato il primo tempio buddhista in Cina. Nei vari posti raggiunti dal buddhismo in questo modo l’immagine di Buddha si adattò alle culture locali, sempre mantenendo alcune caratteristiche che la rendono riconoscibile. E lo è anche con le mascherine che in questo periodo vengono fatte indossare alle statue dei tempi thailandesi, per invitare le persone a portarle a loro volta.
VIDEO: A Thai temple near Bangkok has installed a giant face mask on a Buddha statue to encourage the use of facial coverings as the country eases some restrictions pic.twitter.com/7RWagoo1o2
— AFP News Agency (@AFP) May 13, 2020