Come funzionerà la regolarizzazione dei migranti
E soprattutto, funzionerà? Secondo stime ufficiose potrebbe riguardare 200mila persone, ma ci sono molti ma
di Luca Misculin
Nel cosiddetto “decreto rilancio“, che contiene decine di nuove misure per sostenere l’economia dopo il picco della pandemia da coronavirus, il governo ha inserito anche una procedura per regolarizzare una parte dei migranti irregolari che vivono in Italia. La misura era attesa da tempo dagli esperti di immigrazione e integrazione, e secondo stime informali del ministero dell’Interno potrebbe interessare circa 200mila persone.
Durante il negoziato all’interno della maggioranza il Partito Democratico e Italia Viva avevano spinto per approvare misure più ambiziose e regolarizzare buona parte dei circa 600mila stranieri irregolari che secondo le ultime stime vivono in Italia. Il Movimento 5 Stelle – il partito di maggioranza relativa nel governo e nel Parlamento – ha ottenuto invece alcune limitazioni per restringere la platea delle persone interessate, e legare il provvedimento all’enorme problema della raccolta della frutta nei campi agricoli. Il risultato è un testo piuttosto complesso che prevede la regolarizzazione soltanto per alcune precise categorie di persone, che lavorano o intendono lavorare nei settori più problematici: agricoltura e allevamento, assistenza agli anziani e cura della casa.
I canali previsti dal decreto sono due. Il primo prevede che i datori di lavoro possano regolarizzare i lavoratori attualmente in nero. Se sono migranti irregolari, questi riceveranno automaticamente un permesso di soggiorno. Il secondo canale prevede – per i migranti irregolari che già avevano lavorato nei settori interessati ma hanno perso il lavoro – un permesso temporaneo di sei mesi per cercare un nuovo impiego nei settori concordati.
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Il testo definitivo del “decreto rilancio” non è stato ancora pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, ma il governo ha presentato le misure principali in un esteso comunicato stampa. Fonti vicine al governo, inoltre, non si aspettano modifiche sostanziali alla bozza pubblicata da alcuni giornali e aggiornata alle 17 di ieri.
L’emersione del lavoro nero
Nel comunicato del governo, si legge che «i datori di lavoro possono presentare istanza per concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale ovvero per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, tuttora in corso, con cittadini italiani o cittadini stranieri». In sostanza, il governo offre una sanatoria per i datori di lavoro di certi settori che impiegano in nero sia cittadini italiani sia stranieri irregolari, ai quali viene garantito un permesso di soggiorno.
È una misura che potenzialmente interessa moltissime persone che lavorano stabilmente come colf, badanti o braccianti agricoli. La condizione di quest’ultimi è particolarmente disumana: non hanno diritti né assistenza sanitaria, lavorano spesso sotto il ricatto della violenza, non pagano le tasse e se sono stranieri non possono allontanarsi dai cosiddetti “ghetti” in cui vivono per paura di essere scoperti e ricevere un decreto di espulsione. Secondo una stima del ministero dell’Agricoltura, i braccianti irregolari che vivono in Italia sono circa 150mila.
Il decreto prevede anche che il datore di lavoro possa assumere stranieri irregolari con cui prima non aveva nessun rapporto di lavoro. Secondo fonti del governo, le categorie interessate – lavoratori italiani in nero, lavoratori stranieri irregolari, stranieri irregolari che i datori di lavoro intendono assumere – comprendono potenzialmente 560mila persone.
La possibilità di cercare lavoro
Il secondo canale riguarda gli stranieri irregolari che devono rispettare due condizioni: aver lavorato in passato in uno dei tre settori previsti dal decreto – agricoltura e allevamento, cura degli anziani e della casa – e avere un permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019 in poi. A questa categoria di persone il governo concede un permesso temporaneo di sei mesi per cercare lavoro: se lo troveranno, il permesso temporaneo può essere convertito in un regolare permesso di soggiorno.
Secondo fonti del governo, il secondo canale si rivolge soprattutto ai braccianti che hanno perso il proprio lavoro nelle scorse settimane – perché magari non hanno un rapporto duraturo col proprio datore di lavoro, come i braccianti più esperti o le badanti – e vogliono sottrarsi al proprio “caporale”, cioè la persona che agisce da intermediario facendo la cresta sullo stipendio del lavoratore, oppure alla criminalità organizzata. Le persone potenzialmente interessate dal secondo canale sono circa 180mila.
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Il permesso per cercare lavoro è una relativa novità per l’ordinamento italiano, che prevede pochissimi canali regolari per trasferirsi in Italia dai paesi esterni all’Unione Europea. Una legge simile è entrata in vigore due mesi fa in Germania: prevede diverse misure – fra cui alcune controverse – ma soprattutto un nuovo permesso di soggiorno per sei mesi che permette ad alcune categorie di lavoratori di trasferirsi temporaneamente in Germania per cercare lavoro.
È probabile che questo canale sia rivolto soprattutto alle decine di migliaia di richiedenti asilo arrivati via mare in Italia negli ultimi anni e la cui richiesta di protezione è stata respinta, per le ragioni più diverse. Spesso, non avendo altre soluzioni, queste persone sono rimaste in Italia a loro rischio e pericolo, accettando di lavorare a condizioni ancora più precarie e disumane di chi lavora da anni come irregolare.
Matteo Villa, ricercatore dell’ISPI che da anni si occupa di immigrazione, ipotizza che il governo abbia voluto «trovare un rimedio ai decreti sicurezza». Sono i decreti approvati dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, che negli scorsi mesi hanno causato un considerevole aumento dei migranti irregolari che vivono in Italia, ottenendo di fatto l’effetto opposto rispetto al loro nome.
Villa sostiene che molti migranti che hanno perso il diritto di rimanere in Italia a partire dallo scorso autunno – un criterio citato esplicitamente dall’attuale decreto – potrebbero «reinventarsi, anche grazie alle indicazioni degli operatori che li hanno seguiti» e chiedere un permesso temporaneo per trovare un nuovo lavoro, e sperare così in un nuovo percorso di regolarizzazione.
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Un primo, grosso dubbio
Entrambi i canali danno per scontato che un datore di lavoro sia intenzionato a regolarizzare o assumere uno straniero irregolare, se lo Stato gliene dà la possibilità. Secondo alcuni esperti la sanatoria prevista dal governo per i reati commessi nell’impiegare un lavoratore irregolare – valida con l’eccezione dei reati legati al traffico di esseri umani, alla prostituzione e allo sfruttamento – non sarà sufficiente per convincere la totalità dei datori di lavoro a fidarsi dello Stato.
Inoltre, perché dovrebbero farlo? Dal punto di vista economico, a meno di particolari incentivi, continuerà a essere molto più conveniente assumere un dipendente in nero: ha scarsissimo potere contrattuale, non ha diritti sindacali, non è protetto dalle leggi sul lavoro e soprattutto permette al suo capo di evadere i contributi al fisco italiano.
«Se la badante peruviana che lavora con mio padre da cinque anni non è mai stata beccata, che interesse ho a metterla in regola?», si chiede l’avvocato Guido Savio, esperto di diritto dei migranti e socio dell’ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione): «Lo stesso discorso vale anche per il bracciante: senza incentivi, la misura servirà a poco».
Il governo potrebbe introdurre gli incentivi in un secondo momento, per esempio quando il decreto legge arriverà in Parlamento per essere convertito, nelle prossime settimane, oppure in uno dei prossimi decreti. Al momento però non c’è alcuna traccia di un provvedimento del genere nei documenti e nelle interviste dei membri del governo.
Modi e tempi
I lavoratori del primo canale saranno gestiti dall’INPS, nel caso siano italiani, oppure dallo Sportello unico per l’immigrazione delle prefetture, nel caso siano stranieri. Quelli del secondo canale dovranno invece rivolgersi alla questura locale. La finestra per chiedere una regolarizzazione, valida per entrambi i canali, sarà compresa fra il primo giugno e il 15 luglio del 2020. I tempi sono piuttosto stretti, contando che il decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale soltanto nei prossimi giorni.
Eppure le associazioni di categoria dell’agricoltura hanno accusato il governo di avere approvato una misura i cui tempi «non combaciano con quelli delle imprese». Lo ha detto il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, parlando con la Stampa. «Nelle campagne le esigenze sono immediate, mentre per la regolarizzazione ci vorrà tempo», ha aggiunto Prandini, che ha ribadito la proposta di creare un “voucher agricolo” per velocizzare le assunzioni estemporanee di persone da impiegare nella raccolta della frutta e della verdura (i sindacati l’hanno già respinta parlando di «uno strumento che precarizza il lavoro»).
Il governo, peraltro, sembra avere raccolto le indicazioni degli agricoltori. Nella bozza circolata ieri, il comma 13 dell’articolo 110 bis specifica chiaramente che lo straniero che chiede di essere regolarizzato tramite uno dei due canali riceve «un’attestazione che consente all’interessato di soggiornare legittimamente nel territorio dello Stato […] e di svolgere lavoro subordinato».
I permessi di soggiorno ottenuti attraverso entrambi i canali sono legati al contratto di lavoro, ma fonti interne al governo fanno sapere che in caso di perdita del lavoro le persone regolarizzate non torneranno automaticamente irregolari ma avranno altro tempo per cercare un nuovo impiego.
Chi rimane fuori
«Stiamo parlando di una regolarizzazione molto parziale e molto settoriale», spiega Savio, facendo notare che ci sono intere categorie di lavoratori stranieri irregolari che sono stati esclusi dal decreto. Savio cita i lavoratori nel settore della logistica o dell’artigianato; Villa aggiunge chi lavora nell’edilizia o nel settore delle consegne. Non è prevista nessuna protezione nemmeno per le donne irregolari vittima di tratta e violenze.
Dato il carattere di urgenza della misura, la spiegazione più semplice è che le categorie a cui la regolarizzazione stava più a cuore, come quella degli agricoltori, abbiano fatto maggiori pressioni sul governo per ottenere quello che volevano.
Poi ci sono le persone che al momento rimangono in un limbo. «Bisogna capire come verrà interpretata l’espressione “attività connesse” riferite ai tre settori», spiga Savio citando uno dei primi commi della bozza. «Chi lavora in nero nella produzione di mangimi oppure fa il garzone di macelleria sarà considerato parte della filiera produttiva?».
Sarà paradossale anche la situazione dei richiedenti asilo che stanno aspettando l’esito della propria richiesta o del ricorso presentato dopo il diniego. Dato che negli ultimi mesi la percentuale di accettazione delle domande si è ridotta moltissimo per effetto dei cosiddetti “decreti sicurezza”, ai richiedenti potrebbe paradossalmente convenire interrompere l’iter legislativo della richiesta e chiedere un permesso temporaneo per cercare lavoro, a prescindere dal merito della loro richiesta.
In un’intervista pubblicata oggi da Repubblica, il ministro per il Sud Giuseppe Provenzano – che in questi giorni ha portato avanti il negoziato sulla regolarizzazione per conto del Partito Democratico – ha chiarito che non considera la misura un particolare successo. «Non esulto, non sventolo bandiere», ha detto a Repubblica. «Con questi rapporti di forza abbiamo ottenuto tutto il possibile».
Funzionerà?
La maggior parte degli esperti di immigrazione ritiene in generale che le regolarizzazioni portino benefici tangibili sia per i migranti – che ottengono diritti e un regolare contratto, e in caso contrario possono rivolgersi senza preoccupazioni alle autorità – sia per lo Stato. La campagna Ero straniero, che da anni promuove una sanatoria mirata per i migranti irregolari, ha stimato che lo Stato otterrebbe ogni anno circa un miliardo di euro in più per i maggiori introiti fiscali dovuti ai contributi pagati dai lavoratori irregolari. Per non parlare dei benefici dal punto di vista della sicurezza e della salute pubblica, particolarmente importanti in un periodo di pandemia globale.
Secondo Matteo Villa ogni regolarizzazione va giudicata in maniera positiva, anche se è ancora presto per capire se quella in corso di approvazione avrà gli effetti sperati. Per Villa rimane una misura limitata ad alcuni settori, con alcuni difetti evidenti – come l’assenza di incentivi economici – e di portata minore rispetto a quelle approvate negli anni scorsi: «Duecentomila persone sembrano tante ma sono pochine, considerando che in passato le sanatorie sono state molto più grandi – quella del 2002 approvata dal governo Berlusconi riguardò più di 600mila persone – e che in Italia abbiamo i più alti livelli di irregolarità da quasi vent’anni».
In particolare Villa ha dei dubbi sull’efficacia del secondo canale, quello che garantisce un permesso temporaneo per cercare lavoro. I migranti che devono presentarsi in Questura accettano in sostanza di autodenunciarsi e fornire allo stato una serie di dati sensibili come l’indirizzo di residenza e le proprie generalità. Significa, banalmente, che lo Stato saprà esattamente dove trovarti se fra sei mesi non avrai trovato un lavoro. È una possibilità concreta soprattutto in settori senza particolare urgenza come la raccolta della frutta. «È una misura un po’ strana», spiega Villa: «lo Stato ti aiuta per un breve periodo ma poi sei di nuovo punto e a capo».
Altri osservatori considerano la misura una battaglia vinta, nonostante tutto: «è un primo passo importante, seppur parziale, verso il riconoscimento dei diritti e della dignità di centinaia di migliaia di persone», ha commentato il comitato Ero straniero.