Le notizie di martedì sul coronavirus in Italia
I casi rilevati in totale sono 1.402 in più di ieri e i morti sono 172. I ricoverati in terapia intensiva scendono a 952
I contagi totali da coronavirus registrati ufficialmente dall’inizio dell’epidemia in Italia, secondo i dati diffusi oggi dalla Protezione Civile, sono 221.216: ci sono 1.402 casi registrati in più di ieri. I morti totali invece sono 30.911, un incremento di 172 rispetto a ieri. I nuovi pazienti “guariti o dimessi” sono 2.452, per un totale di 109.039. Le persone attualmente ricoverate in terapia intensiva sono 952, 47 in meno di ieri. Si registrano 1.222 attualmente positivi in meno, per un totale di 81.266. I tamponi totali processati a oggi sono 2.673.655, 67.003 più di ieri.
In Lombardia, la regione più colpita, i casi registrati nelle ultime 24 ore sono 1.033, e i morti 62. Le persone al momento in terapia intensiva sono 233, 19 in meno rispetto a ieri. I “guariti o dimessi” sono 37.133, 724 in più di ieri. Nella provincia di Milano i casi totali di contagio sono 21.626 (più 136 rispetto a ieri), con un incremento di 51 unità nella città capoluogo.
La Regione Lombardia ha comunicato che dei nuovi casi conteggiati oggi, 419 sono riferiti alle settimane precedenti e non alle ultime 24 ore.
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— Regione Lombardia (@RegLombardia) May 12, 2020
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Leggendo i dati comunicati ogni giorno dalla Protezione Civile bisogna usare alcune cautele: in primo luogo per la distinzione tra il numero delle persone attualmente positive e quello complessivo dei contagiati, che può creare un po’ di confusione; e in secondo luogo perché sappiamo ormai che i contagiati e i morti sono molti di più di quelli rilevati dai dati. Inoltre c’è un problema su cosa intenda la Protezione Civile quando parla di “guariti”: si è scoperto infatti che questo dato comprende anche le persone dimesse dagli ospedali, ma che potrebbero essere ancora malate, mentre non comprende tutti quelli che sono guariti dopo essere stati malati, ma che non avendo fatto il tampone non sono mai entrati nei numeri ufficiali dei malati.
Le altre notizie di oggi
Nel dibattito sulle riaperture dopo il 18 maggio, su cui il governo sembra intenzionato a lasciare libertà d’azione alle regioni sulla base della situazione dei contagi, c’è un punto sul quale le posizioni sembrano ancora distanti: la possibilità di spostarsi da una regione all’altra. Il presidente della Liguria Giovanni Toti ha riferito che, durante l’incontro di ieri fra il governo e i presidenti di regione, il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia avrebbe spiegato che gli spostamenti verranno autorizzati dal 1° giugno fra due regioni limitrofe e se entrambe a basso rischio.
Oggi però Boccia ha voluto precisare che la possibilità di muoversi liberamente da regione a regione «dipenderà dai dati del monitoraggio delle singole regioni» che il governo a partire da giovedì 14 analizzerà e che saranno sempre pubblici. «Due regioni a basso rischio, a maggior ragione se limitrofe, sarà naturale che potranno avere mobilità interregionale. Ma – ha chiarito Boccia – se una regione è ad alto rischio e una a basso rischio ci saranno inevitabili limitazioni automatiche». Per Toti, soprattutto con l’avvicinarsi della stagione estiva, questo è un fattore non secondario, visto la dipendenza dell’economia ligure dal turismo e in particolare da quello di provenienza lombarda.
Propria dalla Lombardia però arriva una posizione in controtendenza rispetto alle richieste dei presidenti di regione. Il presidente della Lombardia Attilio Fontana infatti vuole prendere tempo sulle riaperture nella regione. Intervenendo alla trasmissione Mattino Cinque Fontana ha spiegato: «Dal 18 maggio i negozi riaprono per scelta del governo, prima di allora noi dovremo ricevere le linee guida che devono essere inviate dal governo tramite l’Inail, a quel punto incroceremo le linee guida con i dati epidemiologici e avremo la possibilità a livello territoriale di fare valutazioni chiedendo eventualmente di riaprire qualche attività in più».
Entro giovedì 14 maggio Fontana quindi si riserva di «dare una risposta che sia positiva o negativa» sulle riaperture. Nella regione maggiormente colpita dall’epidemia, e in cui ieri i decessi hanno superato i 15mila, il problema infatti è capire come incideranno sui dati dei contagi le prime due settimane della Fase 2: «Tra qualche giorno inizieremo a vedere gli effetti della riapertura del 4 maggio. Se fossero positivi credo che si potrà pensare di riaprire qualche attività», ha detto Fontana.
Il ministero dell’Interno ha reso noto il numero di controlli effettuati lunedì 11 maggio per garantire il rispetto delle misure di contenimento della diffusione del coronavirus. Le persone controllate sono state 161.603, di cui sono state sanzionate 1.783 (ieri erano state 2.154) e 39 denunciate per falsa attestazione o dichiarazione. Per quanto riguarda le attività e gli esercizi commerciali i controlli sono stati 65.759 (ieri 41.932). Sono stati sanzionati 102 titolari di aziende e adottati 25 provvedimenti di chiusura.
Dalle 22 di oggi, martedì 12 maggio, fino alla stessa ora di giovedì 14 maggio ci sarà uno sciopero dei benzinai delle aree di servizio autostradali, comprese quelle delle tangenziali e dei raccordi. Lo sciopero è stato proclamato da Fegica Cisl e Figisc-Anisa Confcommercio che denunciano «la condizione di emergenza economica e sanitaria nella quale continuano ad essere lasciate le imprese di gestione». Per l’Unione dei consumatori però si tratta di una protesta illegittima «dato che viola la regolamentazione del settore adottata dalla Commissione di garanzia con deliberazione 01/94 del 19 luglio 2001, secondo la quale non si possono fare scioperi in caso di avvenimenti eccezionali di particolare gravità come è, ovviamente, l’emergenza coronavirus che sta vivendo il Paese».
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Perché i casi aumentano ancora?
Una conseguenza della scarsa precisione dei dati raccolti fin qui è che anche ora che la situazione sembra complessivamente migliorare (il calo dei ricoveri in terapia intensiva ne è un segnale) il numero dei nuovi casi sembra ancora molto alto.
Una possibile risposta è che l’aumento del numero dei casi confermati sia legato all’aumento del numero di tamponi effettuati: più test si fanno, più casi si trovano. Questo dimostrerebbe anche che nelle prime settimane dall’inizio dell’epidemia il basso numero di test non aveva permesso di identificare tutti i casi, che sono stati (e sono ancora oggi) più di quanti dicano i numeri ufficiali.
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