Cos’è questo “Obamagate”
Attorno a cosa gira l'ennesima accusa – infondata – di Trump contro il suo predecessore
Da qualche giorno il presidente degli Stati Uniti Donald Trump sta promuovendo una nuova teoria del complotto che ha chiamato “Obamagate”, e che riguarda il suo predecessore Barack Obama. Trump ha retwittato decine di account complottisti che hanno ripreso i suoi commenti e promosso i politici Repubblicani che ne hanno parlato, ribadendo più volte che l’ex presidente Obama sarebbe colpevole del «reato politico più grave nella storia americana».
Fin dall’inizio della sua carriera politica Trump ha diffuso informazioni parziali, forzate o semplicemente false sul suo operato e i suoi nemici politici; da anni, poi, Trump si dice convinto che i funzionari del governo nominati da Obama e rimasti in servizio cerchino costantemente di danneggiarlo, e che Obama stesso abbia cercato attivamente di metterlo in imbarazzo. Tre anni fa lo accusò di avere piazzato dei microfoni nel suo ufficio nella Trump Tower di New York, senza fornire alcuna prova.
Le accuse più recenti sono iniziate fra sabato e domenica, quando alcuni giornali hanno pubblicato gli stralci di una conversazione che Obama aveva avuto con circa tremila suoi ex collaboratori. Durante la conversazione, Obama ha criticato la recente decisione dell’amministrazione Trump di far cadere le accuse contro Michael Flynn, il primo consigliere per la sicurezza nazionale di Trump, finito sotto processo per avere nascosto le sue telefonate con alcuni emissari del governo russo e per avere lavorato come lobbista non dichiarato per conto del governo turco. Lo stesso Flynn si era dichiarato colpevole.
Obama aveva detto ai suoi ex collaboratori che decisioni come quella su Flynn «sono preoccupanti», e fanno temere che la tenuta dello stato di diritto negli Stati Uniti «sia a rischio» (parere peraltro condiviso da moltissimi osservatori, che considerano di natura politica la decisione di far cadere le accuse contro Flynn).
Da quel momento Trump ha ripreso ad attaccare Obama, retwittando varie teorie complottiste sul suo conto e accusandolo durante una conferenza stampa piena di giornalisti. Le accuse sono culminate in un’intervista televisiva data a Fox News in cui Trump sostiene che Obama sia «corrotto» e che meriti di finire in prigione.
"If I were a Democrat instead of a Republican, I think everybody would've been in jail a long time ago, & I'm talking with 50-year sentences…people should be going to jail for this stuff…this was all Obama. This was all Biden": Trump suggests Obama & Biden should be in prison pic.twitter.com/MOwPvpYRu4
— Aaron Rupar (@atrupar) May 14, 2020
Trump non ha mai chiarito esattamente in cosa consista l’Obamagate: a giudicare dalle sue dichiarazioni, sempre piuttosto confuse e contraddittorie, sembra che accusi Obama di avere organizzato l’indagine del procuratore speciale Robert Mueller sui rapporti fra il comitato elettorale di Trump e il governo russo, e più in generale che abbia pianificato una campagna per danneggiarlo prima e durante il suo mandato.
CNN scrive che uno degli elementi più citati da sostenitori e alleati di Trump per corroborare questa ipotesi sia un incontro avvenuto il 5 gennaio 2017 alla Casa Bianca, circa due settimane prima dell’inizio del mandato di Trump. I contenuti dell’incontro sono stati ottenuti e parzialmente diffusi dagli avvocati che difendono Flynn.
Secondo questi documenti, Obama discusse con alcuni dei suoi collaboratori – fra cui l’allora vicepresidente Joe Biden, oggi candidato dei Democratici alle elezioni presidenziali del 2020 – dei tentativi di ingerenza della Russia nella campagna elettorale del 2016. L’allora vice procuratrice generale Sally Yates ha detto che durante l’incontro si discusse anche delle telefonate di Flynn con l’ambasciatore del governo russo negli Stati Uniti, che in quel momento non erano ancora state rese pubbliche.
Nelle settimane seguenti il contenuto delle telefonate venne girato da un funzionario del governo al Washington Post, che decise di pubblicarle. Flynn venne quindi interrogato dall’FBI – il cui direttore, James Comey, era presente all’incontro del 7 gennaio con Obama – e mentì sui contenuti delle sue telefonate con l’ambasciatore russo. Pochi giorni dopo fu licenziato da Trump per via dell’enorme caso che si era creato. Lo stesso Trump disse di aver dovuto licenziare Flynn dato che aveva mentito all’FBI e poi, in un’altra conversazione, al vicepresidente Mike Pence.
L’accusa dei sostenitori di Trump, insomma, è che Flynn sia stato vittima di un complotto, e che il caso intorno a lui sia stato creato per danneggiare Trump da Obama, Comey e i loro collaboratori: che il fine dell’amministrazione Obama non fosse indagare sulle interferenze russe nelle elezioni ma cercare qualsiasi pretesto per indebolire Trump, e che Flynn sia stato per questo portato a mentire all’FBI sui suoi contatti con i russi. Al momento, però, non esiste alcuna prova della collaborazione tra l’FBI e l’amministrazione Obama, e sembra assai più probabile che non sia mai esistita.
Incontro del 5 gennaio a parte, fra l’altro, Obama non prese particolari provvedimenti dopo aver saputo che la Russia aveva cercato di aiutare Trump durante la campagna elettorale: una cosa per cui fu criticato sia da sinistra sia da un rapporto bipartisan realizzato tre mesi fa dal Senato. Diversi funzionari americani hanno inoltre detto a Reuters che l’FBI non commise nessuna forzatura quando interrogò Flynn, e che la decisione di far cadere le accuse nei suoi confronti ha come obiettivo quello di proteggere alcuni collaboratori di Trump, fra cui Flynn.
Un’altra accusa che i sostenitori di Trump rivolgono a Obama e alla sua amministrazione è aver chiesto che il nome di Flynn venisse esplicitato in alcuni documenti di intelligence. Durante le attività di sorveglianza delle comunicazioni di persone straniere, infatti, possono venir fuori nomi e voci di cittadini americani. Le identità di questi americani vengono oscurate prima che i documenti di intelligence vengano distribuiti, ma i funzionari del governo possono fare una richiesta motivata a chi ha raccolto i dati – che sia l’FBI, la CIA o altri enti dell’intelligence – di esplicitare l’identità di qualcuno, se lo considerano rilevante per altre indagini. CNN nota che richieste di questo genere sono state molto più comuni durante l’amministrazione Trump rispetto a quella di Obama.
Diversi opinionisti e giornalisti americani hanno notato che Trump abbia tirato fuori “Obamagate” in uno dei momenti più delicati della sua presidenza: l’impressione della maggior parte degli americani è che Trump abbia gestito in ritardo la pandemia, mentre soltanto uno su quattro ritiene che il paese debba riaprire in maniera totale, come Trump chiede da settimane. Joe Biden, inoltre, sta andando molto bene nei sondaggi e secondo alcuni questa potrebbe essere la ragione per cui diversi giornali e tv conservatori stanno chiedendo conto del suo presunto coinvolgimento nell'”Obamagate”.