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  • Martedì 28 aprile 2020

La Spagna vuole tornare alla normalità in otto settimane

È il piano annunciato dal governo Sánchez: prevede quattro fasi e una riapertura graduale valutata provincia per provincia

Barcellona (Sandra Montanez/Getty Images)
Barcellona (Sandra Montanez/Getty Images)

Il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez ha annunciato martedì il “piano per la transizione verso una nuova normalità”, approvato dal governo per eliminare le restrizioni imposte a causa della pandemia da coronavirus. Il piano prevede quattro fasi e un tempo limite: otto settimane – quindi da ora fino a fine giugno – entro le quali completare tutte le aperture anche se in modo graduale, con date variabili a seconda delle zone del paese e dell’evolversi delle situazioni locali. «La riduzione delle restrizioni sarà graduale, asimmetrica e coordinata», ha detto Sánchez.

Il piano del governo spagnolo sembra essere più flessibile di quello presentato in altri paesi europei, come per esempio Francia e Italia. Sánchez ha specificato che «l’unità sarà la provincia o l’isola»: in altre parole, le graduali riaperture verranno valutate di volta in volta nei territori più piccoli delle comunità autonome (simili alle nostre regioni, ma con più autonomia), e a seconda delle necessità. Le riaperture, inoltre, avverranno in quattro fasi che però non avranno date fisse, ma verranno stabilite via via per le singole province e isole.

Secondo il piano presentato da Sánchez, la Spagna si trova ora nella prima fase, chiamata “fase 0”, durante la quale sono già state allentate alcune restrizioni: per esempio è stato tolto il divieto ai bambini di uscire di casa. A partire da questo fine settimana sarà di nuovo possibile praticare gli sport individuali – con limitazioni e condizioni che devono essere ancora comunicate – e fare passeggiate in famiglia. In questa fase è prevista anche l’introduzione del servizio di asporto per i ristoranti e la riapertura dei parrucchieri, ma solo su appuntamento.

Alcune isole delle Canarie e delle Baleari, come Formentera, passeranno alla fase 1 già a partire dal 4 maggio, mentre per il resto del paese non si prevede di entrare nella fase 1 prima del 10 maggio.

Nella fase 1 sarà possibile muoversi dentro la propria provincia, o la propria isola, saranno riaperti alcuni piccoli negozi (anche se solo con la garanzia di rispettare alcune regole di sicurezza), hotel e altre strutture turistiche. Potrà riprendere le attività anche il settore agroalimentare, che si era fermato con la dichiarazione dello stato di allarme, il 14 marzo, e potranno riaprire i luoghi di culto, anche se in maniera limitata.

Nella fase 2 potranno riaprire i bar e i ristoranti, ma riducendo di un terzo la loro capacità e garantendo il distanziamento tra le persone e il servizio al tavolo. Nonostante il governo spagnolo abbia fissato a settembre la data per la riapertura delle scuole, già durante la fase due si potrà valutare la riattivazione di centri educativi e altri servizi per permettere ai genitori di figli con meno di sei anni di andare al lavoro. Potranno inoltre riaprire cinema e teatri, ma solo con un terzo della loro capacità, e potranno tenersi concerti, anche se con limitazioni piuttosto rigide.

Nella fase 3, quella finale, verrà permessa maggiore mobilità e sarà possibile per i negozi, i bar e i ristoranti accogliere più clienti nello stesso momento.

Ciascuna fase, ha spiegato Sánchez, avrà una durata minima di due settimane, il periodo di incubazione del virus, ma la durata massima dipenderà dalle singole situazioni in cui si troveranno le province e le isole. La decisione di passare da una fase all’altra verrà presa dal governo, e non dalle singole comunità autonome (diversamente per esempio da quanto sta accadendo in Italia, dove le regioni stanno andando per i fatti loro). L’obiettivo del piano è quello di tornare a una situazione di normalità, o quasi normalità, entro fine giugno, quando in Spagna inizierà per il turismo l’alta stagione.

Il piano presentato da Sánchez è stato criticato da alcuni partiti e rappresentanti politici, tra cui il presidente della Catalogna, l’indipendentista Quim Torra, e il Partito Popolare, il principale partito di destra spagnolo.

Torra, che dall’inizio dell’epidemia critica il governo di Madrid per la gestione dell’emergenza, ha detto che Sánchez «non ha ascoltato niente» di quello che gli era stato chiesto. Ha criticato il primo ministro soprattutto per aver voluto mantenere una gestione centralizzata della crisi, togliendo alle comunità autonome il potere di decidere sulla sanità, un tema che sarebbe di competenza regionale ma che Sánchez si è attribuito con la dichiarazione dello stato di allarme. Il Partito Popolare ha invece accusato il governo di avere preparato un piano incerto, senza scadenze precise, che farà sì che «molte persone si sentiranno inquiete, incerte e angosciate».