Come sarà il turismo
In uno dei settori più colpiti dalla crisi, la ripresa non dipenderà solo dalle regole, ma anche da cosa vorremo fare noi
I primi articoli italiani che parlavano di “turismo in ginocchio” a causa del coronavirus sono di febbraio, quando ancora ci si poteva spostare e perfino andare a sciare. Ora sappiamo con certezza che il turismo è uno dei settori più colpiti dall’epidemia, in Italia e nel mondo. Le stime di pochi mesi fa dicevano che quest’anno il settore sarebbe cresciuto del 3-4 per cento rispetto al 2019. Le più caute tra le stime di questi giorni parlano invece di una riduzione che sarà almeno tra il 20 e il 30 per cento. Tutto questo in un settore che, secondo i dati del World Travel & Tourism Council, dà lavoro a oltre 300 milioni di persone e crea più di un decimo della ricchezza mondiale.
Si può dire che a marzo e aprile in gran parte del mondo il turismo non è praticamente esistito, ma non si può ancora dire quando e dove riprenderà: non sappiamo con precisione cosa accadrà in Italia nelle prossime due settimane, ed è ancora più complicato fare previsioni a più lunga scadenza.
Nel suo rapporto più recente, l’Organizzazione mondiale del turismo, un’agenzia che fa parte delle Nazioni Unite, ha scritto: «Vista la costante evoluzione del contesto, è molto complicato fare stime sugli effetti che la COVID-19 avrà sul turismo internazionale». Questa cosa va tenuta a mente, se si vogliono fare ragionamenti su cosa succederà al settore del turismo in futuro.
Una delle poche certezze è che tra i paesi che nei prossimi mesi, forse anni, faranno più fatica, ci sono quelli che dipendono molto dal turismo straniero. In Thailandia e nelle Filippine la grande maggioranza dei turisti arriva dall’estero e il turismo vale più di un quinto del prodotto interno lordo. In Islanda la percentuale è di circa un terzo e la situazione è ancora più grave in paesi come le Maldive o le Seychelles che, come ha osservato Foreign Policy, «hanno costruito le loro intere economie sui turisti stranieri che vanno sulle loro spiagge e nei loro resort».
Perché in questi paesi riparta il turismo servirà limitare i casi interni, ma bisognerà anche aspettare che, dall’estero, qualcuno possa e voglia viaggiare.
L’Italia è in una situazione in parte diversa: il settore del turismo vale molto – tra il 12 e il 13 per cento del PIL, con tre milioni di lavoratori – ma c’è anche un importante turismo interno. Non vuol dire che la situazione non sia grave – più della metà di chi fa vacanze in Italia arriva dall’estero – ma molti turisti italiani potrebbero fare in Italia vacanze che altrimenti avrebbero fatto all’estero, compensando in parte la perdita di turisti stranieri.
Anche se per assurdo il turismo riprendesse a pieno regime dal 4 maggio, i danni sarebbero comunque di decine di miliardi di euro: per due mesi non ci sono stati viaggi di nozze, gite scolastiche, eventi aziendali, weekend nelle città d’arte o vacanze di Pasqua, giri fuori porta tra il 25 aprile e il primo maggio. E i mesi che ci aspettano, quelli tra giugno e agosto, sono quelli in cui si registra circa la metà delle presenze totali del turismo italiano.
Di pratico e specifico per il turismo, per ora, non è stato fatto granché, tranne qualche forma di finanziamento e la regolamentazione dei cosiddetti voucher “salva-vacanza“.
Dario Franceschini, ministro della Cultura e del turismo, ha parlato di recente di voler dare più attenzioni ad alberghi e strutture ricettive (che essendo rimaste aperte, ma spesso senza ospiti, si sono trovate in una sorta di limbo), di «un credito d’imposta che sia relativo alla perdita di fatturato di quest’anno rispetto all’anno scorso», di misure che estendono le tutele ai lavoratori stagionali e di iniziative riconducibili a quello che è stato definito “bonus vacanze“. Franceschini l’ha definito così: «un incentivo che consenta da un lato di dare liquidità e sostegno alle imprese e dall’altro di aiutare le famiglie con un reddito medio-basso ad andare in vacanza avendo sostegno economico».
Fare i conti con il turismo significa inoltre dover fare i conti con una filiera lunga e sfaccettata – dall’agenzia di viaggi in cui si prenota un volo fino al chiosco in spiaggia in cui fare l’aperitivo – e di tanti turismi diversissimi tra loro: dal resort di lusso all’ostello di città, dalle barche a vela a noleggio al campeggio sul lago; dal gelato preso sul lungolago fino alla scelta di dove comprare la casa al mare. Ogni euro speso per una vacanza, o in vacanza, è un euro legato al turismo. Il centro studi del Touring Club Italiano ha fatto un po’ di conti:
Per 100 euro spesi dai turisti italiani e stranieri nel nostro Paese, oltre un terzo va al settore della ricettività, 13 euro a quello della ristorazione, 12 al commercio (inteso come shopping), 7 a quello del trasporto aereo interno al nostro Paese, circa 6 a quello degli altri mezzi di trasporto (ferroviario, marittimo, stradale), 4 a quello dell’intermediazione (agenzie di viaggio e tour operator) e oltre 3 ai servizi culturali, sportivi e ricreativi. 20 infine vanno ad altri servizi non compresi tra quelli principali e più significativi (assicurazioni, spese per articoli o servizi generici).
Per poter dire come e quanto sarà il turismo estivo in Italia servirebbe sapere cosa verrà deciso nei prossimi decreti, e per poter fare ipotesi su un eventuale turismo dall’estero bisognerebbe sapere cosa succederà fuori dall’Italia. Si può comunque fare qualche ipotesi.
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Con ogni probabilità, chi potrà permetterselo nei prossimi mesi opterà in molti casi per quello che viene definito “turismo di prossimità”: vacanze non troppo lontano da casa, anche di pochi giorni. Perché non è detto che si potrà andare all’estero e perché, anche potendolo fare, molti viaggiatori potrebbero essere scoraggiati dall’ipotesi di eventuali quarantene o dalla possibilità che tra il momento della prenotazione e quello del viaggio cambino le cose.
Così come chiunque altro, anche i turisti dovranno fare attenzione al distanziamento sociale. In questi giorni si è molto parlato di spiagge a numero chiuso e di quanti metri si dovranno eventualmente lasciare tra un ombrellone e un altro: ancora non c’è nulla di certo, e comunque le regole potrebbero cambiare tra una regione e l’altra, così come sta già succedendo ora per altri tipi di attività. Una piccola spiaggia ligure con ogni probabilità avrà più problemi di un’ampia spiaggia romagnola.
Si pensa però che molte più persone del solito potrebbero scegliere qualcosa di diverso da un’estate al mare, preferendo vacanze in luoghi meno affollati, magari accontentandosi di una piscina. A questo proposito, il Touring Club parla di “undertourism“, «ovvero un turismo che privilegerà l’Italia meno nota e affollata, le attività open air e il turismo lento». «È chiaro», ha detto qualche giorno fa Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, «che se si va a fare una ferrata sulle Dolomiti, scalando da soli una delle Tre cime di Lavaredo, il rischio di contrarre il virus è piuttosto basso, mentre se si va in contesti affollati è diverso».
Chi potrà, sceglierà probabilmente di spostarsi autonomamente; senza dover prenotare e viaggiare in treni, pullman o aerei. Per chi le ha, torneranno certamente utilissime le seconde case. E c’è chi prevede che molti sceglieranno settembre per le proprie ferie: un mese ancora abbastanza caldo da farci le vacanze, ma il più lontano possibile da eventuali prolungamenti delle restrizioni ora in vigore e da quello che molti pensano essere stato il picco dei contagi.
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Il Touring Club prevede anche un turismo più “povero” e “forse anche più breve”. Perché le persone viaggino, infatti, non basta che qualcuno dia loro il permesso di farlo: serve anche avere soldi da parte e serve non aver usato tutte le ferie tra marzo e aprile (come sono stati costretti a fare molti dipendenti di aziende che hanno chiuso per il coronavirus).
Non è detto però che viaggiare costerà meno: treni, aerei, rifugi e stabilimenti balneari dovranno rinunciare a un certo numero di turisti e garantire certi spazi e servizi. Potrebbero decidere, quindi, di aumentare i prezzi. A questo proposito Maurizio Davolio, presidente dell’Associazione di Turismo Responsabile, ha detto a Vanity Fair di essere preoccupato e ha aggiunto: «Quello che vorremmo evitare è che per queste vacanze prezzi più alti, combinati con la minore disponibilità finanziaria di gran parte della popolazione, potrebbero produrre discriminazione per censo».
Ad adattarsi a nuove circostanze non dovranno essere solo alberghi e spiagge. Come si organizzeranno visite guidate se si devono evitare assembramenti di persone? Come si potrà visitare una città d’arte e i monumenti che tendono a raccogliere centinaia di persone? E come si visiterà un museo?
Eike Schmidt, direttore degli Uffizi di Firenze, ha spiegato al Foglio che il suo museo sta facendo dei piani per una possibile riapertura. È stata anticipata «una sorta di social distancing tra i dipinti stessi, studiando una nuova disposizione delle sale, creando spazio attorno alle opere più famose», ha detto: «Siamo flessibili. Quando gli esperti e il governo ci diranno che potremo riaprire, saremo pronti a farlo. E con pochissimo preavviso».
Le crociere potrebbero avere problemi ancora più grandi degli altri. Il settore era in forte crescita e fino a pochi mesi fa i viaggi in crociera erano percepiti come qualcosa di comodo e sicuro. Negli ultimi mesi, invece, le crociere sono diventate uno dei simboli dei contagi da coronavirus, con navi costrette a lunghe quarantene e altre con centinaia di casi a bordo.
Oltre a dover aspettare che ritorni il turismo, e a prepararsi per rispettare ogni possibile regola, gli operatori e le aziende dovranno anche cambiare il modo di comunicare.
Che si tratti di una prenotazione su Booking, di un appartamento su Airbnb o di un viaggio organizzato con un’agenzia, i primi nuovi turisti dei prossimi mesi saranno più attenti che mai a quel che prenotano (e alla possibilità di disdirlo), ed è facile aspettarsi che saranno particolarmente attenti alla sicurezza che una struttura o un tipo di vacanza potrà offrire. Chi si troverà a promuovere, vendere, comunicare e lavorare nel turismo dovrà, molto più che in passato, rassicurare i clienti e i viaggiatori: farli sentire sicuri.