Le teorie infondate di Luc Montagnier sul coronavirus
L'intervento di un premio Nobel per la medicina – successivamente molto discusso e screditato – è diventato virale sui social network
Dalla settimana scorsa sta circolando molto un’intervista in cui Luc Montagnier, virologo francese e premio Nobel per la medicina nel 2008, sostiene che il coronavirus che sta causando l’epidemia di questi mesi sia stato creato in laboratorio, forse nel tentativo di trovare un vaccino per l’HIV. Le teorie sull’origine artificiale del nuovo coronavirus circolano ormai da diverse settimane, pur senza avere fondamento scientifico, ma il fatto che siano state sostenute da un virologo di fama come Montagnier le ha rese in qualche modo più credibili, almeno per il grande pubblico.
La teoria di cui parla Montagnier è stata smontata da tantissimi scienziati: gli studi svolti fin qui sul coronavirus hanno accertato che si sia sviluppato in natura. Molti giornalisti in questi giorni hanno ricordato poi come da tempo Montagnier, che ha 87 anni, sostenga teorie senza fondamento scientifico e molto vicine al complottismo. Le due cose non sono scollegate: il metodo scientifico prevede che la validità delle conclusioni sia subordinata al rigore del metodo di ricerca usato per raggiungerle. Nel caso di Montagnier sembra che da tempo sia venuto meno a ogni rigore, e che questo si sia tradotto nella formulazione di teorie rigettate dalla comunità scientifica.
Cosa dice Montagnier
Il 16 aprile Montagnier – intervistato dal sito pourquoidocteur.fr – aveva esposto la tesi dell’origine artificiale del nuovo coronavirus (SARS-CoV-2) e del suo legame con il virus dell’HIV. Il giorno dopo ha ripetuto le stesse argomentazioni intervenendo in un programma del canale televisivo francese CNEWS. Il suo intervento è stato tradotto anche in italiano ed è circolato moltissimo (un video pubblicato su YouTube è stato rimosso per motivi di copyright dopo essere stato visto da più di un milione e mezzo di persone).
All’inizio del suo intervento, Montagnier spiega di aver fatto ricerche sull’origine del nuovo coronavirus e dice che «siamo arrivati alla conclusione che quel virus è stato manipolato. Non completamente, ma in parte. C’è un modello, che è il virus classico, che proviene dal pipistrello, al quale è stata aggiunta una sequenza del virus dell’HIV». Rispondendo a una domanda su chi possa aver manipolato il virus, Montagnier dice «non è un [processo] naturale, è il lavoro di un professionista, di un biologo molecolare», e sul perché questo lavoro sia stato fatto aggiunge: «una delle mie ipotesi è che si stesse provando a creare un vaccino contro l’HIV».
Nel resto del suo intervento Montagnier spiega in modo molto semplice come questa manipolazione sia avvenuta – «piccole sequenze del virus» dell’HIV sono state aggiunte alla sequenza di un coronavirus, dice – e allude al fatto che alle stesse sue conclusioni siano arrivati molti altri scienziati, i cui studi sono però stati nascosti o non pubblicati per via di forti pressioni. Montagnier cita per esempio lo studio di un «rinomato gruppo di ricercatori indiani» che era arrivato alle sue stesse conclusioni e che è stato in qualche modo ritirato e cancellato. Più avanti parla di una «pressione enorme» per nascondere la verità sul virus.
Lo studio indiano e le sequenze di HIV
Successivamente alla diffusione dell’intervista con Montagnier, tantissimi scienziati e ricercatori di tutto il mondo hanno scritto articoli per smontare le sue teorie, spiegando come niente di quello che dice abbia fondamento scientifico. In particolare, non sta in piedi la teoria sulla «piccola sequenza» del virus dell’HIV aggiunta alla sequenza del coronavirus, da cui discende il resto del ragionamento.
Come hanno spiegato in tanti – in Italia ne ha scritto tra gli altri Enrico Bucci sul Foglio – la porzione del genoma che il nuovo coronavirus ha in comune con il virus dell’HIV è la stessa che il nuovo coronavirus ha in comune con tantissimi altri virus. Le somiglianze sembrano quindi casuali e difficilmente spiegabili con un intervento umano: tra le altre cose, infatti, somiglianze del genere sono riscontrabili anche in virus che esistevano prima del SARS-CoV-2. Il virus dell’HIV non è inoltre un coronavirus.
Lo studio indiano citato da Montagnier è ben poca cosa. L’articolo è stato duramente criticato dalla comunità scientifica, per diversi errori di impostazione nella ricerca che presentava. Dopo essere stato pubblicato – su un archivio che pubblica articoli prima che questi siano sottoposti a revisione (peer review) – è stato formalmente ritirato dagli stessi autori per via delle critiche ma è comunque ancora disponibile e non è stato occultato in nessun modo particolare. Gli studi più attendibili sull’origine del coronavirus sono concordi nell’escludere che possa essere stato creato in laboratorio (questo non esclude che possa essersi sviluppato in natura e poi essere in qualche modo uscito da un laboratorio dove stava venendo studiato, ma al momento non esistono prove per sostenere nemmeno questa ipotesi).
La credibilità di Montagnier
Nel 2008 Montagnier aveva ricevuto insieme a Françoise Barré-Sinoussi il premio Nobel per le sue ricerche che nei primi anni Ottanta avevano portato all’isolamento del virus dell’HIV. La sua popolarità era cresciuta tantissimo, ma la sua credibilità scientifica negli anni successivi è invece molto diminuita. In ambito scientifico, inoltre, contano i fatti e le evidenze scientifiche più delle persone.
Nel 2012 alcune sue teorie sull’HIV erano state giudicate infondate dalla stessa Françoise Barré-Sinoussi; nel novembre 2017 un gruppo di oltre cento scienziati aveva firmato una lettera aperta contro alcune posizioni di Montagnier sulla presunta pericolosità dei vaccini e sul loro legame con l’autismo (una delle più longeve e dannose bufale che girano in ambito medico). In un altro caso si era parlato di lui per la proposta di curare il Parkinson e altre malattie degenerative con il succo di papaya.
Nella parte conclusiva del suo intervento a CNEWS, tra le altre cose, Montagnier suggerisce che il nuovo coronavirus possa essere fermato usando le onde elettromagnetiche, facendo riferimento alla bufala del legame tra il 5G e la diffusione del coronavirus.