Le serie tv dopo il coronavirus
«Nessuno sa quando si potrà girare la prossima stagione televisiva», ha scritto Slate, «ma la stanno scrivendo proprio ora»
Nel 2019 negli Stati Uniti sono andate in onda o in streaming più di 500 serie e miniserie televisive: non erano mai state così tante. Nel 2020 saranno molte meno, perché l’epidemia da coronavirus ha impedito di terminare quelle previste per questi mesi e causerà la cancellazione o comunque il rinvio di molte altre, e non solo negli Stati Uniti. Non vuol dire che non si stia pensando al dopo, anzi. C’è un pezzo di Hollywood infatti che non si è fermato: è quello che riguarda l’ideazione, la ricerca, l’acquisto e la scrittura di storie da trasformare poi in un contenuto audiovisivo.
Come ha scritto Slate, «è davvero un gran momento per provare a vendere una serie tv».
L’articolo di Slate – scritto dopo aver parlato con diversi produttori, scrittori, agenti e ideatori di serie tv – racconta che, nonostante la pandemia e le restrizioni, dalle parti di Hollywood si continuano a fare riunioni e accordi, e chi può sta già lavorando a nuovi soggetti e nuove sceneggiature. È l’unica parte del lavoro che non richiede che più persone siano presenti nello stesso momento nello stesso posto: come ha detto una delle persone intervistate, questo tipo di attività è «addirittura aumentato».
In effetti diversi siti statunitensi che si occupano di cinema e televisione stanno raccontando di contratti, accordi e persino aste per accaparrarsi i diritti per trasformare libri o altri contenuti in serie tv. In certi casi, si parla perfino di accordi su libri che ancora devono uscire: per esempio per i diritti del romanzo The Other Black Girl, che è stato scritto da Zakiya Dalila Harris e che uscirà nel 2021, o per quelli (cinematografici) per il nuovo romanzo (anche questo in uscita nel 2021) di Andy Weir, autore del libro da cui è stato tratto The Martian.
Una persona che si occupa di questo tipo di accordi ha detto a Slate che le aziende più attive sono «quelle che uno penserebbe siano più attive: Netflix, Amazon e Apple». Non solo loro, però. Slate ha scritto che «il mercato è così vivace che anche aziende con molti contenuti già da parte, come HBO, stanno provando a fare acquisti». Come ha detto un agente letterario, che come le altre persone intervistate da Slate ha scelto di restare anonimo, queste società «hanno paura di rimanere tagliate fuori, quindi stanno ascoltando via Zoom le proposte di chi scrive le serie».
Dato che non c’è modo di occuparsi di tutti gli aspetti produttivi e promozionali, i produttori in questi giorni hanno molto più tempo per leggere e ascoltare le proposte di scrittori, sceneggiatori o agenti, e soprattutto sembrano essere anche più disposti ad accettarle. Un agente ha raccontato, per esempio, di essere riuscito a vendere i diritti di una storia che aveva nel cassetto da più di un anno e che nessuno voleva; altri hanno fatto notare che ora i produttori sono più disponibili a leggere intere sceneggiature oltre che brevi soggetti (cioè i testi che precedono le sceneggiature, senza dialoghi e scene ma solo con i personaggi e la trama, a grandi linee).
Allo stesso tempo va avanti anche il lavoro degli sceneggiatori che, spesso in squadra e spesso partendo da soggetti o storie di altri, devono scrivere, dialogo dopo dialogo e scena dopo scena, tutti gli episodi di una serie tv. «Non si sa quando si potrà girare la prossima stagione televisiva», ha fatto notare Slate, «ma la stanno scrivendo proprio ora». Uno sceneggiatore di serie comiche ha raccontato di essere stato assunto per lavorare a una serie «il giorno prima del lockdown», e ha poi spiegato: «Ogni mattina mi alzo e vado in garage a lavorare, con un gruppo di altri sceneggiatori con i quali parlo su Zoom, e senza aver mai visto di persona alcuni di loro».
Un altro sceneggiatore ha individuato anche un aspetto positivo della quarantena, cioè una maggiore presenza degli “showrunner” (i creatori delle serie, quelli che in genere ne raccolgono i riconoscimenti). Lo sceneggiatore ha raccontato che fino a qualche settimana fa certi showrunner erano così presi da altre riunioni, produzioni o postproduzioni da non poter dedicare molto tempo alla scrittura delle “loro” nuove serie; ora invece capita che passino anche cinque ore a parlare con gli sceneggiatori.
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C’è un limite però al numero di nuove storie che possono essere pensate, comprate e scritte, soprattutto se non si sa quando e come quelle storie potranno essere girate. Come ha spiegato Deadline, in un articolo uscito per il suo speciale “Reopening Hollywood“, siamo ancora «a mesi di distanza dalla riaccensione delle cineprese: sebbene qualche ottimista pensi che possa essere tra luglio e agosto, i più realisti dicono che non succederà prima di settembre».
E quando succederà, sarà tutto molto complicato. Per prima cosa, ci sarà una lunga coda di produzioni da completare (quelle sospese nelle ultime settimane, a cui probabilmente sarà data la precedenza) e poi ci saranno tante altre nuove produzioni a contendersi i non tanti posti disponibili per girare e i migliori professionisti di ogni campo, dalla fotografia alla scenografia, senza dover parlare di attori e registi. «Sarà come una corsa di cavalli dopo che vengono aperti i cancelli», ha detto Claudio Ruben, capo dei Garson Studios, all’Hollywood Reporter, ed è possibile che diverse serie per cui i diritti sono stati comprati in questi giorni finiscano per non essere nemmeno girate.
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Per quelle che invece saranno girate, si tratterà quasi di certo di produzioni che saranno più lente del solito, per via di tutte le precauzioni che bisognerà prendere per limitare i rischi di contagio tra le persone; soprattutto tra gli attori e le attrici, la cui presenza in buona salute è imprescindibile per poter girare le serie tv.
C’è anche chi pensa che nella prossima stagione della serialità televisiva, la prima dopo il coronavirus, si potrà notare la differenza rispetto a quella precedente. Sarà difficile pensare di poter viaggiare molto e perché certe scene affollate o con tante persone tanto a contatto tra loro potrebbero essere scartate oppure girate usando effetti speciali. Sarebbe rischioso, infatti, mettere un attore o un’attrice in mezzo a tante persone: se dovesse ammalarsi, anche non in forma grave, si dovrebbero comunque sospendere le riprese. Deadline si è spinto ancora più in là: «Dato che il distanziamento sociale potrebbe essere parte delle nostre vite per mesi se non addirittura anni, i dirigenti delle case di produzione e i creatori delle serie stanno pensando se sia il caso di mostrare personaggi che fanno grandi cene di famiglia o che vanno in ristoranti affollati».
È ancora più difficile dire con precisione cosa ci sarà, nella nuova serialità televisiva. Sembra esserci però un generale accordo sul fatto che, almeno nelle serie tv, si cercheranno spensieratezza ed evasione dalla realtà. Poche storie sul coronavirus, quindi. Un agente letterario ha detto a Slate: «Ho per le mani un paio di libri su storie post-apocalittiche, legate in parte al cambiamento climatico, e ci ho rinunciato perché sarebbe stato difficile venderle». La dirigente di un importante canale a pagamento ha detto di pensare che andranno forte le storie sulle famiglie, «perché ora stiamo tutti sperimentando il concetto di famiglia in un modo diverso».
Si parla di possibili storie sulla pandemia – Slate cita per esempio alcuni diari da Wuhan, qualcosa legato al libro Spillover di David Quammen o una possibile storia su come Donald Trump stia gestendo la situazione – ma Slate ha scritto che «per ora nessuno sembra essere interessato» a storie sul coronavirus.