Il piano di Francia e Germania per aiutare l’economia europea
La proposta centrale è quella di un "fondo per la ripresa" da 500 miliardi di euro, da finanziare con debito pubblico comunitario
Francia e Germania hanno presentato lunedì un piano congiunto con alcune proposte per aiutare l’Unione Europea a uscire dalla crisi causata dal coronavirus. La più importante e quella di cui si sta già discutendo di più è un “fondo per la ripresa” (recovery fund) di 500 miliardi di euro per aiutare i settori più colpiti dalla crisi.
A differenza di altri fondi europei per sostenere l’economia, questo prevederebbe la raccolta di soldi sui mercati finanziari e la loro distribuzione tramite sussidi (e non prestiti): un meccanismo per alcuni versi simile a quello degli eurobond, di cui si è parlato molto negli ultimi mesi.
Il piano è stato presentato con una conferenza stampa a cui hanno partecipato la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron. Merkel e Macron hanno parlato della necessità di aiutare i paesi e i settori economici più colpiti dalla crisi e dell’importanza di farlo rafforzando l’Unione Europea, rendendola più unita e coesa.
Le proposte riguardano maggior cooperazione tra i paesi in ambito sanitario (per avere strategie comuni in caso di emergenza, ma anche maggiore collaborazione nella ricerca e produzione di vaccini), investimenti per la digitalizzazione e per il rilancio del Green Deal europeo (il complesso piano della Commissione Europea per combattere il cambiamento climatico) e uno sforzo comune per rafforzare il mercato unico e la libera circolazione delle persone tra i paesi membri: il testo della proposta, in inglese, si può leggere qui.
Il fondo per la ripresa è però la proposta centrale tra quelle presentate oggi, perché permetterebbe all’Unione Europea di avere uno strumento da usare a breve termine per sostenere l’uscita dalla crisi di questi mesi. A differenza del MES, il fondo per la ripresa non prevederebbe prestiti dell’Unione Europea ai paesi in difficoltà, ma sussidi a fondo perduto da usare direttamente per aiutare l’economia. Il fondo, affidato alla Commissione Europea, verrebbe finanziato raccogliendo soldi sui mercati finanziari a nome dell’Unione Europea (quindi, di fatto, facendo debito pubblico comunitario) e sarebbe ripagato equamente da tutti i paesi membri del corso dei prossimi anni.
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Il meccanismo di finanziamento del fondo è simile a quello di cui si era parlato per i cosiddetti eurobond, i “titoli di stato europei” chiesti da paesi come Italia, Francia e Spagna per aiutare le economie dei paesi più in difficoltà. Il fondo avrebbe però dimensioni minori rispetto a quanto chiesto in passato anche dall’Italia (si era parlato di 2.000 miliardi di euro) e i soldi sarebbero gestiti dalla Commissione Europea e non direttamente dagli stati membri.
Merkel e Macron hanno detto di essere arrivati alla proposta dopo aver parlato a lungo sia con i paesi che avevano chiesto gli eurobond che con quelli che si erano più opposti a forme di debito pubblico comunitario, come i Paesi Bassi e l’Austria. Il fondo sarebbe quindi una sorta di compromesso, da cui partire per trovare un accordo con tutti gli altri paesi dell’Unione. Il passaggio dal meccanismo dei prestiti a quello dei sussidi e il ricorso ai mercati piaceranno probabilmente a paesi come Italia e Spagna, le dimensioni ridotte del fondo e il controllo affidato alla Commissione Europea dovrebbero invece essere una garanzia per i paesi che si erano opposti agli eurobond.
Diversi giornalisti e analisti hanno scritto positivamente della proposta di Francia e Germania. Se è vero che il fondo non avrà dimensioni enormi, è anche vero che darà a breve termine una discreta capacità di spesa all’Unione Europea, che si aggiungerà ai soldi che vengono normalmente distribuiti con il budget pluriennale dell’Unione. E si tratta della prima volta che la Germania sostiene la possibilità di creare debito pubblico comunitario. Il fatto che ci sia già un’intesa con la Francia, inoltre, potrebbe facilitare le discussioni con gli altri paesi, da cui dipenderà il futuro della proposta. Come ogni decisione europea, servirà infatti l’accordo tra tutti i 27 paesi dell’Unione per arrivare a qualcosa di concreto.