Al Pacino ha 80 anni
È stato di tutto, persino Satana, e come lui ce ne sono davvero pochi, forse nessuno
A volte non ci si pensa, ma il ruolo di Michael Corleone nel Padrino era difficilissimo. In meno di tre ore il più piccolo dei figli di don Vito cambia molto, ma in un modo così misurato e realistico da sembrare inevitabile. «Un’interpretazione titanica» ha scritto David Sims sull’Atlantic , in cui Michael Corleone «è spaventosamente divino e al contempo chiaramente umano».
Michael Corleone è Al Pacino, che oggi compie 80 anni e che nei quasi 50 passati da oggi alla prima volta in cui fu Michael Corleone è stato anche Tony Montana, Carlito Brigante, Frank Serpico, il rapinatore di Quel pomeriggio di un giorno da cani, il poliziotto di Heat – La sfida, Lefty in Donnie Brasco, l’allenatore di Ogni Maledetta Domenica e, pochi mesi fa, il sindacalista Jimmy Hoffa. È stato persino Satana, Al Pacino.
Al Pacino è nato a East Harlem, nel nord di Manhattan, e i suoi nonni erano tutti siciliani. Quelli materni, pensa tu a volte il caso, erano proprio di Corleone. Tra l’altro, per gli amanti di aneddoti padriniani, il nome di battesimo di Pacino era Alfredo e da giovane lo chiamavano Sonny.
Il giovane Alfredo James Pacino – che a un certo punto pensò addirittura di farsi chiamare “Sonny Scott” per evitare che gli facessero fare l’italiano, magari proprio il mafioso – crebbe nel Bronx, con scarsi risultati scolastici e finendo più volte in contesti non così distanti da quelli in cui si sarebbe poi mosso spesso e bene da attore. Pacino studiò recitazione al leggendario Actor’s Studio di Lee Strasberg e fece tanto teatro: a proposito, alla lista dei suoi ruoli cinematografici ne andrebbero aggiunti tanti teatrali, soprattutto shakespeariani.
Dopo tanto teatro (la sua opera preferita del suo autore preferito è l’Amleto), nel 1971 Pacino si fece subito notare nel cinema con un ruolo difficile, molto da cinema americano anni Settanta, in Panico a Needle Park, che parla di dipendenza dall’eroina. Fu così che Francis Ford Coppola lo volle, appena trentaduenne e con giusto due film alle spalle, per fare Michael Corleone.
Il resto è la storia del successo di un method actor, un attore che ama entrare il più possibile nel personaggio che deve interpretare, che come Dustin Hoffman e Robert De Niro (e forse persino più di loro) sembrava fatto apposta per il cinema di quegli anni, contribuendo anche all’idea di mascolinità di Hollywood.
Dopo Il padrino, Pacino fu bravo a scegliersi la sua strada con film difficili per lui e belli per noi. Negli anni Ottanta recitò poco e con Scarface scelse un ruolo che lui stesso ha definito «bigger than life», esagerato e sopra le righe, molto meno umano, sfaccettato e profondo di Michael Corleone, ma a suo modo efficacissimo.
Come altri attori di quegli anni (ma forse meno di Hoffman e De Niro), Pacino ha pure fatto film davvero brutti, come Revolution, Jack e Jill e Amore estremo – Tough Love. Pacino recitò in tv prima di molti altri, nell’apprezzata Angels in America, e ha recitato anche “in streaming”, nella recente Hunters di Amazon.
Ognuno ha i suoi film di Pacino, e tra i tanti magari riesce anche a sceglierne uno solo, il preferito. Quelli per cui è stato candidato all’Oscar sono, nell’ordine, Il Padrino, Serpico, Il padrino – Parte II, Quel pomeriggio di un giorno da cani, …e giustizia per tutti, Dick Tracy, Americani, Profumo di donna e The Irishman. Quello per cui l’ha vinto è Profumo di donna, difficilmente il-film-di-Al-Pacino di molti spettatori.
Per il suo prossimo ruolo dovrebbe interpretare, al cinema, Re Lear.