Le proteste contro le restrizioni negli Stati Uniti
In tantissimi stati, per chiedere la fine delle misure imposte a causa del coronavirus: sono organizzate da gruppi di estrema destra e appoggiate esplicitamente da Trump
Da giorni negli Stati Uniti ci sono proteste contro le misure restrittive imposte dai governatori degli stati per rallentare la diffusione del coronavirus. A protestare sono stati soprattutto Repubblicani e appartenenti a gruppi di estrema destra, che chiedono ai loro governatori di eliminare le restrizioni introdotte finora e riaprire le attività produttive.
La prima manifestazione è stata mercoledì scorso in Michigan, dove centinaia di persone si erano radunate davanti nella capitale dello stato, Lansing, per contestare le misure restrittive introdotte dalla governatrice Gretchen Whitmer, più dure che altrove. Ma le proteste sono continuate anche nei giorni seguenti. Domenica centinaia di persone hanno protestato nelle capitali di diversi stati, tra cui Arizona, Colorado, Montana, Florida, Tennessee, Illinois e Washington.
Nello stato di Washington, dove sono stati rilevati più di 11mila contagi e 634 morti, alcune centinaia di persone si sono radunate davanti al Campidoglio della capitale Olympia, gridando slogan come “La libertà è in pericolo” e “Difendiamo la Costituzione”. Una delle accuse di chi protesta è che le misure restrittive delle libertà individuali violino la costituzione e siano quindi illegittime.
– Leggi anche: Le ultime sul Pio Albergo Trivulzio
A Phoenix, capitale dell’Arizona, la protesta si è svolta per lo più in automobile: centinaia di persone hanno organizzato, come già era successo in altri stati nei giorni precedenti, quella che hanno chiamato “Operation Gridlock Arizona”, ovvero “Operazione Ingorgo”. Si sono radunate davanti agli edifici del parlamento statale con le proprie automobili, suonando il clacson, sventolando bandiere statunitensi e chiedendo al governatore Doug Ducey di eliminare le restrizioni in vigore.
A Denver, in Colorado, dove centinaia di persone si sono radunate in macchina per chiedere la riapertura di tutte le attività economiche e la fine del lockdown, c’è stata anche una controprotesta pacifica da parte di medici e personale sanitario che hanno bloccato le macchine che tentavano di raggiungere la manifestazione.
Denver – Healthcare worker blocks anti-shutdown clowns pic.twitter.com/DVza33nZfW
— Phil Hendrie (@realphilhendrie) April 20, 2020
Perché si protesta
Le restrizioni che sono state gradualmente introdotte negli Stati Uniti hanno permesso finora di rallentare la diffusione del virus, ma hanno anche creato enormi problemi economici nelle fasce più deboli della popolazione. In un mese quasi 22 milioni di persone hanno perso il proprio posto di lavoro, e le proteste di questi giorni chiedono soprattutto di far ripartire l’economia. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha commentato le proteste di domenica parlando con i giornalisti dicendo che «Queste persone amano il proprio paese. Vogliono tornare a lavorare».
Le manifestazioni sono avvenute soprattutto in stati governati dai Democratici, e i manifestanti erano in gran parte Repubblicani e sostenitori di Trump. Ma ci sono state proteste anche in stati governati dai Repubblicani, come il Tennessee e l’Arizona. Il potere di decidere cosa chiudere è infatti in mano ai governatori locali più che al governo federale, che però può limitarsi a definire delle linee guida. Lo scorso venerdì il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha presentato ai governatori degli stati un documento con delle direttive non vincolanti per la riapertura «graduale e ponderata» di scuole e negozi e per la ripresa generale dell’economia.
– Leggi anche: Il coronavirus a Cuba
Da un lato Trump ha lasciato ai governatori la responsabilità di eliminare o meno le restrizioni, dall’altro ha approfittato di questa libertà per criticarli pubblicamente per non aver riaperto i loro stati.
La scorsa settimana, Trump aveva pubblicato su Twitter diversi tweet che incoraggiavano i suoi sostenitori a ribellarsi alle misure restrittive e a “liberare” i propri stati. “LIBERATE IL MICHIGAN!”, “LIBERATE IL MINNESOTA!” e “LIBERATE LA VIRGINIA” aveva scritto, riferendosi a tre stati governati dai Democratici.
I tweet di Trump sono stati ampiamente criticati dai governatori locali e dall’opposizione in generale: il governatore di Washington Jay Inslee ha accusato Trump di «fomentare una rivolta popolare», mentre la Speaker della Camera, la Democratica Nancy Pelosi, ha accusato Trump di appoggiare le proteste per distrarre la popolazione dai veri problemi della pandemia negli Stati Uniti. «Il suo appoggio è una distrazione dal fatto che il governo non ha eseguito in modo appropriato i test, le cure, la tracciabilità dei contatti e la quarantena», ha detto.
– Leggi anche: Il coronavirus ha fatto diminuire quasi tutti i reati violenti