Non si esce dall’aeroporto di Hong Kong senza un test per il coronavirus
Una giornalista ha raccontato le efficienti procedure e la lunga attesa obbligatorie per chi arriva nella regione autonoma cinese
Dall’inizio della pandemia di COVID-19, a Hong Kong ci sono stati solo 1.053 casi di infezione accertati e solo quattro persone sono morte a causa del coronavirus. La diffusione del virus nella città, che ha 7,4 milioni di abitanti, è ridottissima, tanto che la maggior parte dei contagiati registrati nell’ultimo mese erano stati infettati altrove. Nonostante a partire dal 4 maggio alcune restrizioni per contenere ulteriori contagi siano state allentate (dopo che erano state nuovamente irrigidite per un aumento dei casi) al momento può entrare a Hong Kong dall’estero solo chi è residente in città e per farlo è necessario sottoporsi a un test per il SARS-CoV-2, e aspettarne il risultato, prima di uscire dall’aeroporto. La giornalista e fotografa Lauren Chor ha raccontato sul Guardian com’è stato sottoporsi a tutta la procedura.
Negli ultimi due mesi e mezzo Chor era stata in Europa per lavoro e quando ha deciso di rientrare a Hong Kong si trovava a Parigi. La prima parte del suo viaggio è stata un volo tra l’aeroporto Charles De Gaulle e Heathrow, a Londra, perché di voli diretti tra Parigi e Hong Kong al momento non ce ne sono. Chor ha trovato tutti i ristoranti e i negozi degli aeroporti chiusi, ha attraversato i controlli di sicurezza da sola e non ha sentito annunci rivolti a passeggeri in ritardo. Guardando i tabelloni sulle partenze si è resa conto che quasi tutte le persone che avrebbe visto al terminal sarebbero state sul suo stesso volo.
«Sono abituata a viaggiare da sola, ma non mi aspettavo la sensazione di isolamento che ho provato spostandomi da una scena distopica alla successiva. Volare su una lunga distanza non è mai stato così strano», ha spiegato Chor. Sul Boeing 777 della British Airways che l’ha portata da Londra a Hong Kong c’erano 100 passeggeri, circa un terzo di quelli che un aereo del genere può trasportare. Dell’equipaggio, solo la persona che ha accolto i passeggeri a bordo e indicato loro dove sedersi aveva guanti e mascherina; alcuni dei passeggeri però indossavano tute protettive che coprivano tutto il corpo, visiere per il viso, occhiali protettive e guanti. La maggior parte invece, Chor compresa, indossava solo una mascherina per coprire naso e bocca. Nonostante la stranezza della situazione, le persone a bordo non sembravano nervose: «Nessuno aveva fretta di arrivare a destinazione», ha pensato Chor.
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Dopo 12 ore di volo, i passeggeri sono scesi mantenendo le distanze e sono stati trattati dal personale aeroportuale come potenziali infetti. Il loro percorso dall’aereo all’uscita dell’aeroporto è stato diviso in una serie di passaggi successivi, durati complessivamente più di otto ore.
I just went through this, but there were so many steps & stations upon arrival in HK that I’ve forgotten half. I filled in a quarantine order + a health declaration, was made to download an app, received a tracking bracelet, had it registered. Someone checked my phone # worked. pic.twitter.com/Bm0gHDIdiJ
— Laurel Chor (@laurelchor) May 14, 2020
Come prima cosa, a ogni passeggero sono stati dati dei moduli da compilare ed è stato ordinato loro di scaricare sul proprio smartphone l’app per monitorare la posizione delle persone in quarantena. Poi un addetto ha registrato i numeri di telefono di ciascuno e controllato che funzionassero davvero. Un altro addetto ha dato a Chor un braccialetto per il monitoraggio degli spostamenti che funziona insieme all’app, e un’ulteriore persona lo ha attivato. Un membro del personale medico ha firmato il suo ordine di quarantena e le ha dato un termometro, dicendole di misurarsi la temperatura due volte al giorno.
After receiving my bracelet and my thermometer, I went on through immigration and got my bags as normal. On the other side we were directed onto buses and young men in full protection gear helped load our bags onto the bus. pic.twitter.com/ldU2nDQNYF
— Laurel Chor (@laurelchor) May 14, 2020
La parte successiva del percorso è stata più simile a quella a cui siamo abituati: Chor ha recuperato il suo bagaglio ed è passata oltre i controlli doganali. Ma dopo non è potuta andare direttamente a casa: insieme alle altre persone che erano con lei sul volo da Londra è salita su un pullman che le ha portate a un vicino centro conferenze trasformato in una struttura per fare test per il coronavirus. Dopo aver fatto una fila mantenendo le distanze, a ognuna delle persone è stato dato un pacchetto contenente il materiale necessario per il test e un numero da portare al collo con un cordino.
Ogni persona ha dovuto raccogliere da sé la propria saliva: le istruzioni su come fare sono state spiegate a tutti personalmente prima da un membro del personale sanitario, e poi da un video proiettato su tre schermi in una grande sala, dove le persone dovevano sedere su sedie distanziate.
In un’altra sala erano presenti cabine individuali, simili a quelle dove si vota alle elezioni, per permettere a tutti di raccogliere la propria saliva con un certo grado di privacy. Dopo aver consegnato la propria provetta di saliva, Chor è stata portata in un’altra sala ancora, dove ogni persona in attesa di conoscere i risultati del proprio test era fatta sedere a un tavolo con una sedia.
Here’s a time lapse of me awkwardly doing my self-test in my booth: I made a “kruuuar” sound as instructed to hock up my deep-throat saliva & spit it into a tube (w/ the help of a paper funnel) and double-bagged it. Several ppl made sure the tube was upright when I handed it in. pic.twitter.com/XzPNlTkQdN
— Laurel Chor (@laurelchor) May 14, 2020
Lì Chor ha aspettato più di sette ore. A un certo punto le sono stati portati un panino e una bottiglietta d’acqua; più tardi dei biscotti al cioccolato, dei crackers e altra acqua. Alla fine una voce ha annunciato che i passeggeri del volo da Londra sarebbero stati lasciati andare. Chor ha aspettato di essere chiamata col numero che le era stato assegnato: a quel punto le è stato detto che il suo test era negativo e le è stato consegnato un secondo kit per farsi il test, a 12 giorni di distanza. Se il primo test fosse stato positivo, Chor sarebbe stata portata in ospedale; dato che invece è risultata negativa è potuta andare a casa sua, dove però deve stare in quarantena per due settimane.
Finally, we were taken to a big hall w/ numbered & distanced individual tables with chairs. Different flights are assigned different rows. Each table comes with a trash bag and a couple information sheets. pic.twitter.com/hoQ64kRc4M
— Laurel Chor (@laurelchor) May 14, 2020