Taiwan sta facendo arrabbiare la Cina
Il piccolo stato che la Cina considera come suo sta provando a ottenere riconoscimento internazionale, offrendo mascherine e altro materiale contro il coronavirus
Nelle ultime settimane Taiwan, isola di circa 23 milioni di abitanti a sud della Cina, sta cercando di ottenere riconoscimento internazionale offrendo aiuti di tipo sanitario a diversi paesi del mondo. Tra le altre cose, Taiwan ha donato a Stati Uniti e Europa 10 milioni di mascherine, richieste da molti governi per frenare la diffusione dell’epidemia da coronavirus. Gli sforzi di Taiwan, apprezzati tra gli altri dal segretario di Stato americano Mike Pompeo e dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, sono stati presi di mira dalla Cina, che ha usato parole dure contro tutti quei paesi che hanno accettato gli aiuti dell’isola.
The European Union thanks Taiwan for its donation of 5.6 million masks to help fight the #coronavirus. We really appreciate this gesture of solidarity. This global virus outbreak requires international solidarity & cooperation. Acts like this show that we are #StrongerTogether.
— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) April 1, 2020
I rapporti tra Taiwan e la Cina sono estremamente tesi da decenni. Nel 1949 a Taiwan si rifugiarono i cinesi sconfitti nella guerra civile da Mao Tse Tung, e ancora oggi il governo cinese considera Taiwan un proprio territorio e si rifiuta di avviare relazioni con paesi che abbiano rapporti formali con Taiwan. La pandemia da coronavirus ha offerto però nuove possibilità a Taiwan per creare legami diplomatici con diversi paesi del mondo, grazie soprattutto all’invio di materiale sanitario.
I rapporti con la Cina sono il motivo per cui dal 1971 Taiwan non è più membro dell’ONU: ogni richiesta avanzata finora dal governo taiwanese di essere riammesso nell’organizzazione è stata bloccata dall’opposizione della Cina. Taiwan non è nemmeno membro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), agenzia delle Nazioni Unite specializzata in questioni sanitarie e accusata di recente di essere subalterna alla Cina. Dal 2009 al 2016, quando era governato dal Kuomintang, forza politica meno ostile di altri partiti taiwanesi verso il governo di Pechino, Taiwan è stato membro dell’Assemblea Mondiale della Sanità (AMS), organo legislativo dell’OMS che si riunisce tutti gli anni e che ha iniziato una nuova sessione di lavori ieri, lunedì 18 maggio. Dal 2016, da quando le elezioni locali sono state vinte dal Partito progressista democratico – più ostile verso la Cina rispetto al Kuomintang – le cose sono cambiate e Taiwan ha smesso di far parte anche dell’AMS.
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Taiwan, infatti, ha potuto dedicarsi ampiamente all’invio di aiuti dopo avere efficacemente contenuto l’epidemia all’interno dei propri confini nazionali. Le autorità locali sono riuscite a limitare il numero di contagi grazie all’esperienza accumulata nell’affrontare l’epidemia di SARS del 2003 e al massiccio uso della tecnologia per tracciare i contatti dei casi positivi. Senza imporre misure draconiane, come quelle adottate in Cina e nella stragrande maggioranza dei paesi del mondo, Taiwan ha fatto registrare solo 440 casi confermati di COVID-19 e 7 morti. Da oltre un mese, inoltre, non sono rilevati sull’isola nuovi casi di trasmissione locale del coronavirus.
Dopo avere contenuto l’epidemia a casa propria, Taiwan ha lanciato la propria iniziativa di “soft power”, proponendo di fatto un’alternativa alla “diplomazia delle mascherine” della Cina (per “soft power” s’intende l’abilità di un paese di ottenere influenza con la persuasione, per esempio facendo leva sui propri valori culturali e politici, invece che usando la forza o la minaccia della forza). Taiwan ha presentato i suoi sforzi sotto lo slogan “Taiwan Can Help” (“Taiwan può aiutare”), mandando per esempio milioni di mascherine agli Stati Uniti, all’Europa e ai suoi alleati, 15 stati per lo più caraibici, africani e della zona del Pacifico.
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In molti casi le iniziative di aiuto di Taiwan sono state accolte più favorevolmente di quelle cinesi, che si sono scontrate con diversi problemi. A marzo, per esempio, i Paesi Bassi dovettero ritirare dal mercato 600mila mascherine comprate dalla Cina per un malfunzionamento dei filtri. Il governo spagnolo dovette rinunciare all’uso di moltissimi tamponi acquistati dalla Cina a causa del loro basso livello di accuratezza.
Allo stesso tempo sono aumentate le richieste per permettere a Taiwan di partecipare all’Assemblea Mondiale della Sanità, organo dell’OMS: tra gli altri, lo hanno chiesto il Giappone, il Canada e la Nuova Zelanda, provocando la dura reazione cinese. Lunedì il portavoce del ministro degli Esteri cinese, Xhao Lijian, ha intimato al governo neozelandese «di smettere immediatamente di fare dichiarazioni sbagliate su Taiwan, per evitare di danneggiare le nostre reazioni bilaterali». La Cina ha definito i tentativi di Taiwan di partecipare all’AMS un «complotto politico».
Nelle ultime settimane diversi osservatori hanno commentato la possibilità che la Cina possa sfruttare la pandemia da coronavirus per prendere il controllo di Taiwan con la forza, una cosa che il governo di Pechino non ha mai escluso del tutto e di cui si è accennato in alcuni articoli della stampa cinese, controllata dal governo.
Le preoccupazioni si sono intensificate anche a causa dell’aumento delle esercitazioni militari cinesi attorno a Taiwan, come ha sottolineato lo stesso ministro degli Esteri taiwanese, Joseph Wu, in un’intervista data a Timothy McLaughlin, giornalista dell’Atlantic. Al momento sembra comunque improbabile un’azione militare contro Taiwan, hanno detto diversi analisti, alcuni dei quali per esempio citati dal South Morning China Post, giornale di Hong Kong. Potrebbe invece intensificarsi il dibattito sulla partecipazione di Taiwan all’AMS, e su un suo eventuale reintegro all’interno di organizzazioni internazionali come l’OMS.