Le notizie di giovedì sul coronavirus in Italia
I casi totali sono 1.872 in più di ieri, mentre i morti sono 285 in più
I contagi da coronavirus totali registrati ufficialmente dall’inizio dell’epidemia in Italia, secondo gli ultimi dati diffusi oggi dalla Protezione Civile, sono 205.463, 1.872 in più di ieri. I morti sono 27.967, un incremento di 285 rispetto a ieri. I nuovi pazienti “guariti o dimessi” registrati sono 4.693, per un totale di 75.945. Le persone attualmente positive sono 101.551 (3.106 in meno di ieri), mentre quelle ricoverate in terapia intensiva sono 1.694, 101 in meno rispetto a ieri. Oggi si registra il numero più alto di tamponi in un solo giorno: 68.456. Il capo della Protezione Civile Angelo Borrelli ha riferito che quella di questa sera è stata l’ultima conferenza stampa in cui vengono comunicati i dati del contagio da coronavirus.
In Lombardia, la regione italiana più colpita, i morti registrati nelle ultime 24 ore sono stati 93, portando il totale a 13.772; i pazienti ricoverati in terapia intensiva sono 605, 29 in meno rispetto a ieri.
Leggendo i dati comunicati ogni giorno dalla Protezione Civile bisogna usare alcune cautele: in primo luogo per la distinzione tra il numero delle persone attualmente positive e quello complessivo dei contagiati, che può creare un po’ di confusione; e in secondo luogo perché sappiamo ormai che i contagiati e i morti sono molti di più di quelli rilevati dai dati. Inoltre c’è un problema su cosa intenda la Protezione Civile quando parla di “guariti”: si è scoperto infatti che questo dato comprende anche le persone dimesse dagli ospedali, ma che potrebbero essere ancora malate, mentre non comprende tutti quelli che sono guariti dopo essere stati malati, ma che non avendo fatto il tampone non sono mai entrati nei numeri ufficiali dei malati.
– Leggi anche: Qualcosa non funziona nei prestiti alle aziende
Le altre notizie di oggi
I presidenti delle regioni governate dal centrodestra (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Molise, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Umbria, Veneto) e della provincia autonoma di Trento hanno inviato un documento al governo con cui chiedono maggiori possibilità di prendere decisioni autonome in vista della cosiddetta “Fase 2” dell’emergenza da coronavirus. Nel documento i presidenti contestano il Decreto del presidente del Consiglio (Dpcm) del 26 aprile sia dal punto di vista della forma che da quello della sostanza.
Nel merito del provvedimento i presidenti chiedono al governo di poter avere maggiore possibilità di scelta, sopratutto sulle riaperture delle «attività produttive e di quelle del terziario, come i servizi, i trasporti e le professioni». Si chiede quindi che il Dpcm del 26 aprile venga riformato in quanto «non dotato della necessaria flessibilità capace di riconoscere alle Regioni» dove la situazione dei contagi da coronavirus risulta migliore, e che venga conseguentemente data la «possibilità di applicare nei loro territori regole meno stringenti di quelle previste a livello nazionale».
A spingersi più in là è stata la presidentessa della Calabria Jole Santelli che ha firmato mercoledì un’ordinanza che tra le altre cose prevede, dal 30 aprile, «la ripresa delle attività di bar, pasticcerie, ristoranti, pizzerie, agriturismo con somministrazione esclusiva attraverso il servizio con tavoli all’aperto». L’ordinanza prevede quindi, già dal 30 aprile, misure che a livello nazionale non sono previste nemmeno a partire dal 4 maggio.
Ma alle iniziative autonome delle regioni si sono opposti sia il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia sia il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che durante la sua informativa alla Camera ha criticato le iniziative delle regioni, definendo illegittimi gli allentamenti delle misure restrittive adottati in autonomia e sostenendo che eventuali riaperture anticipate potrebbero avvenire solo se concordate con il governo, e solo dopo che verrà constatata una stabilizzazione nell’andamento dei contagi.
Intanto sia l’ISTAT (l’Istituito nazionale di statistica) che l’Eurostat (l’omologo a livello europeo) hanno diffuso oggi le proprie stime sull’andamento dell’economia, prevedendo grossi cali del PIL per l’Italia e per l’eurozona. Il PIL italiano, secondo le stime dell’ISTAT, nel primo trimestre dell’anno è sceso del 4,7 per cento rispetto al trimestre precedente. Si tratta della flessione più alta dal 1995, anno dell’inizio del rilevamento. Per il PIL dell’eurozona è stato registrato invece un calo del 3,8 per cento nello stesso periodo (-3,5 per cento per i paesi dell’Unione Europea): anche in questo caso si tratta del calo più consistente dall’inizio di questo tipo di rilevazione nel 1995.
Il governo oggi, con un provvedimento del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e di quello della Sanità, ha deciso la riapertura di tutte le attività degli aeroporti Roma Ciampino e Firenze Peretola che torneranno a essere pienamente operativi dal prossimo lunedì 4 maggi0.
– Leggi anche: I primi risultati promettenti del remdesivir contro la COVID-19
Perché i casi aumentano ancora?
Una conseguenza della scarsa precisione dei dati raccolti fin qui è che anche ora che la situazione sembra complessivamente migliorare (il calo dei ricoveri in terapia intensiva ne è un segnale) il numero dei nuovi casi sembra ancora molto alto.
Una possibile risposta è che l’aumento del numero dei casi confermati sia legato all’aumento del numero di tamponi effettuati: più test si fanno, più casi si trovano. Questo dimostrerebbe anche che nelle prime settimane dall’inizio dell’epidemia il basso numero di test non aveva permesso di identificare tutti i casi, che sono stati (e sono ancora oggi) più di quanti dicano i numeri ufficiali.
– Leggi anche: In Piemonte i contagi crescono più che altrove