Joe Biden ha negato di aver abusato sessualmente di una sua ex assistente
A marzo Tara Reade lo aveva accusato per fatti successi nel 1993 e oggi Biden ne ha parlato per la prima volta pubblicamente
L’ex vice presidente degli Stati Uniti Joe Biden, sfidante del presidente Donald Trump alle prossime elezioni presidenziali, ha respinto l’accusa di abuso sessuale rivoltagli da una sua ex assistente, parlandone per la prima volta in pubblico. A fine marzo, una ex assistente di Biden, Tara Reade, lo aveva accusato di aver abusato di lei nella primavera del 1993, quando Biden era senatore per il Delaware.
In un comunicato pubblicato su Medium, Biden ha ricordato il suo impegno contro la violenza sulle donne e ha poi parlato direttamente delle accuse di Reade. «Voglio parlare delle accuse che mi sono state rivolte da una mia ex collaboratrice, secondo cui 27 anni fa mi sarei comportato in maniera non opportuna nei suoi confronti. Sono false. Non è mai successo nulla».
Biden ha poi detto che «le donne devono essere trattate con dignità e rispetto e quando denunciano un abuso devono essere ascoltate», ma ha aggiunto che le cose che raccontano devono essere soggette «a un’inchiesta e a un controllo adeguati». Secondo Biden i media avrebbero dovuto mettere in luce tutte le incongruenze nella storia raccontata da Reade che, secondo Biden, avrebbe cambiato più volte versione.
Reade sostiene di aver denunciato il fatto ai supervisori del suo ufficio all’epoca, ma secondo Biden questi hanno smentito che sia mai successo. Biden dice anche che Reade sostiene di aver denunciato il fatto nel 1993, cosa di cui però non ha prove. Biden ha quindi chiesto che i National Archives, un’agenzia del governo degli Stati Uniti che si occupa di conservare documenti e materiale storico di interesse per la storia nazionale americana, rendano pubblica la denuncia sporta da Reade nei suoi confronti, nel caso in cui esista. Il comitato elettorale di Biden aveva già respinto nei giorni scorsi le accuse di Reade, ma questa è stata la prima volta che Biden in persona l’ha smentita pubblicamente.
«Come candidato alla presidenza – ha scritto Biden – ho una responsabilità nei confronti del popolo americano. Abbiamo vissuto abbastanza a lungo con un presidente che pensa di non avere responsabilità nei confronti di nessuno e non si assume alcuna responsabilità. Io non sono così. Credo che essere responsabili significhi affrontare argomenti difficili, anche quando sono scomodi. Le persone devono sapere la verità».
Secondo Reade, Biden la spinse contro un muro nel corridoio di un edificio annesso al Senato, le baciò il collo, le infilò una mano sotto la gonna e la penetrò con le dita, chiedendole se voleva andare con lui da un’altra parte. Secondo il racconto di Reade, lei lo respinse. Biden si fermò e stupito le disse: «Oh dai, ho sentito che ti piaccio». Poi le puntò il dito contro dicendole «Per me non sei niente», per poi prenderla per le spalle dicendole: «Non è successo niente» («you’re OK, you’re fine»).
Reade ha detto che all’epoca denunciò l’accaduto a Marianne Baker, assistente esecutiva di Biden dal 1982 al 2000, che però ha detto di non aver mai ricevuto lamentele da nessuno, e ai consulenti Dennis Toner e Ted Kaufman, quest’ultimo amico di lunga data di Biden. Entrambi dicono di non ricordare niente di simile. Altri, come l’ex assistente di Biden Melissa Lefko, che ci lavorò tra il 1992 e il 1993, hanno detto che l’ambiente era «molto incoraggiante per le donne»: «quando lavori al Congresso, tutti sanno chi sono i buoni e i cattivi, e Biden era uno dei buoni».
Il New York Times ha indagato la vicenda parlando a lungo con Reade, con alcuni avvocati che hanno seguito il caso e con una ventina di persone che hanno lavorato a lungo con Biden anche negli stessi anni di Reade: non ha scoperto altre storie di presunti abusi sessuali di Biden, né ha trovato ex collaboratori di Biden che abbiano confermato la versione di Reade.
Negli ultimi giorni però alcuni media hanno scoperto dettagli che sembrano corroborare l’accusa di Reade, che peraltro era stata una delle donne che, l’anno scorso, avevano accusato Biden di varie forme più lievi di comportamenti inappropriati. È emerso che dopo il presunto episodio di violenza le mansioni della donna furono improvvisamente ridotte e le fu assegnato un ufficio senza finestre. Infine fu esclusa dallo staff di Biden. Dopo non aveva più trovato un lavoro come assistente politica.
Il 9 aprile Reade ha presentato una denuncia per violenza sessuale, senza citare formalmente Biden. Ha detto di averlo fatto per tutelarsi, perché presentare una denuncia falsa è un reato, anche se consapevole che ormai il presunto reato si era prescritto. Il New York Times e Associated Press, pur avendo ottenuto soltanto smentite dai collaboratori di Biden, hanno trovato almeno due amici di Reade – rimasti anonimi – che hanno confermato che all’epoca la donna raccontò loro l’episodio.
La settimana scorsa, poi, il sito The Intercept ha scoperto che nell’agosto di quell’anno la madre di Reade chiamò il talk show Larry King Live di CNN raccontando che sua figlia aveva dovuto lasciare il suo lavoro per «un importante senatore» perché non riusciva a sopportare i problemi che aveva avuto, che non aveva raccontato alla stampa soltanto «per rispetto» nei confronti di quel senatore. Reade dice di aver raccontato l’aggressione alla madre, morta nel 2016, subito dopo che era avvenuta. Ancora più recentemente due persone hanno confermato al sito Business Insider che Reade aveva raccontato loro dell’abuso: sono Lynda LaCasse, vicina di casa di Reade negli anni Novanta, e Lorraine Sanchez, che lavorò con Reade per un senatore californiano.
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