Per chi vuole capirne di più di moda
Un po' di consigli su libri, documentari, persone da seguire che la spiegano anche ai principianti
La moda è un settore importante dell’economia italiana – nel 2018, per esempio, valeva l’1,2 per cento del PIL nazionale, pari a 71,7 miliardi di euro – ed è anche tra i motivi per cui l’Italia è conosciuta e ammirata all’estero. Nonostante questo, gran parte delle persone ha della moda una visione frivola e macchiettistica – sono solo vestiti bizzarri, carissimi e immettibili – ridotta al “cosa andrà di moda quest’anno” oppure arroccata, senza cognizione di causa, sull’orgoglio nazionale per l'”eccellenza del made in Italy”.
La moda, italiana o meno, è molto più di questo: un’industria globale che si regge su un equilibrio delicato e strettamente intrecciato, un mercato dove girano miliardi di euro che non consente sprovvedutezza e che richiede di indovinare i desideri delle masse; allo stesso tempo, è un mondo dove si può e si deve essere creativi e originali e dov’è ammirato chi, attraverso gli abiti, riesce a intravedere il mondo che verrà. È un universo di storie di successo su cui nessuno avrebbe scommesso, di trionfi e cadute in disgrazia, di dissipatezza e dedizione monacale al lavoro e, infine, di aneddoti su qualsiasi cosa stiate indossando in questo istante. Abbiamo messo insieme qualche consiglio su riviste e libri da leggere, esperti da seguire su internet e documentari da guardare, per chi avesse voglia di conoscere un po’ di più il mondo della moda.
Documentari
Forse il modo più facile e immediato per avvicinarsi al settore è guardare qualcuno dei tanti documentari che lo raccontano usciti negli ultimi anni. Il cinema non ha esplorato come avrebbe potuto il mondo della moda – tra i film più famosi ci sono Il diavolo veste Prada e il recente Il filo nascosto – che per ora ha trovato nel documentario il genere più appropriato. Ne trovate a decine (qui c’è un elenco molto ricco), potete iniziare con Valentino: L’ultimo imperatore (2008) di Matt Tyrnauer, che racconta gli ultimi due anni di attività di Valentino Garavani, il fondatore dell’omonimo marchio. È il risultato di 250 ore di filmati girati tra il 2005 e il 2007 e racconta la storia dello stilista, mostra il suo modo di lavorare, la gentilezza, i momenti di nervosismo, il rapporto con il suo socio in affari, e per un periodo compagno, Giancarlo Giammetti.
The September Issue (2007) è forse il documentario di moda più famoso di tutti, quello che ha dato inizio al successo del genere e che ha contribuito alla fama di Anna Wintour, la direttrice dell’edizione americana di Vogue. Se vi è piaciuto, potete continuare con Franca, Chaos and Creation (2016), dedicato a Franca Sozzani, la celebre direttrice di Vogue Italia morta nel 2016, e girato da suo figlio, Francesco Carrozzini; lo trovate su Netflix.
Vi potreste divertire con Iris (2014) su Iris Apfel che, a 98 anni, è modella e icona di stile, con 1,4 milioni di followers su Instagram. Dedicato a una figura leggendaria è Diana Vreeland: l’imperatrice della moda (2012), giornalista di Harper’s Bazaar dal 1936 al 1962 e poi direttrice di Vogue America dal 1963 al 1971: delineò il giornalismo di moda e dettò a lungo, in un modo paragonabile ad Anna Wintour, il gusto e lo stile del suo tempo.
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I documentari sugli stilisti sono tantissimi, noi vi consigliamo Dior and I (2014), sulla sfilata della prima collezione dello stilista Raf Simons da Dior, Yves Saint Laurent: L’amour fou sullo stilista francese e il suo compagno e socio in affari, Pierre Bergé, e Jeremy Scott: the people’s designer, sul direttore creativo di Moschino, ma ce ne sono su Alexander McQueen (McQueen), Manolo Blahnik (Manolo the boy who made shoes for lizards), Zac Posen (House of Z), Dries Van Noten (Dries), Martin Margiela (We Margiela), Olivier Rousteing (Wonder boy) e molti altri ancora.
Per finire, rischiate di commuovervi con Bill Cunningham New York (2010), su uno dei fotografi di moda più influenti e amati del Novecento, che fotografava le modelle in passerella e chiunque, in strada, indossasse qualcosa di bello.
Sfilate
Per capire la moda è fondamentale guardarla. Così come approfondite la filmografia di un regista che vi piace o riguardate le vecchie partite della vostra squadra preferita, dovreste dedicare un po’ di tempo a osservare gli abiti e le sfilate: man mano riconoscerete il tocco e le abilità di ogni stilista e con il tempo capirete quali sono gli stilisti e gli abiti che cita nelle sue collezioni. Soprattutto, provate a guardare le sfilate – che sono fatte, oltre che di abiti, di scenografie, di musica e della fisicità attentamente scelta dei modelli – come se fossero un’opera d’arte: cosa vi comunica, cosa vi fa provare, vi sentite vicini a quello che guardate, vorreste vivere in quel mondo?
Le sfilate più importanti sono organizzate nelle cosiddette Settimane della moda di New York, Londra, Milano e Parigi. Quelle della moda femminile si tengono tra febbraio e marzo (e presentano le collezioni dell’autunno e inverno successivi) e tra settembre e ottobre (e sono dedicate alla primavera/estate dell’anno dopo); quelle maschili si tengono a gennaio (dedicate all’autunno/inverno seguenti) e a giugno (con le collezioni per la primavera/estate dell’anno successivo). A questo si aggiungono le sfilate cosiddette cruise, che ogni azienda di moda organizza in una destinazione a piacere, solitamente molto scenografica, e che si svolgono in un momento intermedio del calendario, a maggio e a ottobre. Poi ci sono le capsule collection, collezioni limitate nel tempo, e i drop, la messa in vendita, a sorpresa o con breve preavviso, di prodotti in edizione limitata e in pochi negozi.
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Ormai quasi ogni azienda trasmette in diretta sui propri social network, su Instagram o YouTube la sfilata; molte sono trasmesse dai siti di moda, come Vogue. Su Vogue, ma anche altri giornali online come il New York Times, trovate anche tutti i look della sfilata (cioè l’abbinamento di abiti e accessori indossato da ogni modello). Oltre a seguire le sfilate potete recuperare, anche su YouTube, quelle vecchie, come queste particolarmente scenografiche.
Commentatori e critici
Un atteggiamento da avere davanti a una sfilata, e alla moda in generale, è coniugare la soggettività – e capire semplicemente se vi piace e vi coinvolge – all’opinione degli esperti: giornalisti, blogger, analisti economici, storici della moda, stilisti. Ognuno nel suo campo avrà un punto di vista diverso: una collezione innovativa potrebbe essere poco attenta al mercato, vendere male e far allontanare il direttore creativo che l’ha disegnata, oppure una sfilata che a voi è piaciuta molto potrebbe rivelarsi banale e già vista (non scoraggiatevi se succede: è normale, ed è normale che all’inizio piacciano cose rassicuranti e conosciute).
Il giornalismo di moda non è fatto solo di nomi astrusi di capi e tessuti: molte analisi sono chiare e semplici da seguire e inquadrano quello che succede nella moda nel più largo contesto sociale, storico e artistico. Robin Givhan del Washington Post è stata la prima critica di moda a vincere il premio Pulitzer per la critica, nel 2006, per «gli spiritosi e attenti saggi che hanno trasformato il giornalismo di moda in giornalismo culturale»; Givhan è nota anche per le analisi dell’abbigliamento di personaggi pubblici, come quelli durante il primo anno da First Lady di Michelle Obama. Un approccio simile è condiviso da Vanessa Friedman del New York Times, particolarmente attenta all’analisi sociale e culturale degli abiti.
Jess Cartner-Morley del Guardian alterna analisi delle sfilate ad articoli di costume, considerazioni su grandi cambiamenti nel mondo della moda (come per esempio che è sempre meno sexy) alla rubrica How to dress, con consigli spiccioli su come indossare la salopette, le ballerine o un solo colore.
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Tim Blanks è tra i giornalisti di moda più noti e prolifici. È noto per aver condotto dal 1989 al 2009 Fashion File, un programma tv canadese sull’industria della moda e in particolare per la serie Masters of style, in cui intervistava personaggi importanti come gli stilisti John Galliano e Alexander McQueen. Dal 2015 collabora con Business of Fashion (BoF), il sito e rivista di moda più autorevole, serio e meglio informato del settore. Per farvi un’idea, qui trovate il suo editoriale su come il coronavirus cambierà la moda.
Dello stesso calibro è la britannica Suzy Menkes, famosa per l’aspetto eccentrico e per i giudizi sferzanti e senza mezze misure: fu scoperta poco più che ventenne da Charles Wintour (il padre di Anna Wintour) che la assunse al London Evening Standard, dove lavorò per 25 anni. Dal 2014 è diventata giornalista di Vogue. Da fine aprile ha un podcast, Creative Conversations, dove parla di moda insieme ai suoi protagonisti. Per la moda maschile, potete seguire Alexander Fury, che ne scrive sul Financial Times oltre a essere il direttore della moda per la rivista AnOther.
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Uno dei critici italiani più apprezzati in tutto il mondo è Angelo Flaccavento, che scrive soprattutto sul Sole 24 Ore ma collabora con altri giornali, tra cui BoF: è apprezzato per l’erudizione, per l’attenzione al linguaggio e una visione della moda come riflesso della società.
Anche se non seguite molto la moda, infine, conoscete certamente la leggendaria giornalista di moda Anna Wintour, direttrice di Vogue America dal 1988: è una delle figure più potenti e carismatiche del settore, la sua influenza non si limita al giornalismo di moda ma ha contribuito a lanciare carriere, generi, personaggi famosi o a rovinarli. Potete leggere i suoi editoriali su Vogue e seguirla sui social network, qui vi consigliamo la divertente rubrica Go Ask Anna sul canale YouTube di Vogue, dove Wintour risponde, impassibile e dal suo ufficio, alle domande ricevute su qualsiasi argomento da celebrità e persone comuni.
Anna Wintour ha 70 anni e da tempo si parla di un suo possibile ritiro, sempre smentito. Non ci sono ipotesi concrete sui suoi possibili successori, ma più di qualcuno considera tra le migliori candidate Penny Martin, direttrice della rivista biannuale The Gentlewoman, tra le più sofisticate, interessanti e di stringente attualità in circolazione.
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Chi seguire sui social network
Seguire Vogue su Instagram è molto utile perché trasmette in diretta molte sfilate. Uno degli account più seguiti è Diet Prada, implacabile segnalatore di copie e plagi di stilisti famosi che, da fonte di divertimento, è diventato negli ultimi tempi troppo aggressivo per molti.
Se doveste scegliere un’unica persona da seguire, noi vi consigliamo Pierre A. M’Pelé, cioè PamBoy, tra i migliori esperti e critici di moda di oggi: seguirlo significa essere aggiornati, in modo divertente, sulle notizie e le discussioni del momento, confrontarsi con pareri brillanti e ricevere risposte chiare a qualsiasi domanda. È anche famoso per le recensioni alle sfilate nelle Storie su Instagram, immediate da capire: tutti i look sono commentati con una emoticon (di cui trovate la legenda sempre nelle Storie). Nella sezione “How much” c’è un giochino in cui dovete indovinare il costo di abbigliamenti e accessori di alta moda. M’Pelé scrive di moda sul giornale francese Le Point e su Love magazine.
Su YouTube potete seguire Bliss Foster, che è molto accurato e informato. Ha una serie in cui racconta la storia e analizza il lavoro di uno stilista alla volta (l’ultimo è Martin Margiela), a cui si aggiungono video con il commento alle sfilate e ai cambiamenti nel settore. Qui per esempio racconta come potrebbe cambiare il sistema delle sfilate (che avevamo raccontato anche noi sul Post) dopo il coronavirus.
Sempre per capirne qualcosa divertendosi, potete seguire su YouTube Luke Meagher, cioè HauteLeMode, «il critico di moda e il creatore di meme che la Generation Z merita», come lo ha definito il sito di Paper Mag. Non si fa scrupoli a criticare, spesso con meme spiritosi, i grandi della moda; i video in cui commenta le sfilate e i red carpet, recuperandone alcuni famosi degli anni passati, poggiano sullo studio della storia della moda e sui meccanismi del suo funzionamento come industria.
I social network sono l’ambiente adatto per sperimentare e farsi un proprio gusto: seguite i marchi, gli stilisti, le modelle, i fotografi e gli influencer che vi piacciono di più, abbandonateli quando vi annoiano e sostituiteli con altri. Tra i nostri preferiti ci sono Pierpaolo Piccoli, il direttore creativo di Valentino, che condivide bei momenti delle sfilate e del lavoro delle sarte dietro le quinte; Giancarlo Giammetti, a lungo compagno di Valentino Garavani, che pubblica alcune foto d’archivio e altre della loro vita quotidiana, tra cagnolini e giardini sontuosi; la giornalista Anna dello Russo, direttrice creativa di Vogue Giappone, per i vestiti che indossa agli eventi mondani in tutto il mondo; Donatella Versace per gli abiti, le foto di archivio e il personaggio che è; Alessandro Michele, il direttore creativo di Gucci, per gli anelli, i bracciali, le anticaglie da cui prendere spunto; lo stilista Marc Jacobs che sta documentando la sua quarantena tra smalto e mascherine; lo stilista Nicolas Ghesquière perché racconta molti dietro le quinte sul suo lavoro da direttore creativo a Louis Vuitton; lo stilista Alber Elbaz, ex direttore creativo di Lanvin, per l’eccentrica simpatia.
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Seguite Chiara Ferragni, una delle fashion blogger più influenti al mondo e The Sartorialist, cioè Scott Schuman, che resta un punto di riferimento sulla fotografia di strada applicata alla moda: da più di 15 anni fotografa le persone vestite meglio o in modo interessante che incontra per strada. Un buon modo per scoprire fotografi di moda che vi piacciono è seguire su Instagram Chiara Bardelli Nonino, photoeditor di Vogue Italia e l’Uomo Vogue, che raccoglie, soprattutto nelle Storie, alcuni dei più interessanti del momento.
Non va dimenticato, infine, l’account Instagram di Choupette, la gatta di Karl Lagerfeld, l’ex stilista di Chanel morto un anno fa.
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Siti e Riviste
Vogue (nelle sue più di 20 edizioni in tutto il mondo) è stato considerato a lungo un punto di riferimento nel settore insieme al rivale Harper’s Bazaar (da poco anche in Italia) ma in generale i grossi giornali e riviste hanno la loro sezione di moda più o meno curata e interessante, come i già citati New York Times, Washington Post, Guardian e Financial Times. T Magazine, il mensile del New York Times, è pieno di storie, approfondimenti e fotografie belle da guardare; i-D è la rivista di moda di Vice, incentrata sulla cultura e la moda giovanile; Highsnobiety è dedicato soprattutto alle sneaker e allo streetwear (lo stile nato negli anni Ottanta e Novanta nel mondo degli skaters e dei surfisti californiani).
Se volete fare un investimento abbonatevi a The Gentlewoman, soprattutto per le lunghe interviste con importanti stiliste, modelle, scrittrici e attrici. Se infine avete deciso che volete sapere tutto di moda, puntate a Business of Fashion, che raccoglie analisi, storie, interviste, corsi, casi di studio, podcast, le ultime notizie e soprattutto la newsletter più seguita nel mondo della moda, che ogni giorno segnala gli articoli più interessanti usciti nelle ultime 24 ore: la trovate qui e potete iscrivervi gratuitamente qui.
– Leggi anche: Storia della felpa col cappuccio
Libri
Ci sono moltissimi libri sulla storia della moda e sulla fotografia di moda, che potete acquistare dopo aver scelto il vostro stilista o fotografo preferito. Qui vi consigliamo Le forme della moda di Maria Luisa Frisa, una delle più importanti critiche e curatrici di moda italiane, direttrice del Corso di laurea in Design della moda e all’Università Iuav di Venezia. Il libro fa parte della collana del Mulino “Farsi un’idea” e in 140 pagine suddivise in 8 capitoli esplora in modo chiaro il sistema moda, raccontando come funziona e quali sono le sue figure professionali. Allo stesso modo utile e immediato è il Piccolo dizionario della moda di Christian Dior: un libretto scritto nel 1954 dal celebre stilista francese perché «non fosse lungo da divenire tedioso, né così breve da sembrare insufficiente»: utile per scoprire qualcosa sui vestiti da giorno, sul piquet e il colore rosa.
Bill Cunningham: On the Street, il memoir del noto e benvoluto fotografo di moda del New York Times, morto a 87 anni nel giugno del 2016 dopo aver condotto una vita austera e monacale; soltanto allora la sua famiglia trovò il manoscritto, in cui racconta la sua vita dai quattro anni in poi, e decise di pubblicarlo. La sua storia è intrecciata con quella della moda dagli anni Sessanta in poi.
Women in Clothes di Heidi Julavits, Leanne Shapton, e Sheila Heti è un libro di moda originale e insolito che mette insieme interviste, saggi, poesie, fotografie a partire da un questionario, in evoluzione, fatto a centinaia di donne sul rapporto con il modo di vestire e apparire in pubblico, come: “Con quali donne parli di vestiti?”, “Pensi di avere gusto?”, “Segui delle regole quando fai shopping?”. “C’è qualche moda che ti sei rifiutata di seguire?”.
Anche se un po’ datato, il romanzo Glamorama (1998) di Bret Easton Ellis racconta il mondo della moda degli anni Novanta a partire dal personaggio di Victor Ward, che era già comparso in Le regole dell’attrazione e che qui fa il modello a New York, tra feste, sfilate, inviti esclusivi, shopping e celebrità.