Perché la proposta di Merkel e Macron è importante
I governi di Francia e Germania hanno presentato un piano ambizioso e concreto per condividere in Europa i costi della crisi, che apre scenari completamente nuovi
Lunedì sera, nel corso di una videoconferenza che si è tenuta tra Parigi e Berlino, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron hanno annunciato un piano per creare un fondo europeo da 500 miliardi di euro, finanziato da emissioni di debito comune, con cui aiutare i paesi a uscire dalla crisi economica causata dalla pandemia di COVID-19.
Dopo le proposte circolate nelle scorse settimane e parzialmente discusse durante l’ultimo Consiglio Europeo, l’organo dell’Unione Europea che comprende i capi di stato e di governo, quello raggiunto da Francia e Germania è il primo compromesso concreto per emettere quantità consistenti di debito comune europeo: un passo importante per la creazione degli eurobond e il tentativo più significativo fatto finora per affrontare la crisi economica a livello europeo.
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Esperti e commentatori hanno accolto il piano franco-tedesco in maniera molto positiva. L’ex vice presidente della BCE Vitor Constâncio l’ha definita una «proposta eccellente», mentre i governi di Italia e Spagna hanno rapidamente dichiarato il loro sostegno, spiegando che la ritengono un buon punto di partenza per un futuro negoziato, e anche i mercati finanziari l’hanno accolta con favore. Dopo l’annuncio, lo spread italiano è rapidamente calato di circa 20 punti, mentre l’euro ha guadagnato sul dollaro.
La proposta presentata da Merkel e Macron arriva al culmine della lunga e difficile trattativa per produrre una risposta comunitaria alla crisi economica causata dalla pandemia. La trattativa era iniziata a livello europeo lo scorso marzo, quando Francia, Italia, Spagna e Portogallo avevano chiesto agli altri stati membri di finanziare un fondo per aiutare i paesi in difficoltà con strumenti di debito comune, i famosi eurobond.
A questo piano si erano opposti i paesi dell’Europa settentrionale, in particolare i Paesi Bassi, e in poco tempo le trattative sembravano essersi arenate. Dopo diversi incontri infruttuosi, la parola “eurobond” era stata eliminata dalla discussione e l’Unione Europea sembrava avviata verso una soluzione piuttosto generica: la creazione di un fondo di aiuti gestito dalla Commissione Europea, su cui rimanevano parecchi dubbi. Eliminati gli eurobond, lo scontro politico si era spostato su come finanziare e poi distribuire questo fondo chiamato “recovery fund”, fondo per la ripresa.
Il piano presentato ieri ha rivitalizzato le trattative proponendo soluzioni ambiziose per quasi tutti i punti lasciati irrisolti fino a questo momento. Il fondo, hanno detto Merkel e Macron, sarà finanziato con debito comunitario emesso dall’Unione Europea e garantito dal bilancio pluriennale in vigore dal 2021 al 2027. Il denaro potrà così essere raccolto a un tasso di interesse molto basso, persino negativo.
Questi fondi saranno distribuiti ai vari stati membri sulla base delle loro necessità e delle difficoltà economiche che si troveranno ad affrontare. Tecnicamente il debito sarà emesso e ripagato dalla Commissione Europea, che per farlo utilizzerà i contributi al suo budget dei singoli stati membri, che saranno spalmati su molti anni. «È una proposta molto chiara», ha spiegato a Politico Lucas Guttenberg, ex economista della Banca Centrale Europea: «non è frutto di stregoneria finanziaria, e anzi è lineare: emettere bond europei per coprire spese europee».
Visto che i contributi al bilancio della Commissione sono proporzionali al PIL, mentre la distribuzione del fondo sarà sulla base delle necessità economiche, sarà possibile che stati in difficoltà come l’Italia ricevano più di quanto dovranno versare. Come ha scritto Silvia Merler, capo ricercatrice dell’Algebris Policy & Research Forum (dove si occupa di studi e consulenze sulle politiche economiche europee), di fatto sarebbe «un trasferimento a fondo perduto che redistribuisce da nord al sud». Secondo un calcolo del corrispondente di Repubblica dalle istituzioni europee, Alberto d’Argenio, l’Italia potrebbe ricevere dal fondo fra gli 80 e i 100 miliardi di euro.
Le modalità di restituzione non sono ancora state definite con precisione e il fatto che il debito emesso sarà a medio e lungo termine (intorno ai dieci anni) significa che altre soluzioni potrebbero essere trovate in futuro. Il piano franco-tedesco, per esempio, nomina esplicitamente la possibilità di introdurre in futuro una tassa europea sui profitti delle imprese con cui contribuire al finanziamento del fondo. È una proposta molto ambiziosa: finora non esistono tasse raccolte dall’Unione Europea, e garantire degli introiti stabili all’Unione sarebbe una ulteriore piccola cessione di sovranità da parte degli stati, e di rafforzamento del progetto europeo.
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Al piano non mancano comunque le critiche, e la sua approvazione potrebbe rimanere problematica. Un punto sollevato da molti è che 500 miliardi di euro destinati a tutta l’Unione Europea e da distribuire nei prossimi tre anni non sono una cifra particolarmente significativa, considerato che negli Stati Uniti, un’economia di dimensioni paragonabili a quelle dell’Unione Europea, gli aiuti all’economia si misurano in migliaia di miliardi.
Non è chiaro inoltre in che modo, a quali condizioni e con quali meccanismi il denaro sarà trasferito ai vari stati. Se ci saranno forti condizioni, per esempio, oppure una sorveglianza rafforzata da parte della Commissione sui paesi che ne faranno richiesta, come è avvenuto ad esempio nel caso degli aiuti alla Grecia, l’utilizzo del fondo diventerebbe politicamente molto complicato.
Rimane da vedere, inoltre, se il piano riuscirà a superare l’obiezione dei paesi più ostili all’unione fiscale e alla condivisione del debito. Subito dopo l’annuncio di Merkel e Macron, il cancelliere austriaco Sebastian Kurz ha detto di non essere d’accordo con la proposta e di preferire un sistema in cui il denaro raccolto dalla Commissione venga distribuito agli stati membri sotto forma di prestiti concessi a precise condizioni. Kurz ha detto di aver parlato con diversi colleghi dei governi del Nord Europa che condividono le sue posizioni.
Nonostante questi problemi, i commentatori ottimisti rimangono la maggioranza. Il fatto che i due paesi politicamente ed economicamente più importanti d’Europa, Francia e Germania, abbiano trovato un accordo – cosa che in passato ha sbloccato decine di altri stalli – lascia pensare che le resistenze potranno essere superate. Anche chi chiede misure più ambiziose sottolinea comunque l’importanza simbolica e storica di una sua eventuale approvazione.
Una volta infranto il tabù dell’emissione massiccia di debito europeo comune e della sua distribuzione sulla base delle necessità e non di criteri oggettivi, come il PIL, l’Unione Europea si troverebbe di fronte a una svolta storica. Lunedì molti esperti hanno utilizzato l’espressione “Hamilton moment” per descrivere questa fase. L’espressione si riferisce al contributo che il segretario al Tesoro americano Alexander Hamilton diede, nel 1790, alla trasformazione del debito dei singoli stati della confederazione in debito pubblico del governo federale, un momento fondamentale nella trasformazione degli Stati Uniti nel paese che conosciamo oggi.
Come ha scritto tra molti altri Helen Thomson, che insegna economia politica dell’Università di Cambridge, la proposta franco-tedesca mette le basi per attuare una svolta simile nell’Unione Europea. Se la Commissione Europea inizierà a emettere debito comune, prima o poi un “Hamilton europeo” chiederà che la stessa Commissione venga dotata del potere di imporre tasse, il che a sua volta la renderebbe, per la prima volta, un vero e proprio governo europeo.