Le notizie di venerdì sul coronavirus in Italia
I casi rilevati sono 652 in più di ieri e i morti sono 130. I ricoverati in terapia intensiva scendono a 595
Nelle ultime 24 ore in Italia sono stati registrati 652 nuovi casi di contagio da coronavirus, secondo i dati diffusi venerdì dalla Protezione Civile, e 130 nuovi morti. In totale, quindi, il bilancio ufficiale dall’inizio dell’epidemia è di 228.658 casi accertati e 32.616 morti. Le persone attualmente ricoverate in terapia intensiva sono 595, 40 in meno di ieri. I tamponi totali processati a oggi sono 3.318.778, 75.380 più di ieri, il numero più alto in un solo giorno dall’inizio dell’epidemia. I nuovi pazienti “guariti o dimessi” sono 2.160, per un totale di 136.720.
La Lombardia ha fatto registrare 293 dei casi di contagio delle ultime ore e 57 decessi. Il bilancio nella regione continua a essere in ogni caso di gran lunga il peggiore d’Italia, e ammonta complessivamente a 86.384 casi di contagio e 15.784 morti. Nella provincia di Milano i nuovi casi di contagio accertati sono stati 73, di cui 35 a Milano.
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Leggendo i dati comunicati ogni giorno dalla Protezione Civile bisogna usare alcune cautele: in primo luogo per la distinzione tra il numero delle persone attualmente positive e quello complessivo dei contagiati, che può creare un po’ di confusione; e in secondo luogo perché sappiamo ormai che i contagiati e i morti sono molti di più di quelli rilevati dai dati. Inoltre c’è un problema su cosa intenda la Protezione Civile quando parla di “guariti”: si è scoperto infatti che questo dato comprende anche le persone dimesse dagli ospedali, ma che potrebbero essere ancora malate, mentre non comprende tutti quelli che sono guariti dopo essere stati malati, ma che non avendo fatto il tampone non sono mai entrati nei numeri ufficiali dei malati.
Le altre notizie di oggi
Il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro, durante la settimanale conferenza stampa dell’ISS, ha parlato del tema degli spostamenti fra le regioni spiegando che la mobilità «va affrontata con un numero di nuovi casi ancora più ridotto rispetto a quello che abbiamo». Inoltre per Brusaferro l’indice di contagio Rt, che indica il numero di riproduzione di base in un dato momento, visto che «cambia su base settimanale», non può essere utilizzato come un parametro sufficientemente affidabile per regolare gli spostamenti fra le regioni. «L’Rt non è una pagella – ha detto Brusaferro – ma uno strumento dinamico che ci aiuta a capire cosa succede e va letto con altri dati». Qui abbiamo spiegato la differenza tra R0 e Rt.
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— Ministero della Salute (@MinisteroSalute) May 22, 2020
Il presidente dell’Iss ha poi detto che uno dei fattori per regolare la possibilità di muoversi fuori dalla propria regione, come dovrebbe essere possibile fare dal prossimo 3 giugno, sarà la modalità con cui ci si sposterà, cioè il mezzo di trasporto utilizzato. Sulla situazione della Lombardia, la regione di gran lunga più colpita dal contagio, Brusaferro ha detto che i dati epidemiologici sono incoraggianti, visto che non soltanto diminuiscono i nuovi casi di contagio, ma, attraverso l’estensione del numero di tamponi, sono aumentate le individuazioni di casi asintomatici.
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Sempre alla conferenza stampa dell’Iss è intervenuto anche Nicola Magrini, il direttore generale dell’Aifa, l’Agenzia Italiana del Farmaco, l’ente competente per l’attività regolatoria dei farmaci nel nostro paese. A proposito del vaccino per il coronavirus Magrini ha detto che non pensa possa essere pronto prima della prossima primavera.
Negli scorsi giorni l’azienda farmaceutica AstraZeneca, che sta sviluppando un vaccino contro il coronovirus insieme all’Università di Oxford e l’azienda italiana Irbm di Pomezia, aveva annunciato che il vaccino sarebbe stato pronto già dal prossimo settembre. Per Magrini però «il tempo ragionevole per pensare a un vaccino è primavera, estate prossima, non penso per settembre ci possa essere alcun vaccino disponibile, pur contando risultati molto buoni, come sembrano gli studi di fase 1». I vaccini in fase di sviluppo secondo Magrini sono comunque «promettenti» e «anche l’Italia partecipa in diversi modi».
Oggi il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, intervenendo alla trasmissione Agorà su RaiTre, ha detto che il costo di test sierologici e tamponi dovrebbe essere a carico del servizio sanitario regionale, visto che «questa accoppiata di strumenti è la chiave della profilassi e della protezione personale. Costa tanto ma è una priorità».
"Test sierologici e tamponi devono essere a carico del servizio sanitario regionale" @giorgio_gori sindaco Bergamo "qui liste d'attesa per fare test sierologici a pagamento, tutto è stato riaperto con rischio di non poter individuare nuovi casi positivi. Mancano strumenti" pic.twitter.com/x2lFUAnkHg
— Agorà (@agorarai) May 22, 2020
Gori ha poi spiegato che a Bergamo non c’è la possibilità «di fare i tamponi a tutti. C’è una situazione molto disordinata, ci sono code e liste di attesa per fare a pagamento i test. Quindi abbiamo riaperto quasi tutto con il rischio elevato di non riuscire ad individuare per tempo i nuovi casi positivi, è una rincorsa». Il sindaco si è poi chiesto perché «lo Stato e la Regione non si siano dati da fare per procurarsi i reagenti nei tempi utili ad avere molti più tamponi già ad aprile, marzo, quando servivano».
Ieri il presidente della Campania Vincenzo De Luca attraverso un comunicato ha informato che con l’Unità di Crisi nella regione è stata decisa la riapertura di ristoranti e pizzerie senza limiti di orario. La Campania aveva deciso di non riaprire questa attività già dal 18 maggio, come nel resto del Paese. De Luca però ha sottolineato che «l’orario di chiusura dei locali dove si svolge la cosiddetta movida, e in particolare bar, “baretti”, vinerie, gelaterie, pasticcerie, chioschi ed esercizi di somministrazione ambulante di bibite, resta fissato inderogabilmente alle ore 23».
Durante la consueta diretta Facebook del venerdì in cui fa il punto sulla situazione coronavirus in Campania, il presidente ha detto che a proposito del tema degli affollamenti per la movida in queste settimane «è sembrato capovolgersi il ruolo tra Regioni del Sud e del Nord: è sembrato per qualche verso che i comportamenti più rigorosi venissero dal Sud e qualche elemento di “ammuina” venisse dal Nord».
Per De Luca inoltre si deve «cogliere l’occasione dell’epidemia per avere di sera meno droga, meno pasticche, e per cancellare l’abitudine a rincretinirsi con l’uso di superalcolici che mandavano in coma etilico decine di ragazzi, anche di 13 anni»
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Le denunce di infortunio sul lavoro arrivate all’Inail fino al 15 maggio per contagio da coronavirus sono in tutto 43mila. A comunicare la cifra è stato lo stesso Istituto, spiegando che 171 di queste hanno portato alla morte del lavoratore: la metà dei decessi ha riguardato personale sanitario e assistenziale. In tutto, tra fine febbraio e il 15 maggio, ci sono state 43.399 denunce. Dal 4 maggio, quando era stata effettuata l’ultima rilevazione, ci sono stati ulteriori 6mila casi di contagio e 42 morti in più. Per entrambi i sessi l’età media di chi ha denunciato di aver contratto il coronavirus sul lavoro è 47 anni, mentre per quanto riguarda i decessi è 58 anni per le donne e 59 per gli uomini.
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Perché i casi aumentano ancora?
Una conseguenza della scarsa precisione dei dati raccolti fin qui è che anche ora che la situazione sembra complessivamente migliorare (il calo dei ricoveri in terapia intensiva ne è un segnale) il numero dei nuovi casi sembra ancora molto alto.
Una possibile risposta è che l’aumento del numero dei casi confermati sia legato all’aumento del numero di tamponi effettuati: più test si fanno, più casi si trovano. Questo dimostrerebbe anche che nelle prime settimane dall’inizio dell’epidemia il basso numero di test non aveva permesso di identificare tutti i casi, che sono stati (e sono ancora oggi) più di quanti dicano i numeri ufficiali.
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