Nella “fase 2” l’approccio dovrà essere «microgeografico»
Lo ha spiegato Vittorio Colao al Corriere della Sera: per evitare restrizioni nazionali bisognerà «intervenire il più in fretta possibile, nella zona più piccola possibile»
Vittorio Colao, capo della task force voluta dal governo per gestire la ripartenza del settore manifatturiero e di quello edilizio nella cosiddetta “fase 2” dell’epidemia da coronavirus, ha spiegato in un’intervista al Corriere della Sera come sarà gestito nelle prossime settimane e mesi il rischio di un nuovo aggravamento dell’epidemia.
Tra le altre cose, Colao ha spiegato che per evitare peggioramenti della situazione e nuove restrizioni nazionali bisognerà tenere sotto controllo la situazione a livello locale:
«L’approccio non dovrà essere nazionale e neppure regionale, ma microgeografico: occorre intervenire il più in fretta possibile, nella zona più piccola possibile. Abbiamo indicato al governo un processo. L’importante è che le misure siano tempestive; nella speranza che non siano necessarie».
Appunto: perché trattare allo stesso modo l’Umbria, che ha meno di dieci casi al giorno, e la Lombardia, che ne ha quasi mille? Non è meglio differenziare le regole a seconda delle Regioni?
«Io ho mezza famiglia a Catanzaro e mezza a Brescia. I numeri dell’epidemia sono molto distanti; nel lungo termine non li si può gestire allo stesso modo. Dovremo rispondere diversamente, per non penalizzare le zone che hanno meno casi. L’importante è che l’Italia si doti di un sistema per condividere le informazioni. La trasparenza sarà fondamentale. Se tanti lombardi e piemontesi vanno in Liguria, ogni Regione guarderà i suoi numeri, ma il ministero della Sanità dovrà guardare alle interrelazioni, per capire se il movimento crea focolai. Lo stesso vale per il corridoio di trasporto tra Lazio e Toscana. I numeri ci diranno quando potremo proseguire con le riaperture, minimizzando il danno economico e massimizzando la sicurezza».
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